La Macchina del giovane Saleri – Capitolo 3

Il giovane, lento, strofinò con forza le mani sul viso e quando tirò su la testa per capire la provenienza dello scricchiolio, cacciò un urlo di terrore.

Capitolo 3

Lo scricchiolio causato dalla pressione dell’acqua sul vetro destò Saleri. Il ragazzo aveva il collo dolorante e le spalle rigide, al suo fianco il professore giaceva privo di conoscenza. Il giovane, lento, strofinò con forza le mani sul viso e quando tirò su la testa per capire la provenienza dello scricchiolio, cacciò un urlo di terrore.
A pochi centimetri dal vetro, Saleri notò un essere che solo in parte ricordava la fisionomia umana.
Era molto alto, sembrava superasse il metro e novanta. La pelle alternava lembi di carne a squame bluastre trasudanti minuscoli riverberi verde smeraldo; il volto umanoide oblungo aveva la bocca più ampia del normale, quest’ultima storpiata in una smorfia che mostrava bianchi denti aguzzi e sottili.
Gli occhi, ai lati del volto, erano distanti a sufficienza per lasciare spazio a un naso deforme dalle cavità rosate e sovradimensionate.
Aveva la fisionomia umana. Le mani mantenevano i tratti tipici della nostra specie, ma le dita erano unite da cartilagini sottili utili con buone probabilità per il nuoto; lo stesso valeva per i piedi.
Saleri, attaccato al sedile della macchina, rimase vigile e provò a destare il professore con forti schiaffi sul volto. Al movimento del giovane, l’essere irriconoscibile estrasse, da una cordicella legata alla gamba destra, un lungo corallo rosso e lo piantò nel vetro con violenza.
Il corallo andò in frantumi. Colpito dall’esito inaspettato, l’uomo pesce nuotò via veloce.
Uno scenario epico spiccò non appena l’essere si mosse, quando il giovane Saleri mise a fuoco il panorama tutto intorno a lui.
In preda a panico misto a euforia provò a strattonare di nuovo il professore ma nulla, l’anziano non dava cenno alcuno.
Sulla plancia la bussola sembrava impazzita, ma ad attirare l’attenzione del giovane furono due enormi carcasse di cetacei galleggianti che sfilavano davanti alla navetta. Ebbe l’impressione, per un istante, che quell’orribile uomo-pesce si fosse rintanato al loro interno.
All’orizzonte vide ciò per cui il suo cuore saltò alcuni battiti.
Resti di case e costruzioni sommersi dall’acqua salina e da alghe viscose giacevano sul fondo del mare, strade divelte immerse nel silenzio dell’abisso oceanico si snodavano come fiumi sotterranei battuti da abnormi granchi dalle chele spropositate, mentre una luminosa barriera corallina di colore rosso rubino brillava tra le finestre frantumate di alti grattacieli abbandonati da secoli.
Il ragazzo mise a fuoco ossa simili a scheletri umani incastrati nelle taglienti tonalità di rosso dei coralli.
Provò ad alzare lo sguardo ma la superficie del mare era molto lontana e non riuscì a percepire nulla oltre l’immenso blu. Giungeva solo, flebile, la luce del sole.
Elettrizzato dalla scoperta ma allo stesso tempo spaventato, tentò di mettere in moto il dispositivo di trasporto della macchina.
In quel momento la bussola e il cronografo sembrarono stabilizzarsi. Lo stupore del giovane crebbe quando si rese conto di essere nel punto esatto di partenza, le coordinate erano identiche a quelle dell’aula magna all’interno della città universitaria.
Intorno, pochi metri sotto la macchina triangolare, la lenta discesa negli abissi gli permise di intravedere i ruderi di un vecchio edificio. Credette plausibile che fossero i resti dell’università. Aveva funzionato, il suo esperimento era riuscito. Pensò con il cuore gonfio di orgoglio saltando sul sedile.
Fu in quel momento che il professor Reali si destò.
Si guardò intorno, agitato. Correnti subacquee si levarono nel silenzio del mare trainando la capsula triangolare ormai prossima a raggiungere il fondale. All’improvviso un forte stimolo, probabilmente una corrente subacquea, spinse in rotta orizzontale il vettore spostandolo di diverse decine di metri a ovest.
Il professor Reali capì in un istante che l’esperimento avesse funzionato e che i suoi studi fossero corretti. Nel futuro, il mare avrebbe inghiottito il mondo conosciuto.

In lontananza, una grande dorsale oceanica si stagliava a poche centinaia di metri da un burrone. Lì intorno, il professore e il giovane Saleri intravidero un enorme edificio sventrato ricoperto di alghe e avorio; dalle dimensioni e la forma pensarono alla stazione Termini di Roma. Riconobbero a stento altri tratti della loro epoca, nessuno dei due fiatò per lo stupore.
Aggrovigliato a ciò che restava dell’edificio, intravidero una grossa massa lattiginosa di colore nero opaco che lenta cingeva le mura, aveva dimensioni mai viste pur ricordando le classiche seppie.
Ma fu l’immagine che si presentò loro quando toccarono il fondo a lasciare un segno sinistro nell’animo di entrambi.

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Andrea Fassi

Pronipote del fondatore del Palazzo del Freddo, Andrea rappresenta la quinta generazione della famiglia Fassi. Si laurea in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali coltivando l’interesse per la scrittura. Prima di seguire la passione di famiglia, gira il mondo ricoprendo diversi ruoli nel settore della ristorazione ed entrando in contatto con culture lontane. Cresciuto con il gelato nel sangue, ama applicare le sue esperienze di viaggiatore alla produzione di gusti rari e sperimentali che propone durante showcooking e corsi al Palazzo del Freddo. Ritorna al passato dando spazio al valore dell’intuito invece dei rigidi schemi matematici in cui spesso oggi è racchiuso il mondo del gelato. Combina la passione per il laboratorio con il controllo di gestione: è l’unico responsabile del Palazzo del Freddo in qualità di Amministratore Delegato e segue la produzione dei locali esteri in franchising dell’azienda. In costante aggiornamento, ha conseguito il Master del Sole 24 Ore in Food and Beverage Management. La passione per la lettura e la scrittura lo porta alla fondazione della Scuola di scrittura Genius nel 2019 insieme a Paolo Restuccia, Lucia Pappalardo, Luigi Annibaldi e ad altri editor e scrittori. Premiato al concorso “Bukowsky” per il racconto “La macchina del giovane Saleri”, riceve il primo premio al concorso “Esquilino” per il racconto “Osso di Seppia” e due menzioni speciali nei rispettivi concorsi “Premio città di Latina” e “Concorso Mario Berrino”. Il suo racconto “Quando smette di piovere”, dedicato alla compagna, viene scelto tra i migliori racconti al concorso “Michelangelo Buonarroti”. Ogni martedì segue la sua rubrica per la scuola Genius in cui propone racconti brevi, pagine scelte sui sensi e aneddoti dietro le materie prime di tutto il mondo. Per la testata “Il cielo Sopra Esquilino” segue la rubrica “Esquisito” e ha collaborato con il sito web “La cucina italiana” scrivendo di gelato. Docente Genius di scrittura sensoriale, organizza con gli altri insegnanti “Il gusto per le storie”, cena evento di degustazione di gelato in cui le portate si ispirano a libri e film.

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