“A ciascuno il suo terrore” di Alessandro Garigliano (TerraRossa edizioni)

Un romanzo che esplora, in maniera lucida, la sottile e perversa natura della banalità del male.

La fatica di vivere in un mondo che può esplodere, e non in senso metaforico, o almeno non solo, domina la vita interiore e anche quella vissuta del protagonista.

La narrazione è incentrata su un uomo comune, un vero volto nella folla, senza particolari talenti, impacciato nei sentimenti e con l’ansia di ritrovarsi ingabbiato in rapporti che poi non ha l’energia né il desiderio di continuare. Ha quarant’anni, lavora come sommelier, e ritiene che le esigenze dei clienti e l’atmosfera di tutto il locale non valorizzino le sue doti di esperto amante dei vini, visto che gli vengono fatte richieste dozzinali. Ha una casa di proprietà, dono dei genitori, ma non riesce davvero a vivere, sommerso da bollette in scadenza e difficoltà quotidiane. Mangia poco e ha una storia appannata con una ragazza molto più giovane, una studentessa universitaria con uno spiccato talento per il disegno e una passione per l’arte. Tra loro c’è un rapporto che procede a scatti, vacanze insieme ma nessun progetto, case separate e rigidi confini sui momenti trascorsi insieme.

In questa vita sbiadita succede un evento eccezionale, l’esplosione di un petardo nella piazza principale, davanti al maxischermo di una finale di Champions League. Sembra un attacco terroristico e in preda al panico la gente fugge e, credendo anche di aver capito chi sono i due presunti assalitori, li travolge. Nella fuga scomposta e sconvolta però ci sono anche vittime e feriti gravi sospesi nel limbo del coma.

Per il protagonista senza nome, emblema della generazione di giovani adulti sconfitti senza aver mai avuto certezze dalle quali discostarsi, diventa vitale scoprire il perché nascosto dietro l’atto terroristico. Dopo essere stato licenziato e aver accettato l’evento senza particolari rimpianti, crede di riconoscere in un animatore di feste per bambini uno dei due presunti attentatori di piazza.

Spinto dal bisogno di arrivare al fondo di un mistero che lo stravolge, lo avvicina e cerca di avvicinarsi alla professione di animatore per bambini, giusto per dare un senso a giornate abitate solo dalla ricerca ossessiva di serie TV basate su atroci fatti storici come quello di Leonarda Cianciulli, la saponificatrice di Correggio.

Lui non sembra davvero vivo, preso a nutrire i suoi demoni di solitudine e di profonda misantropia, dove il contatto con altre persone è spesso solo virtuale. Si mette a compiere ricerche sui più recenti attentati, da quelli alla metropolitana di Madrid nel 2004, Londra nel 2005, Oslo nel 2011, fino al 13 novembre 2015 dell’assalto al Bataclan.

Ossessionato dal suo bisogno di smascherare il colpevole, trovare una traccia che riconduca alle motivazioni in modo da placare la sua arsura più potente sul fatto che la vita non abbia alcuno scopo, che le nostre azioni siano dettate da una serie fortuita di coincidenze, il protagonista si ripiega sempre di più in sé stesso, preferendo vivere in una realtà parallela, e si costruisce, come un fossato adatto a difendere un castello, ogni sorta di giustificazioni per sfuggire alle responsabilità che comporta vivere nel mondo abitato da persone reali.

E se poi, davvero, non ci fosse stato nessun attentato, ma solo una irresponsabile bravata? Come si fa ad accettare che le paure che ci hanno nutrito e plasmato non sono giuste? Viene smantellato anche il nostro sistema difensivo, la nostra cocciuta convinzione che per proteggerci bisogna reprimere, punire, tenere a distanza ogni diversità. L’indagine letteraria esplora, in maniera lucida, la sottile e perversa natura della banalità del male, di quanto assorbiamo sottotraccia, come distillato, il sospetto e la rabbia che distrugge anche chi la prova, e non solo chi la subisce.

Dietro ogni sorriso può celarsi una minaccia, e l’orrore continua a crescere in un mondo che non ci tiene al sicuro e non ci insegna a fare altro che munire a sufficienza i confini per respingere ogni attacco esterno. Ma poi l’orrore vero è quello che ci fissa dallo specchio.

 

“Quando un attentatore si sacrifica è contemporaneamente carnefice e vittima?

Mi ritrovo a pensare che le grandi potenze attirano su di sé, a torto e a ragione, una volontà di distruzione coincidente con il desiderio di annientare sé stessi. Cioè, se è vero che sono migliaia di anni che si crea arte sull’estinzione – facendo pensare che mai ci sia stato qualcosa di tanto desiderato e temuto quanto l’apocalisse -, è altrettanto vero che mai come oggi la volontà di far scomparire il nemico ha coinciso con un bisogno privato di non esistere più”.

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Marilena Votta

Marilena Votta nasce a Napoli e trascorre la sua infanzia e adolescenza in un luogo fatto di sole accecante e ombre altrettanto tenaci. Ha pubblicato le raccolte di racconti Equilibri sospesi, La ragazza di miele e altre storie (Progetto Cultura, 2016) e Diastema (Ensemble, 2020), e la raccolta di poesie Estate (Progetto Cultura, 2019). Il suo racconto “Fratello maggiore fratello minore” è stato pubblicato nell’antologia “Roma-Tuscolana”. Alcuni suoi racconti sono disponibili su varie riviste on line e cartacee. Nell’ottobre 2021 pubblica il suo primo romanzo, Stati di desiderio, con D editore. Del suo rapporto con la scrittura asserisce, convinta, che è il suo posto nel mondo. Scrive recensioni di libri che ama per "Dentro la lampada", la rivista della scuola Genius.

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