“Bestie” di Dizz Tate (Neri Pozza)

In questo romanzo un gruppo di adolescenti si sentono legate a un segreto che le tiene avvinte anche nelle loro peregrinazioni, e nella futura affannosa vita da adulte.

“Non siamo nate dalla dolcezza. Siamo nate dalla rabbia, e quella rabbia nutre le nostre ossa”. Così dicono le protagoniste di questo romanzo corale, dove la narrazione in prima persona plurale si alterna a qualcuna delle voci delle ragazzine protagoniste, nel caldo appiccicoso di Falls Landing, in Florida, di un evento doloroso e, per loro, straordinario, la scomparsa di Samantha, detta Sammy, la quattordicenne figlia di un predicatore famoso, invaso dal sacro fuoco della redenzione, e che crede fortemente che la figlia sia un essere eletto, che sia fatta per ricevere messaggi dagli angeli. Isabel, Jody, Britney, Leila, Hazel e Christian sono le voci di un’America dolente e rassegnata, dove il prodigio è un errore, e l’innocenza è calpestata come l’erba irritante che rende verdi e foruncolosi i piedi delle ragazze, che camminano senza scarpe, tese a cercare un buco nella ragnatela di oppressione e ipocrisia del mondo abitato da madri sconfitte e non amate, ancora giovani ma non abbastanza da coltivare speranze, e che riversano sulle giovanissime figlie le aspettative di una carriera nel cinema, facendosi notare da vari talent scout. Capelli arricciati, lacca, occhiali da sole, ugole pigre. Le ragazzine osservano tutto, furtive, misteriose come ladre, inquietanti come occhi sotterranei. Non sono mai state abbastanza amate, le loro madri hanno smesso di trovarle interessanti, e i loro padri sono assenti o suicidi o migranti. Anche quando hanno una sorta di ingombrante bellezza, le ragazzine vengono ignorate dal mondo scolastico e dagli adolescenti più grandi, ma loro sono oltre, conoscono i segreti di Sammy, che incontrava segretamente due ragazzi, il misterioso ragazzo del lago, fratellastro di Mia, non una della loro cerchia, una delle grandi, e il bellissimo Eddie, divorato dall’ambizione di passare le audizioni e vincere un biglietto per Hollywood. La loro innocenza viene continuamente frantumata, oltraggiata, abusata, e infine, negata dalla loro stessa voce, quando raccontano di passatempi innocenti che diventano vendette sottili e crudeli, modi di prevaricazione, messinscene adatte a suscitare forme malate di attrazione e d’amore. Sammy scompare e la sua finestra diventa un buco nero, un incendio doloso messo in atto da chi ritiene di essere stato tradito da lei.

Per tutto il resto della loro vita adulta le tredicenni non smetteranno di essere legate a quell’estate, a quel segreto che le tiene avvinte anche nelle loro peregrinazioni e nell’affannosa vita di solitudine che si sono autoimposte, anche quando si sposano. Le coppie che cercano di costruire si disgregano, le famiglie che formano rifiutano le ossessioni dalle quali sono dominate, e il loro urlo, mostruoso, rimane imprigionato sul fondo della gola. Queste bambine non sono innocenti, non sono bamboline boccolute e tenere, sono vitali, si contorcono fradicie come serpenti nelle loro camicette unte, i peli ispidi sulle loro caviglie irritate, il fiato già corrotto dall’alcool, non sono mai state al sicuro dentro case soffocanti e implose, tenute insieme dal bisogno e dalla paura. Le loro fughe sono la rivendicazione estrema di un tentativo di sopravvivere, tutte insieme, al fallimento della famiglia che le ha create e al peso che gli è piombato addosso nascendo lì dove sono nate, in un pezzo di terra risicata tra lago e palude. Quello che sono, la loro fame continua di amore, di attenzione, le farà ritrovare e perdere, per raccontare, ognuna, il suo pezzo di ingombrante verità, che non combacia con quello delle altre.

 

“E poi Sammy è apparsa sul muro, da sola.

Era il primo giorno d’estate. Eravamo sedute sul pontile a gambe incrociate, formando una muraglia di corpi in modo che una di noi potesse mettere a fuoco il binocolo sul cantiere, dove Eddie e i suoi amici stavano fumando erba. La luce ci vestiva delle nostre sfumature più belle, arancione, rosa, pastello, azzurrino. Perfino il lago luccicava e sembrava puzzare meno del solito, con solo un vago sentore dei fertilizzanti che ci scaricavano. Ci sembrava di percepire ogni respiro dei ragazzi con i nostri polmoni, e inspiravamo l’aria come se ci mancasse.

– C’è Sammy sul muro – ha detto Christian. Ci siamo dimenticate che dovevamo fingere di non guardare e ci siamo voltate tutte di scatto.

Sammy era seduta in cima al muro, con le gambe che penzolavano dal bordo. Indossava un pigiama con maglietta e pantaloncini abbinati, rosa e giallo, con un’applicazione a forma di cuore sul lato sinistro del petto”.

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Marilena Votta

Marilena Votta nasce a Napoli e trascorre la sua infanzia e adolescenza in un luogo fatto di sole accecante e ombre altrettanto tenaci. Ha pubblicato le raccolte di racconti Equilibri sospesi, La ragazza di miele e altre storie (Progetto Cultura, 2016) e Diastema (Ensemble, 2020), e la raccolta di poesie Estate (Progetto Cultura, 2019). Il suo racconto “Fratello maggiore fratello minore” è stato pubblicato nell’antologia “Roma-Tuscolana”. Alcuni suoi racconti sono disponibili su varie riviste on line e cartacee. Nell’ottobre 2021 pubblica il suo primo romanzo, Stati di desiderio, con D editore. Del suo rapporto con la scrittura asserisce, convinta, che è il suo posto nel mondo. Scrive recensioni di libri che ama per "Dentro la lampada", la rivista della scuola Genius.

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