Esistono creature delicate, sospese tra la realtà di questo mondo e un mondo altro, con il quale hanno infiniti canali di comunicazione diversi dalle parole. Questo libro è una specie di ruvida carezza sull’anima, per quelli che ci credono, per quelli che non ci credono offre comunque conforto e accettazione del proprio sé più nascosto e prezioso. Teresa è una donna che “vuole togliere la tristezza dal mondo” e soffre per la brusca fine del suo amore con Giovanni, che non vuole trattenere se non nei pensieri. Maria, la figlia, ha un nome antico, familiare, che significa “goccia di mare”, è il risultato concreto di quell’amore, astratto, desiderato, che Teresa cerca. Il padre di Maria è Moussa, senegalese, musulmano devoto e animista, che, nonostante la separazione, continua a volerle bene, di quell’amore potente che rimane come forma di connessione tra due persone che hanno avuto un figlio ma che per un po’ si sono riconosciute l’una nel volto dell’altra, e hanno condiviso un pezzo di vita oltre il tempo. Maria è il legante potente tra la terra e i mondi sottili, dove vivono creature misteriose e fatate, che conoscono i cuori fragili degli esseri umani e anche le loro conturbanti oscurità. Maria è silenziosa perché quello che sente, a volte, non può essere espresso in parole. Così, quando il sistema scolastico, basato su modalità premiali e denigratorie, rischia di danneggiare la piccola, Teresa decide di trasferirsi in un bosco, e da lì riflettere su come condurre una vita che preveda il minor numero di contatti possibile con persone che ci avvelenano, ci stancano, ci fanno sentire vacui e friabili come biscotti sul punto di sbriciolarsi. Quello che Teresa vuole è permettere a lei e a sua figlia di sentire il modo di riparare, anche solo per un poco, alle immense fratture che i gesti sconsiderati, le battute razziste ed escludenti, provocano in Moussa e Maria, e che si riverberano, come una cassa di risonanza, nel mondo. Quello che Teresa vuole è rinunciare al superfluo e dare il giusto valore agli oggetti che amiamo e che si prendono cura del nostro essere corpi. Come dico spesso, come noi ci ricordiamo degli oggetti, così gli oggetti si ricordano di noi. Ed è questo il mondo abitato di Maria dei boschi e di Teresa della Via Lattea. Un mondo dove la luce si fa strada tra i rami, dove rivoltare una zolla di terra rivela scoperte, dove i torti subiti si riparano con offerte dolci di latte e miele.
Nel tempo narrato nel libro, Teresa rivisita il suo complicato legame con la madre, il suo dolente bisogno del padre, e tutte le persone che le lasciano dei segni dentro, quando per sbaglio le tocca o si lascia toccare. Se c’è una cosa che l’epidemia di Covid ci ha insegnato è che siamo tutti connessi, e che il piccolo gesto affettuoso, in qualche modo, fa bene non solo a chi lo ha ricevuto nell’immediato, ma a tutta questa sconosciuta famiglia di umani e non umani che ci racchiude e dalla quale non possiamo sottrarci. Non esiste altro. Riparare ai torti, essere liberi da convenzioni e stereotipi, non avere paura di essere felici. Sara ci ricorda un po’ tutte queste cose, insieme alle canzoni urlate in un bosco dopo il tramonto, quando il buio smette di fare paura e diventa la dimensione perfetta per riconciliarci con le cose che non si vedono, ma non per questo sono meno reali.
Non abbiamo bisogno di fingere, di mostrarci accorte, veloci, più accondiscendenti, amabili, non abbiamo bisogno di nascondere quello che conosciamo, lasciamo che siano gli altri a decidere se avvicinarsi, se non credere, se non fare ritorno. Abbiamo smesso di cambiare in onore di qualcuno, di pensarci grandiose, brave, colpevoli, di pensare a come avremmo potuto rispondere, di temere gli sbagli, l’irrimediabile, di forzare il silenzio. Siamo libere di cambiare vita molte volte ancora. Non abbiamo bisogno di mentire, di non scontentare qualcuno, di scambiare favori, di mostrarci più interessanti, più leggere. Sappiamo allontanare il male. Possiamo scegliere chi amare e chi non amare. E questo potrà somigliare un giorno a quando qualcuno ti ha difeso abbastanza.