Il titolo della sua autobiografia l’aveva avuto in testa da sempre: The Pigeon Tunnel.
David era un ragazzino quando, a Montecarlo, suo padre lo aveva portato a una postazione di tiro al piccione vicino al Casinò. I piccioni venivano immessi in una specie di piccolo tunnel, alla fine del quale si levavano in volo per essere colpiti dai tiratori. Quelli che non venivano centrati tornavano alla base per essere di nuovo immessi nel tunnel.
Ronnie Cornwell, suo padre. Sfrontato, violento, imbroglione. Uno che picchiava sistematicamente sua madre e, occasionalmente, anche lui e suo fratello Tony.
Amante del lusso e dell’eleganza, anche quando non poteva permettersela, sempre a corto di denaro, sempre pronto a spillare soldi perfino al figlio diventato scrittore di successo.
David e Tony avevano imparato presto l’arte della dissimulazione e lui non avrebbe mai immaginato quanto quell’unica eredità paterna gli sarebbe tornata utile nella sua vita da adulto.
Nel 1958 divenne agente operativo nei Servizi segreti britannici, prestando servizio sia nell’MI5 che nell’MI6.
Quando era sotto copertura come diplomatico all’Ambasciata britannica di Bonn, in uno stato di forte stress personale e nel più assoluto riserbo, aveva scritto il suo primo romanzo, Chiamata per il morto, e scelto il suo ‘nom de plume’, John Le Carré.
George Smiley, il Circus, la Talpa gli avevano regalato milioni di lettori in tutto il mondo, ma ora si trattava di scrivere la sua storia, quella di Tony, di Olive, sua madre e di Ronnie, quel padre così inaffidabile, così inafferrabile.
Graham Greene aveva detto che l’infanzia rappresenta il saldo a credito di uno scrittore.
“Da questo punto di vista, sono nato milionario”, ridacchiò David, sedendosi alla scrivania.
Bibliografia:
John Le Carré, Tiro al piccione, Mondadori;
John Le Carré, Fine della corsa, Mondadori.