Una mattina d’ottobre del 1950 l’ingegnere Carlo Emilio Gadda varcò la soglia di un prestigioso palazzo in Prati, sede da cui trasmetteva il Giornale Radio della RAI.
Aveva passato i cinquant’anni e scriveva da più di trenta, e ora si trovava lì, in via Asiago numero dieci, in qualità di aspirante giornalista.
La sua fama di scrittore raffinato ma per pochi gli aveva fatto guadagnare il ruolo di passacarte per la testata culturale, il Terzo Programma, e lì erano cominciati i dolori.
Si era ripromesso di esprimere, su colleghi e collaboratori, giudizi equilibrati e moderati, ma il buon proposito era ben presto naufragato.
Perse quasi subito le staffe di fronte al commento di un illustre francesista che aveva definito ‘obbrobrioso’ il sodalizio omosessuale tra Verlaine e Rimbaud. “Obbrobrioso? Imbecille, ma se si divertivano moltissimo!” scrisse Gadda, rabbioso.
Un commento ancor più lapidario (‘Macaco!’) venne riservato ad Attilio Bertolucci, colpevole di aver composto versi non graditi. Purtroppo, una speaker un po’ distratta lesse in diretta il commento scritto in calce al testo radiofonico, e il poeta emiliano non la prese tanto bene.
Ogni testo che passava per le mani di Gadda riceveva un giudizio lapidario che, senza sfumature, andava da ‘Molto ben detto’ a ‘Bischerrima scemenza’, provocando offesa e risentimento in coloro che venivano stroncati dall’ingegnere-romanziere milanese, riservato e un po’ scontroso e sempre in cerca di una camera ammobiliata che non costasse troppo.
Leone Piccioni, che lavorava al suo fianco, fu tra i pochi ad accorgersi che Gadda nascondeva, dietro la sua ironia, una grande infelicità. La fuga dalla Brianza e da una madre autoritaria, il fratello amatissimo morto in guerra, e una nevrastenia ossessiva che lo affliggeva da sempre.
Nel 1956 finalmente l’editore Garzanti riuscì a convincere Gadda a revisionare e ripubblicare un romanzo già apparso in una prima versione, a puntate, nel 1946-47 sulla rivista “Letteratura”.
Fu allora che Gadda decise di lasciare la RAI: gli ultimi mesi li trascorse in una stanzetta a ridosso del bagno, una sorta di anticesso, come lui lo chiamava, attraversato a intervalli regolari dallo scroscio dello sciacquone.
Bibliografia:
Carlo Emilio Gadda, Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, Garzanti;
Carlo Emilio Gadda, Norme per la redazione di un testo radiofonico, Adelphi.