Il sogno americano è morto e i suoi eredi sono dei sostituti mostruosi, frutto dell’implosione dell’idea stessa di perfezione, bellezza e ordine. Alle stanze pulite in modo maniacale delle case per le vacanze fanno da contraltare cassetti straripanti di medicinali, che servono a tenere a bada la vita, con tutto il suo carico di dubbi, perdite, mancanze e fallimenti. Alex è un po’ escort e un po’ in cerca di uno sugar daddy che la mantenga e le permetta di vivere assecondando il suo bisogno di possedere bei vestiti, e soprattutto la possibilità di godere di un benessere pensato per ingordi: spiaggia tutti i giorni, piscina con acqua dolce, abbronzatura integrale, macchine importanti. Quello che Alex vuole, in sostanza, è avere accesso ai privilegi dei ricchi, sia della costa occidentale che della costa orientale, come un novello e particolarmente arrivista Jay Gatsby, solo che ovviamente i privilegi ai quali può avere accesso sono frutto di un lavoro continuo e logorante di accondiscendenza e manipolazione. Alex non ha particolari traumi, né un passato doloroso, anzi, è una ragazza carina ma anonima, non ha abbastanza spessore per fare la modella ma è abbastanza bella da ottenere soldi, droga e partecipazioni a feste riservate. Nel suo spaccato di vita, Alex è in fuga da una serie di persone derubate e truffate, un certo Dom in particolare la insegue, tartassandola di messaggi telefonici per farsi restituire una ingente quantità di soldi. Simon, cinquantenne miliardario che si invaghisce di lei, con la concentrazione tipica di chi vuole riavere indietro la propria giovinezza, consapevole tuttavia che soddisfare desideri è un modo per tenere legate a una catena corta e scintillante ragazze giovani, sembra, per un poco, la sua salvezza, con la promessa di vacanza nella sua casa al mare in un’estate torrida. Qualcosa va storto però e Simon non gradisce il flirt di Alex con il marito di una sua amica, e la sua attenzione verso di lei si ritrae. Il punto è che il desiderio di Simon per Alex, e per la sua giovinezza, sembra esaurirsi, come la curiosità verso un grazioso ma dispendioso animaletto domestico, mentre il desiderio di Alex per i privilegi di cui gode come ospite di Simon si autoalimentano. Ma non avendo possibilità di opporsi al rifiuto, non le resta che fare finta di accettare l’allontanamento dalla villa e dalla vita spensierata.
Da quel momento in poi Alex, per sopravvivere, mette a frutto tutta la sua capacità manipolatoria, facendo leva sulle debolezze e sul bisogno ansioso di compiacere dei bambini e ragazzi, che ruotano attorno ai Country Club, cresciuti in una sorta di chiassosa solitudine, fra tate servizievoli e disturbi da deficit dell’attenzione. La narrazione sembra il protrarsi di sequenze oniriche e lisergiche attraversate da una forma di lucidità disturbata, come le immagini che emergono dai sogni, che lasciano in uno stato di perpetuo e sudato dormiveglia, la stanchezza che impedisce di tenere la schiena dritta, le sensazioni amplificate di sete e fame, ma l’incapacità di soddisfarle. Alex ha in testa un obiettivo artificioso, quello di tornare da Simon, come se il ritrovarsi con lui fosse lo scioglimento dei nodi che la legano alle sue scelte pericolose del passato. Così nell’attesa che trascorra la settimana che la separano dalla festa del Labour Day incontra adolescenti drogati e insicuri, si fa prestare i loro oggetti, felpe, telefonino, macchina, sperando di non accumulare sensi di colpa quando li abbandonerà, incurante dell’offerta della loro dedizione. Nessuno sembra puro come i bambini e gli adolescenti, persino nel loro autoflagellarsi, mentre gli adulti sono tesi a trattenere quella stessa innocenza sposando persone molto più giovani e lasciandosi sommergere dalle ossessioni per la perfezione dei corpi.
Qualcosa però non è a fuoco, Alex sembra sbiadire, insieme al suo bisogno di fuga, di lasciar andare aspettative e desideri altrui. Alex è un’ombra, una ragazza immagine, evanescente, fragile e dal sorriso aperto e rassicurante, che nessuno ricorda, quando la incontriamo in un supermercato e ci sfioriamo, per caso, inavvertitamente. Alex è un concentrato di sogni appiccicosi e ingombranti, una macchia sul cofano di una macchina, una persona priva di identità. Alex è quello che ogni persona può essere quando perde ogni prudenza, e decide di vivere di sotterfugi, per scelta o per impossibilità di adattarsi alle regole del mondo sicuro, che la guarda agitarsi, con la mano alzata mentre saluta, e il sorriso di chi è abituato a ridimensionare il posto occupato dal corpo. In una stanza. In una casa.
“Alex avrebbe voluto prendersi tutto il portafoglio, ma era meglio trattenersi. Le altre ragazze non glielo avevano forse insegnato? Non rubare mai abbastanza da non poter più richiamare il tizio, non spennarlo mai al punto da fargli chiudere la relazione in modo definitivo. La gente, a quanto pareva, accettava quasi sempre di essere la vittima di qualcuno, a piccole dosi. Di fatto, sembrava che si aspettassero tutti un certo grado di tradimento, che ammettessero un margine tollerabile di manipolazione nelle loro relazioni”.