“La donna con le scarpe da uomo” di Mihajlo Pantic (Del Vecchio editore)

I personaggi leggono, mangiano, dimenticano, urtano, camminano accanto al Danubio, e riannodano il pezzo mancante alle loro anime affamate

Non ci sono molti scrittori serbi che possono vantare una conoscenza strutturata del linguaggio adatto alla “scrittura creativa” come Mihajlo Pantic, professore universitario e scrittore di racconti, unica forma letteraria che riconosce come propria. Così, in questa raccolta di 18, folgoranti, storie brevi, mescola sapientemente elementi della sua propria storia, con altri, appartenenti ad altri. Tutti si svolgono a Nuova Belgrado, nel complesso di palazzi residenziali sorti alla fine degli anni 70, un luogo dell’anima oltre che un’appartenenza fisica. I personaggi leggono, mangiano, dimenticano, urtano, camminano accanto al Danubio, e riannodano il pezzo mancante alle loro anime affamate. L’amore è il filo che tiene insieme i protagonisti, sempre in cerca d’amore, che siano ragazze bellissime, e insoddisfatte, che forse ritroviamo dopo, più tardi alle prese con le cure chemioterapiche, ragazzini feroci, disposti a sbudellare il rivale in amore, o donne adulte disilluse, in cerca di uno sconosciuto con cui hanno consumato un sesso frettoloso, quasi macabro, nell’inutile bisogno di dividersi una cena, un pacco di cibo che si rivelerà marcito.

Qui le parole hanno una magia che opera e procede per sottrazione, nella realtà soffocante dei palazzi appare uno spicchio blu di cielo, e mentre vedi i pesci nuotare in una vaschetta ti riconnetti con il cosmo, perché in qualche modo tutto è armonia. I colori sono grigi opachi e poi i neri scintillannti che riproducono le maschere africane, e i delicati colori pastello delle stanze di bambini, a volte trascurati, che crescono pigramente accanto a genitori impegnati a tenere in vita il sogno della grande Jugoslavia, franato alla metà degli anni 90 del secolo scorso, dopo una delle guerre più insensate e feroci che mai abbiano abitato l’Europa.

La disgregazione arriva sottile e prende il posto dei corpi, degli amori, come, metaforicamente, fa una coppia che, prima di capire di essere ormai estranei che si svegliano insieme, preferiscono divorziare, e decidere di mettere fine all’amore prima che l’amore evapori lasciando solo l’aroma acido del caffè bruciato.

Sono tutti impigliati tra il rimpianto e il tentativo, talvolta inutile, altre rabbioso, di scuotersi di dosso la letargia avvenuta dopo la guerra, la separazione tra le lingue (serbo e croato) che ha creato un muro invalicabile tra persone abituate a rivolgersi l’un l’altro in maniera indifferente nei due idiomi. Eppure, l’amore è quel desiderio che viene invocato, cercato, in ogni vita abitudinaria e contrita, dove l’unica cosa che conta è ricordarsi di essere stati colti dal momento in cui abbiamo camminato sollevati da terra. Vivi. Prima di consegnarci all’oblio, l’amore, il senso di riconoscere pensieri, impronte, sconfitte e debiti da saldare, l’unica cosa che ci fa ridere pure quando sbagliamo strada e finiamo in un paese straniero, ci salva. Non c’è altro. Se non scriverne. Di quel momento.

E così mentre ci dirigevamo verso gli elefanti, e la giornata si avvicinava a mezzogiorno, pensai disperata, pur sapendo come va a finire ogni romanzo d’amore, Dio, cosa sta per dirmi ora quest’uomo che cammina al mio fianco, mentre tra sei miliardi di possibili desideri al mondo non voglio altro che prenderlo per mano.

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Marilena Votta

Marilena Votta nasce a Napoli e trascorre la sua infanzia e adolescenza in un luogo fatto di sole accecante e ombre altrettanto tenaci. Ha pubblicato le raccolte di racconti Equilibri sospesi, La ragazza di miele e altre storie (Progetto Cultura, 2016) e Diastema (Ensemble, 2020), e la raccolta di poesie Estate (Progetto Cultura, 2019). Il suo racconto “Fratello maggiore fratello minore” è stato pubblicato nell’antologia “Roma-Tuscolana”. Alcuni suoi racconti sono disponibili su varie riviste on line e cartacee. Nell’ottobre 2021 pubblica il suo primo romanzo, Stati di desiderio, con D editore. Del suo rapporto con la scrittura asserisce, convinta, che è il suo posto nel mondo. Scrive recensioni di libri che ama per "Dentro la lampada", la rivista della scuola Genius.

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