Cosa serve per essere una famiglia. La realtà di un tetto condiviso, il legame potente del sangue, il senso di protezione. Sapere che potrai tornare in un luogo che è fatto di persone che ti hanno visto bambino, e che ricordano i tuoi successi e fanno finta di non sapere nulla dei tuoi fallimenti. Per me la famiglia è questo.
Per Kai, rimasto orfano in giovane età e cresciuto a casa della famiglia del suo amico/primo amore TJ, la famiglia è nei genitori di TJ, Jin e Mae, americani di origine coreana, che gestiscono una panetteria a Houston. Quando il suo bisogno di fuga diventa una fame d’aria, Kai, vincitore di una borsa di studio, va in California e si lascia dietro pezzi di un’amicizia interrotta e la certezza di aver contribuito a creare imbarazzo e tensione fra TJ e i suoi genitori.
Quando conosce Cam il suo mondo si ribalta, come succede sempre quando incontri l’amore autentico, quello che ti fa sentire inadatto, perché hai qualcosa di prezioso tra le mani e hai paura di farlo cadere. Quando incontriamo chi possiamo amare, tutte le muraglie erette a difesa delle nostre ferite, che ancora mostrano cicatrici rosee, si sgretolano.
La sintonia tra Kai e Cam è perfetta, un incastro pazzesco, e arrivano a confessarsi il reciproco amore, quando durante un controllo della polizia Cam viene ucciso da un poliziotto. Il clamore mediatico della vicenda, poi smorzato dalla sentenza di assoluzione, tiene a galla Kai per un po’. Passato il momento, la consapevolezza di aver perso la persona che ama di più al mondo lo colpisce come un macigno sul petto. Lo fa soffocare. Kai torna alle abitudini sessuali voraci, distruttive, senza legame, se non quello di un corpo che scopa altri corpi conosciuti sulle app di incontri. E poi un consumo eccessivo di alcool e droga che serve a lenire, almeno per un po’, il senso di inazione e di inutilità, quando sai che quello che vuoi non potrai mai riaverlo indietro. E soprattutto un’anoressia nervosa, perché il cibo è cura, cucinare e mangiare non è solo un atto necessario alla sopravvivenza, ma è accettazione del corpo e dell’amore che quel cibo scelto, pulito, preparato e impiattato per noi, ci mostra. Attraverso il cibo ci nutriamo anche delle emozioni di chi lo ha preparato.
Senza progetti e senza molte speranze, con il corpo esausto e la mente lucida a tratti, Kai torna a Houston, inizia a lavorare in un bar queer e viene ospitato da uno dei proprietari. Qui succedono due cose importanti: ritrova TJ, e tutti i fili sciolti che si era lasciato alle spalle, e inizia a vedere Cam, che, come forma di presenza extracorporea, torna da lui, quasi per spiegargli il senso ultimo di questo nostro stare al mondo finché ci siamo, o anche semplicemente perché, anche in quell’altra dimensione, continua ad amarlo.
Il romanzo si snoda attraverso le voci narranti dei tre protagonisti, Kai, TJ e Cam che, ognuno a suo modo, raccontano le loro vite complicate e dolorose, di persone non bianche e queer, in un’America che conserva un cuore razzista e omofobo senza neanche nasconderlo.
Le contraddizioni, i rifiuti e la paura hanno dominato, con varie modalità e in maniera più o meno aggressiva, le vite di tutti e tre, e quello che hanno fatto, semplicemente, da quando sono nati, è tentare di trovare un posto nel mondo.
TJ è bloccato in una storia con un ragazzo bisex, che un po’ lo ghosta e un po’ lo ricopre di attenzioni, in un’altalena emotiva che gli impedisce di voltare pagina, Kai non riesce a reggere la pressione nel bar dove lavora, e che a breve chiuderà, e Cam deve fare pace con la sua famiglia, cosa impedita dalla sua morte precoce.
Nodi che stringono e che piano piano si allentano, nel tempo che scende a compromessi con gli avvenimenti e fa accadere anche cose belle e, grazie ai legami familiari elettivi, che ci proteggono e sono la rete di salvataggio che ammortizza gli urti. Le famiglie elettive sono la forma di protesta resiliente più efficace e più potente che esista.
Lo so bene, anche se dai miei parenti mi separano solo 150 Km, per vivere in una città che all’inizio mi era estranea ho cominciato a ostruire piccoli equilibri, nuclei di comunità. Così, “Casa è quel posto in cui per andare ti devono far entrare, ma è anche quel posto dal quale se ti allontani ti vengono a cercare”, citando Robert Frost.
“L’amore è qualcosa di tangibile. È palpabile. Puoi tenerlo tra le mani. Puoi vederlo nell’aria. Puoi inspirarlo, trattenerlo ed espirarlo dai polmoni. Quando si dissolve, magari non lo vedi più, ma ciò non significa che non fosse reale. Perché tu lo eri.
Certe persone inseriscono la chiave della loro vita dentro di te e poi semplicemente ti mettono in moto”.