“Avevo sei-sette anni, e l’albero di Natale ancora non esisteva. Esisteva il presepe che stava su un grande tavolo da lavoro dove uno si ingegnava con i mezzi di allora a fare cascatelle d’acqua, paesaggi e quant’altro. Il regista era lo zio medico che adibiva a presepe anche un’intera stanza usando le tecnologie moderne di allora, cioè l’elettricità che faceva muovere molini d’acqua, illuminava la grotta e arricchiva lo scenario. E poi conduceva anche la visita guidata al presepe. (…) (Tra i personaggi) quelli che ho sempre ammirato di più erano uno quello che si dice “lo spaventato del presepe” che alza le braccia al cielo in preda ad un’attonita meraviglia e l’altro quello che se ne fotte, dorme e non lo sveglia niente e nessuno. (…) La festa era bellissima perché c’era sempre un calore straordinario: la grande tavolata con la famiglia riunita e magari s’arricampavanu zii, zie, cugini che non vedevi da anni. E poi nonna Elvira che faceva degli arancini meravigliosi”.
Bibliografia:
Andrea Camilleri, Il Natale di Montalbano, Sellerio;
Andrea Camilleri, Gli arancini di Montalbano, Sellerio.