“Spettri Diavoli Cristi Noi” di Riccardo Ielmini (Neo edizioni)

In questo romanzo un gruppo di ragazzini che tra loro si definiscono la Confraternita spiano luoghi che nascondono orrori, cadaveri, segreti indicibili e messe nere.

Siamo fatti di luce liquida e di fitte trame di oscurità, per il solo fatto di essere umani e vivi. Solo che per certe persone l’oscurità è più attraente e altre ancora dall’oscurità vengono risucchiate, fuse con essa fino a diventare emissarie di presenze oscure. In questo romanzo corale, lirico e struggente, le voci dei protagonisti si fondono e si separano, tutte ansiose di raccontare la loro parte di verità, il loro momento di consapevolezza. Stephen King conclude uno dei suoi racconti più potenti, Stand by me, con la frase “Non ho mai più avuto amici come quelli che avevo a 12 anni. Gesù ma chi li ha?” E, di King, il romanzo di Riccardo Ielmini, vincitore del premio nazionale di narrativa Neo edizioni 2024, ne ripropone il senso. Ragazzini che tra loro si definiscono la Confraternita, intenti a spiare il mondo descritto dalle nonne, foreste e bosco che nascondono orrori, cadaveri, segreti indicibili e messe nere. E, durante la ricerca di quel diavolo temuto e respinto che però li spinge a cercare di spartire verità e menzogne, unite in un complesso bolo, finiscono con il trovare il pezzo mancante della loro anima. Ambientato in un territorio di confine alpino, in una terra umida e umbratile che i ragazzini chiamano la Contea percorsa furiosamente dalle loro biciclette, trovano storie che li sottraggono alla noia e li spingono verso la voragine della Vita Adulta, ma non subito. Prima c’è l’inverno da far trascorrere, e un mistero da svelare. E soprattutto c’è un Male da sconfiggere, un Male che alberga nelle facce di ognuno, magari nel respiro sottile del vicino di casa, e al quale nessuno è veramente estraneo.

Testimoni involontari di un rito che ricorda quelli satanici, con persone incappucciate, gatto da sacrificare e un possibile amplesso tra un ragazzo ritardato e una ragazza che non riescono a scorgere, i ragazzini, consapevoli che quella violenza va fermata, si rivolgono a un diavolo in carne e ossa, il boss mafioso, zio del ragazzo ritardato. Da quel momento la spirale di violenza si allarga e si espande, come una macchia che logora l’anima e i corpi. I protagonisti appaiono ognuno con il suo pezzetto di storia da raccontare, Frida, la bellissima e agognata fidanzata ideale che forse si concede e forse si nega, l’inquieto e trasandato Gigante dei traslochi che attraversa il confine con il camion, il misterioso ex poliziotto albanese Arben con le sue cinque figlie dalle gonne colorate e fruscianti che raccolgono la polvere da terra, la Frau Ingeborg Bauer che custodisce biblioteche di libri e parole per chi le saprà cercare, la Matta, che ha una relazione con Gesù, e un misterioso e incantevole Essere intersex, capace di resuscitare i morti e di accogliere nel suo cuore fragile i peccati del mondo, quando diventano troppi. Anche la Contea racconta di sé stessa, delle storie e dei delitti che ha visto, degli scomparsi che ancora cercano giustizia, ombre che si consumano fino a confondersi insieme al tempo, alla nebbia e ai rimpianti. Le voci dei protagonisti sono acute e nitide, o fievoli e dolenti, ma tutte cercano di lasciare una traccia, con il sangue mescolato alle parole, un segno della loro esistenza.

Ogni storia raccontata è una pelle che si squama e ne fa uscire di nuove, e ci rivela che quello che chiamiamo verità o morte o vita ha una molteplicità di facce, tutte plausibili e false contemporaneamente.

Le voci narranti corali si frantumano e si uniscono, nel tentativo di salvare gli innocenti, e dove l’amore cercato, bramato, negato, imposto, è soprattutto consapevolezza della nostra stessa imperfezione e debolezza umana, e del bisogno cocente di toccare e di essere toccati.

 

“Eravamo corpo-anima dentro corazze di educazione che non ci contenevano più, ecco cosa stava succedendo. Le giunture dell’armatura non reggevano all’urto del mondo di fuori, che premeva sui confini della Contea, né alla spinta di noi, da den­tro. Vergogna, vergogna, dicevano le vecchie, principio della sa­pienza è la vergogna. Noi ci avevamo creduto come polli e ci sarebbero voluti anni per scoprire che avevano preso un pez­zo della Parola e ce l’avevano giocato come volevano, le vecchie. Vergogna. Nella corazza cominciavamo a chiederci: Vergogna, per cosa. E un giorno imparammo cosa vuol dire se il Diavolo o Dio ti fanno crepare, di vergogna”.

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Marilena Votta

Marilena Votta nasce a Napoli e trascorre la sua infanzia e adolescenza in un luogo fatto di sole accecante e ombre altrettanto tenaci. Ha pubblicato le raccolte di racconti Equilibri sospesi, La ragazza di miele e altre storie (Progetto Cultura, 2016) e Diastema (Ensemble, 2020), e la raccolta di poesie Estate (Progetto Cultura, 2019). Il suo racconto “Fratello maggiore fratello minore” è stato pubblicato nell’antologia “Roma-Tuscolana”. Alcuni suoi racconti sono disponibili su varie riviste on line e cartacee. Nell’ottobre 2021 pubblica il suo primo romanzo, Stati di desiderio, con D editore. Del suo rapporto con la scrittura asserisce, convinta, che è il suo posto nel mondo. Scrive recensioni di libri che ama per "Dentro la lampada", la rivista della scuola Genius.

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