Avrebbe voluto essere ricordato come un artista. Ma quanti gelati pretendono di essere ricordati per il gusto che credono di possedere?
Charles Manson prima di essere un mostro era un fallito, capace di far leva sul vuoto delle menti di giovani ragazze per soggiogarle. È quello che accade oggi con il gelato semi industriale. Parvenza di gusto, parvenza d’arte.
Charles Manson era un mediocre cantautore sociopatico. Il carisma era la sua forza, simile al marketing odierno, in grado di trasformarlo in un vero e proprio Messia per decine di giovani perdute in cerca di un’alternativa al tedio delle loro vite.
Così fanno i gelati modaioli, zuccherano le menti deboli per pilotarle all’acquisto pretendendo di finire nell’immaginario collettivo ed essere ricordati. È quanto costruì Manson con le sue adepte, manipolando le loro menti fino a renderle succubi del suo finto potere, trasformandole in mere autrici di efferati omicidi, esecutrici perdute e condannate all’oblìo.
Ma il problema, in ambo i casi, è il vuoto. Le uniche armi in grado di annientare il potere riempitivo del marketing, difendendovi da zuccheri in grado di farvi perdere il giudizio o salvandovi dal Manson di turno pronto ad illudervi in un paradiso che non c’è, è la cultura. Lì, la spazzatura resta spazzatura.
Helter skelter, amici.