Chissà se si offenderebbe Massimiliano Nuzzolo se lo definissi “poliedrico”? Ma certamente è “un autore dalle mille risorse”, tanto per rimanere nel gioco dei cliché. Ha pubblicato diversi romanzi, ha curato antologie, scritto di musica e canzoni, insegna scrittura creativa e uno dei suoi romanzi inediti, È permesso signora morte, è in finale al Premio Letterario del Neroma Noir Festival di Roma (che per uno nato a Mestre, al suo primo noir, è un bel risultato). È da poco in libreria il suo nuovo romanzo, La fine del mondo (Booktribu 2024), che è una divertente incursione nel mondo dell’editoria, delle religioni e dell’apocalisse prossima ventura. Proprio la descrizione che fa del panorama editoriale mi sembra una possibile lettura interessante – anche in virtù del suo sguardo decisamente ironico – per chi aspira a diventare uno scrittore e quindi, ahimè, a farne parte (chi volesse leggerlo, oltre che nelle migliori librerie, può trovarlo qui e scoprire una casa editrice di cui Nuzzolo non è solo autore ma anche curatore di una collana di libri sulla musica: “Tam Tam Tribu: libri che suonano” – l’ho già detto che è “poliedrico”, no?). E intanto faccio con Massimiliano Nuzzolo la mia solita chiacchierata con l’autore.
Questo romanzo è la seconda puntata di un libro uscito cinque anni fa, La verità dei topi (Les Flâneurs edizioni 2019), come mai hai avuto voglia di continuare la vita del suo protagonista, Edgar Kospic?
In realtà è un progetto di più ampio respiro che in qualche modo è nato dall’esplorazione degli esistenzialisti. Come sai, amo Albert Camus e da anni faccio un lavoro di “permeazione” lavorando e facendo una sorta di upgrade delle sue tematiche di cui sono infarciti i miei romanzi. Inevitabilmente ho incontrato Sartre nel tempo e ci lavorammo insieme ai Soluzione per il loro disco L’esperienza segna, il passo successivo è stato sbattere il naso contro Boris Vian, il più surrealista degli esistenzialisti. Amore totale. Aggiungici l’amore per i postmodernisti, Bolaño, la commedia di Germi… e la nascita della Verità dei topi, e ritornando al focus della domanda, il progetto prevede un terzo romanzo, Prendere fuoco, in cui Kospic o Denovo, giocando con i nomi, torna in una nuova avventura ambientata nel mondo della Giustizia italiana e nel suo torbidume fatto di legali mediocri, mentitori per natura e senza scrupoli, pronti quindi a entrare in politica, avventura che ha per focus il mondo finto buonista woke che sotto la superficie rivela perversioni e animi a dir poco contraddittori e inquietanti. Nella Fine del mondo, considerato il cliffhanger in cui avevo lasciato Kospic nelle ultime pagine della Verità dei topi, mi è parsa cosa buona e giusta farlo tornare e come scrittore ha finalmente una missione importantissima da compiere…
Allora, sei uno scrittore, fai corsi di scrittura, sei coinvolto professionalmente nelle case editrici e scrivi un libro satirico sull’editoria, cos’è? Un’autocritica o hai voglia di sparare a zero dalla tua torre d’avorio?
Nessuna intenzione di sparare a zero su anima viva e nemmeno sulla Croce Rossa, anche perché non ho una torre d’avorio, ho un appartamentino in centro città di cui a malapena riesco a pagare le spese… In realtà, il romanzo nasce da una riflessione: alcuni anni fa, insieme a un gruppo diffuso di autori e editori, lanciai l’idea degli Stati Generali dell’editoria. Poi, notando l’opportunismo di alcuni, lasciai il gruppo subito dopo, ma l’idea che i nodi e le problematiche presenti nel mondo editoriale venissero in qualche modo discusse per cercare una soluzione alla grande crisi che attanaglia il nostro mondo da tempo sono rimaste dentro me, aggiungici la vena ironica che da sempre mi contraddistingue e le letture e situazioni varie affrontate in tutti questi anni, ma pure le difficoltà della vita reale facendo un lavoro come il nostro: il romanzo si è in qualche modo composto da solo. Sì, direi che si avvicina più a una sorta di autocritica “maoista” e, come dico spesso, mi metto in prima fila a ricevere le sberle. Autoironia a piene mani per riflettere e trovare nuove soluzioni. Stavolta si ride, ma c’è da piangere il più delle volte. Lo sa chiunque si occupi per davvero di editoria. In qualche modo volevo fare mio lo slogan di quella famosa bibita: l’immagine è zero… la sete è tutto. Sete di verità e come diceva Camus, sempre che non ricordi male e se ricordo male perdonatemi, la verità passa meglio con l’ironia.
Nel romanzo ci sono tanti personaggi, sembrano ispirati a tic e comportamenti di persone vere. Ce n’è uno di cui puoi rivelare la vera identità?
Sì, Madame Bovary c’est moi… scherzi a parte, a volte mi riconosco in Nina. Ma sicuramente Kospic ha alcune caratteristiche che mi appartengono, ma temo appartengano a tutti gli scrittori. Sicuramente Dio è Dio anche nella vita reale… 😀 Essendo uno scrittore sai già che ogni personaggio è frutto di tanti elementi presi dalla realtà, mescolati insieme per creare qualcosa di credibile… poi, se ti svelassi la vera identità di anche solo uno di loro, sarei costretto a ucciderti.
Veniamo a Dio, agli angeli e ai demoni. C’è il Signore che fa la sua apparizione mentre legge un giornale con su delle pagine completamente bianche, un angelo con difetti di pronuncia, un diavolo che ha dei dubbi sul dedicarsi alle formiche, che rapporto hai con le religioni?
Amorevole. Le studio da quando ero piccolo, anche se me ne tengo “distante”. Certo, mi dichiaro agnostico e tendente all’ateismo e non pratico. Ma quando leggi un testo sacro, di qualunque cultura esso sia, rimani intrappolato in quella meraviglia. Esempio su tutti, i colori dell’Apocalisse di Giovanni, libro meraviglioso. Ne discussi a lungo con alcuni autori cattolici anni fa.
C’è anche un angelo che dà consigli sentimentali, come ti trovi a scrivere dell’amore?
L’amore è il motore della vita. Senza amore non siamo niente. Il nostro caro angelo è un angelo particolare, colui che conosce e scrive tutti i nomi… se non sapesse dare consigli lui che ne ha viste di tutti i colori… saremmo messi male, e poi, anche se particolarissimo, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti di pronuncia, è pur sempre un angelo e ci sta accanto per proteggerci… o decapitarci, in questo caso…
Cerco di nasconderlo ma il romanzo parla proprio dell’Apocalisse, come la vedi? L’inizio di un gran riposo collettivo, una tragedia di massa o un’opportunità?
Potremmo interpretarla in vari modi. Basta pensare anche solo ai cambiamenti climatici in corso… se volessimo prenderla alla lettera dalle Sacre Scritture ci sarebbe da avere una paura incredibile, ma temo che per il genere umano sia sufficiente far saltare Internet per 10 minuti e avremo l’estinzione totale… e per ironizzare, potrebbe pure accadere che nessuno se ne accorga… questa è cattiva, lo so. In effetti, il romanzo vuole essere una riflessione: un modo per ragionare sugli sbagli e sulle possibili soluzioni e sviluppi, dall’editoria alla vita.
Sicuramente, ogni fine è un nuovo inizio.
Poi c’è il festival PerNeMi, evento letterario di Mestre, frequentato da “Aspiranti scrittori e scrittrici, esponenti più o meno vacui della cultura, soubrettes, giornalisti, giornalai, saltimbanchi, giocolieri, salumieri, pizzaioli, meccanici, politici, medici, parrucchieri, e chi ne ha più ne metta”…
Sì, il più grande festival culturale mai realizzato a Mestre… mica bruscolini. Il festival totale con un ospite unico e inimitabile. Scusa, mi vengono spontanee certe battute, perché nella mia città c’è un festival ogni 3 giorni, da quello della salsiccia a quello della politica…
A un certo punto c’è una specie d’incrocio tra una storia alla Jurassic Park e Dante Alighieri, come ti è venuta in mente?
Da una parte adoro la fantascienza e i dinosauri… E Jurassic Park è un capolavoro. Dall’altra adoro sinceramente Dante. Credo di dovergli tutto. Quando ero al liceo la professoressa mi costringeva a tenere lezione al posto suo, perché altrimenti avrei disturbato gli altri… e non avrei mai potuto scrivere un saggio, non mi sento all’altezza, anche se credo di sapere persino quante volte si è toccato sotto la scrivania… e l’idea di clonarlo per salvare una situazione che sta precipitando irreversibilmente, un’oscura tendenza all’entropia, mi è sembrata geniale, una sorta di supereroe Marvel con poteri diversissimi, sconosciuti e incontrollabili. Quasi millenarista… rimanendo in tema col titolo.
E qualcosa di Dante stonerebbe nel mondo moderno del marketing editoriale, ci sarebbe bisogno di aggiustare qualche verso per renderlo – come si dice – politically correct?
Consentimi di rispondere con una battuta che mi fa sbellicare dalle risate.
Sicuramente dovremmo riscrivere tutti gli endecasillabi della Divina Commedia inserendo le ‘e’ rovesciate e poi asterischi come se piovesse, poi censurare tanti versi e parole come “trombetta” soprattutto nell’Inferno perché non sono inclusivi e qualcuno potrebbe rischiare di capirli e apprezzarli se mai dovesse leggerli…
Dante è il nostro bene più prezioso, non lasciamolo alle derive culturali e politiche. È stato universale, prima ancora che coniassero il significato di universale. Certo aveva i suoi limiti “politici” mutuati dall’epoca, ma c’è da inginocchiarsi quando lo si legge. Io poi lo faccio spessissimo. Vado a Ravenna ogni anno e come un Forrest Gump qualunque mi inginocchio davanti alla sua tomba sotto gli sguardi smarriti dei turisti.
Quando scrivi una storia come questa, quali sono i tuoi punti di riferimento artistici?
Punti di riferimento ne ho davvero tantissimi. Ci sono le stelle polari come Dante e D.F. Wallace e nel caso specifico della Fine del mondo citerei anche Vonnegut e Apollinaire, ci sono le discussioni con amici scrittori e artisti, imprenditori, insegnanti, persone che vivono sul serio (ovviamente di ambo i sessi), ci sono le correnti artistiche che mi sono incollate addosso come il surrealismo e altre, ci sono le correnti filosofiche come l’esistenzialismo, ma pure le opere cinematografiche (considera che da bimbo leggevo in continuazione e andavo al cinema tutti i giorni e rimanendo là dentro fino a quando non mi cacciavano) senza considerare quelle musicali che praticamente sono un nutrimento costante, ma questa è storia. E noi, lo ricordo con un’altra battuta, noi non siamo scienza, né fantascienza, siamo editoria.