Buona parte dello scrivere sta nel trovare un metodo che permetta di scrivere. E come si scrive dipende dalle idee che abbiamo già su noi stessi. Non dovremmo mai dimenticare che siamo noi a creare la nostra creatività e a immaginare la nostra immaginazione.
Kureishi Hanif, Da dove vengono le storie? Bompiani, Milano, 1999, pag 3
Ecco, parliamo di metodo. Spesso quando si è alle prime armi ciò che manca è il metodo. Per sederci a scrivere cerchiamo il momento buono, che la casa sia tranquilla e tutti gli impegni assolti, i piatti lavati e il cane portato fuori. Se siamo abituati al dovere, sarà al dovere che dovremo rendere conto prima di poterci sedere a scrivere. E se i doveri sono troppi e non ci lasciano tempo? Semplice: facciamo anche della scrittura un dovere. Diamole appuntamento, e teniamo fede all’appuntamento. Quando poi saremo riusciti a tenere fede anche a questo impegno, sederci a scrivere sarà ogni giorno più facile.
Ma avere un metodo non basta. Altrettanto necessario è darci credito. Non pensiamo di poter scrivere, se ciò che scriviamo ci sembra necessario quanto una stufa all’equatore. Se scrivo è perché ho qualcosa da dire, e voglio che qualcuno legga, anche fossi io quell’uno: dovrà essere questo il nostro mantra. Ciò che scrivo dovrà essere letto. A suo tempo, certo. Quando sarà pronto perché esca dal pc, certo. Ma dovrà essere letto. E se anche scriviamo per noi, è comunque necessario che crediamo nella scrittura e in ciò che scriviamo. La scrittura è fatta così, ha bisogno di fiducia. Altrimenti si rintana, richiama a sé creatività e immaginazione, e a noi resta soltanto il grigio di una vita da travet.