Il Napoleone di Goethe

Goethe incontra Napoleone. Napoleone gli fa un appunto sul finale di un suo romanzo

Dopo la battaglia di Jena tra la grande armata francese e l’esercito prussiano, il duca di Weimar incarica Johann Wolfgang Goethe di patteggiare con Napoleone. Oltre a sedere al tavolo dello stato maggiore prussiano, in quanto celebrità letteraria, Goethe è ben visto ovunque si rechi ed è già grande ammiratore di Napoleone. Il 2 ottobre del 1808 i due titani si incontrano a Erfurt, capitale della Turingia, con enorme dispiego di misure di sicurezza e un nutrito cerimoniale di stato. Con Napoleone ci sono il generale e ministro Jean-de-Dieu Soult e Charles-Maurice de Talleyrand-Périgord, l’astuto e camaleontico diplomatico; Goethe, che si mostra anche abile politico, è accompagnato da Christoph Martin Wieland, insigne poeta e illuminista tedesco. L’udienza inizia e termina in modo curioso. 

“Voi siete un uomo!” esordisce Napoleone. “Quanti anni avete?”

“Sessanta”.

“Siete ben conservato” e avviato il colloquio su questo tono amichevole i due s’intrattengono parecchie ore conversando di politica, di guerra, di letteratura e di arte. Parlando del Werther, opera di Goethe che ha suscitato enorme entusiasmo in tutta Europa, l’imperatore si complimenta con lo scrittore: 

“Ho letto il vostro Werther. Un interessante e bel romanzo, al quale però manca una fine”. E Goethe con un profondo inchino: “avrei creduto che a Napoleone piacessero i romanzi che non finiscono!”. Arguta e geniale risposta. 

Goethe ne riceve una forte impressione. Viene decorato dalla Legion d’Onore e ospita alcuni dei più famosi marescialli francesi in casa sua. “Non smette mai di portare la croce della legione napoleonica”, racconta di lui Wilhelm von Humboldt, “e ha preso l’abitudine di chiamare chi gliene ha fatto dono il mio imperatore”. Per Goethe è “il nuovo Cesare Augusto”, colui che ha compiuto il miracolo del ripristino della monarchia; in numerosi scritti, lettere e diari, rende il proprio ammirato omaggio. 

Friedrich Wilhelm Riemer, suo compagno di viaggio in carrozza, annota la famosa battuta di Goethe non senza orgoglio “Noi Napoleone, Dio alle spalle, Maometto del mondo, imperatore di Francia, protettore della Germania”.

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