Parliamo del romanzo “Passaggi” con Anthony Caruana

"Amo gli stimoli creativi, la diversità, il caos apparente e il mio essere allo stesso tempo anonimo e protagonista".

Quando uno, come me, si è assunto da alcuni anni il singolare compito di accompagnare autori durante la loro formazione nella scrittura, trova una malcelata soddisfazione nel vedere quanto poi alcuni si mettano in mostra con bravura. Anthony Caruana, oltre a essere un musicista bravo e impegnato, dopo aver pubblicato alcuni romanzi, si ritrova anche a seguire una collana editoriale e a curare direttamente dei laboratori di scrittura. Ora torna in libreria con una storia che si dipana dall’Italia agli Stati Uniti, in cui Giacomo, un ragazzo come tanti (un ragazzo come Anthony stesso, per certi versi), narrerà la sua personale esperienza tra le due coste dell’Oceano. Con il pensiero rivolto al mare e ai suoi viaggi, come rivela la stessa apertura del romanzo: “Quando ripenso a quello che sono diventato, non posso fare altro che vedermi sopra una barca”. Passaggi (Bertoni 2024) racconta un’intera vita, senza dare giudizi, se non quelli che si impone da sé la voce narrante. Ed ecco a domandare proprio a Caruana qualcosa sul suo ultimo libro.

 

Anthony Caruana, che cosa sono i Passaggi di cui parli nel titolo?

I Passaggi hanno un duplice significato nel romanzo: segnano lo scandire del tempo nel percorso di crescita del protagonista Giacomo e rappresentano le necessità di chi cerca,  in un altro luogo e in un altro spazio, un futuro migliore.

 

È un romanzo di formazione, possiamo definirlo così?

Certamente. Sono sempre stato attratto da questo genere di romanzi. Affascinato dallo straordinario personaggio di Benjamin Trotter della trilogia di Jonathan Coe, desideravo raccontare una storia strutturata in quel modo. Nel romanzo ho voluto tratteggiare, anche con il linguaggio narrativo che evolve e “cresce”, le varie tappe della vita di Giacomo.

 

In questo romanzo racconti la formazione della tua identità reale?

Rispetto ad altri romanzi che ho scritto, questo, probabilmente, ha dei tratti che potrebbero far pensare a un’aderenza maggiore con il mio vissuto. In parte è così, ma in una volontà rivolta alla fiction. Ho ipotizzato un mio ipotetico io bambino proiettato in uno sliding doors. Io sono nato negli Stati Uniti e vivo in Italia da quando avevo l’età di quattro anni; il protagonista di Passaggi fa esattamente il contrario: è nato in Italia ma è “costretto” a trasferirsi in America.

 

In questa storia ti muovi tra Stati Uniti e Italia, ti senti diviso oppure condiviso tra due mondi?

Personalmente penso spesso a come sarebbe stata la mia vita se fossimo rimasti a vivere con la mia famiglia in America, ma è più una fantasia romantica che un vero desiderio. Credo, però, che la mia predisposizione e apertura verso l’altro abbia a che fare, in qualche modo, con il mio sentirmi cittadino di più Paesi, alla mia doppia nazionalità; così come il mio considerare i confini solamente delle convenzioni e poco più.

 

Vivi a Civitavecchia, ma se potessi scegliere un luogo in cui vivere, quale sarebbe?

Una grande metropoli, sicuramente. Amo gli stimoli creativi, la diversità, il caos apparente e il mio essere allo stesso tempo anonimo e protagonista. Penso proprio a New York 😂

 

Dopo averne seguiti alcuni anche con me, ti ritrovi anche a fare dei laboratori di scrittura, cosa ti affascina dell’insegnamento?

Ho avuto un grande maestro, e non lo dico per piaggeria. Cerco di trasferire la mia esperienza, la mia conoscenza, ma soprattutto la passione per la scrittura, quella che è stata trasmessa a me. Inoltre, cerco di prestare la meritata attenzione nel leggere le storie e le creazioni di altri autori che, come è giusto che sia, tengono tantissimo a ogni parola che trasferiscono su carta. Passaggi è nato da un percorso alla Genius ed è un romanzo a cui tengo tantissimo, anche perché è stato scritto con a fianco un caro amico.

 

E adesso ti faccio una domanda che fanno sempre a me: si può insegnare a diventare uno scrittore?

Domanda troppo difficile. Ahahaha! Posso dire che quello che si può fare è guidare i partecipanti a iniziare a leggere con maggiore consapevolezza, far intravedere loro le strutture narrative soggiacenti le trame e infondere il coraggio di far leggere le proprie cose agli altri. I miei sono laboratori di condivisone di scrittura creativa, mi piace sempre specificarlo, perché reputo fondamentale l’esperienza della crescita di gruppo.

 

Fai da tanto tempo anche delle lezioni di musica, che differenza c’è tra insegnare a suonare e insegnare a raccontare con la scrittura?

Hanno bisogno dei medesimi presupposti: l’accoglienza e la fiducia reciproca. Quando si creano queste condizioni, il resto viene da sé. Servono passione, tecnica, serietà e divertimento; senza questi ingredienti si fanno pochi passi in avanti.

 

Dopo tanti testi pubblicati, ti consideri uno scrittore più che un musicista?

Amo considerarmi sia l’uno che l’altro. Ma, fondamentalmente, cerco di essere me stesso. Probabilmente, forse, la definizione più centrata sarebbe: un creativo.

 

A cosa stai lavorando? C’è qualche altro progetto in vista?

Sto lavorando a tantissimi progetti, per fortuna. Sono in fase di seconda stesura di un nuovo romanzo, ho da poco iniziato una sceneggiatura per un mediometraggio e sto lavorando, insieme allo scrittore Gino Saladini, a un grande progetto artistico – di cui non posso dare anticipazioni – che mi terrà occupato per un bel po’ di tempo.

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Paolo Restuccia

Scrittore e regista. Cura la regia della trasmissione Il Ruggito del Coniglio su Rai Radio2. Ha pubblicato i romanzi La strategia del tango (Gaffi), Io sono Kurt (Fazi), Il colore del tuo sangue (Arkadia) e Il sorriso di chi ha vinto (Arkadia). Ha insegnato nel corso di Scrittura Generale dell’università La Sapienza Università di Roma e insegna Scrittura e Radio all’Università Pontificia Salesiana. È stato co-fondatore e direttore della rivista Omero. Ha tradotto i manuali Story e Dialoghi di Robert McKee e Guida di Snoopy alla vita dello scrittore di C. Barnaby, M. Schulz.

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