La Macchina del giovane Saleri

Il progetto di tesi di laurea proposto da Galileo Saleri, passò alla storia per l’ilarità generata nell’ambiente accademico i giorni prima della discussione e nei mesi successivi a essa.

Capitolo 1

Il progetto di tesi di laurea proposto da Galileo Saleri, passò alla storia per l’ilarità generata nell’ambiente accademico i giorni prima della discussione e nei mesi successivi a essa.
L’ilarità era impreziosita da un sottile stupore di cui però non vi è accenno nei registri universitari, né in alcun quotidiano della città.
Il laureando Saleri decise di scegliere come relatore il professor Mario Reali, singolare insegnante alla cattedra di fisica quantistica della Sapienza di Roma da quasi due decenni.
Estroso professore, da sempre deriso dagli accademici tradizionali per le sue teorie riguardo a wormhole artificiali, curvature spazio temporali variabili e studi di condizioni quantistiche in grado di proiettare l’individuo oltre la fisicità umana conosciuta, Reali era, per queste ragioni, avulso alle correnti conservatrici dell’ateneo.
Considerava i gangli culturali dell’università un groviglio di teorie obsolete, espresse in un pensiero comune mai davvero evolutosi.
Egli navigava fuori dagli schemi della fisica con entusiasmo, assentandosi dalla sua stanza in accademia durante le pause stagionali per lunghi periodi senza comunicarne ragioni o notizia a nessuno. Questo alimentava non poco le voci altisonanti sul suo conto circa astrusi esperimenti e rischiosi tentativi.
Ora, il sostegno del professor Reali a un laureando dal progetto definito ridicolo e pretenzioso al solo sentirne parlare, fu un gesto così lontano dalle consuetudini accademiche che, finalmente, il consiglio universitario sarebbe potuto intervenire e radiare dall’albo l’insegnante in modo definitivo.
Il giovane Saleri, originario di una buona famiglia romana, risultava essere un tipo solitario e malmesso. Era appassionato di tutti gli ambiti esoterici legati allo spazio e al tempo fin da bambino. Il giorno della sua discussione, oltre a una struttura singolare progettata insieme al professor Reali, di cui richiese la presenza, non volle nessun altro nell’imponente aula magna dell’Università.
Saleri consegnò l’elaborato definitivo all’imbrunire di una giornata ventosa, pochi giorni prima della discussione. La giovane donna che ritirò i moduli non gli diede molto spago, avendo il giovane una fisicità tutt’altro che ammirevole.
In poco tempo, il lavoro giunse al professore che avrebbe presieduto la commissione d’esame. Quando lesse il titolo della tesi, sfogliandone le pagine in maniera approssimativa, quasi divertito, rise confermando l’ilarità di cui si era cibata la ristretta cerchia di docenti dell’ateneo durante le ultime settimane.
Passò quindi il progetto, bollato come ridicolo, ai suoi colleghi ingessati in lunghe toghe nere. Tutti risero, quasi volessero cavalcare l’eco della risata del presidente per compiacerlo.
Nessuno, com’era lecito aspettarsi, si soffermò sulla precisione dei disegni contenuti nel progetto, sui calcoli quantistici dettagliati con annesse note esplicative, o sui valori geometrici chiari e coerenti attribuiti a una curiosa curvatura dello spazio con tanto di disegno.
Anche loro lo bollarono come il lavoro di un insegnante dalla condotta vergognosa, manipolatore di un ragazzino credulone e affascinato dall’occulto.
Gli allegati tratteggiavano schemi con archetipi attualizzati in quarzo e rame, progetti di un rettangolo in grado di trasferire tra cateti e ipotenusa un’energia tale da scomporre la materia umana e ricomporla in un luogo e in un tempo definiti da un algoritmo dettato dall’uomo. Il tutto egregiamente spiegato nella disquisizione cartacea.
“Il viaggio nel tempo” s’intitolava il lavoro.
Le voci tra le cattedre raccontavano che Saleri avrebbe dimostrato, fisicamente durante la discussione, la possibilità di scomporre la materia umana per poi trasportarla in un momento diverso dello spazio-tempo.
Lo scherno dei professori, sosteneva il professor Reali durante gli incontri con l’euforico Saleri, non condensava solo superficiale ilarità ma nascondeva una densa sfumatura di timore. Per la giovane età del ragazzo, questo sembrava un concetto complesso da intendere.
Reali, con fare paterno, gli spiegò che uno scienziato, per quanto arcaico e conservatore potesse essere, non avrebbe mai disdegnato del tutto colleghi in grado di ragionare fuori dagli schemi ordinari. Perché uno scienziato, anche se definito pazzo, avrebbe potuto avere intuizioni in grado di cambiare il corso della storia. Insomma avrebbe potuto aver ragione.
Questa è la magia della scienza, ripeteva il professore dagli occhi brillanti e vivi.
Quest’ultima considerazione alimentava l’entusiasmo del giovane, impaziente di presentarsi dinanzi alla commissione d’esame.

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Andrea Fassi

Pronipote del fondatore del Palazzo del Freddo, Andrea rappresenta la quinta generazione della famiglia Fassi. Si laurea in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali coltivando l’interesse per la scrittura. Prima di seguire la passione di famiglia, gira il mondo ricoprendo diversi ruoli nel settore della ristorazione ed entrando in contatto con culture lontane. Cresciuto con il gelato nel sangue, ama applicare le sue esperienze di viaggiatore alla produzione di gusti rari e sperimentali che propone durante showcooking e corsi al Palazzo del Freddo. Ritorna al passato dando spazio al valore dell’intuito invece dei rigidi schemi matematici in cui spesso oggi è racchiuso il mondo del gelato. Combina la passione per il laboratorio con il controllo di gestione: è l’unico responsabile del Palazzo del Freddo in qualità di Amministratore Delegato e segue la produzione dei locali esteri in franchising dell’azienda. In costante aggiornamento, ha conseguito il Master del Sole 24 Ore in Food and Beverage Management. La passione per la lettura e la scrittura lo porta alla fondazione della Scuola di scrittura Genius nel 2019 insieme a Paolo Restuccia, Lucia Pappalardo, Luigi Annibaldi e ad altri editor e scrittori. Premiato al concorso “Bukowsky” per il racconto “La macchina del giovane Saleri”, riceve il primo premio al concorso “Esquilino” per il racconto “Osso di Seppia” e due menzioni speciali nei rispettivi concorsi “Premio città di Latina” e “Concorso Mario Berrino”. Il suo racconto “Quando smette di piovere”, dedicato alla compagna, viene scelto tra i migliori racconti al concorso “Michelangelo Buonarroti”. Ogni martedì segue la sua rubrica per la scuola Genius in cui propone racconti brevi, pagine scelte sui sensi e aneddoti dietro le materie prime di tutto il mondo. Per la testata “Il cielo Sopra Esquilino” segue la rubrica “Esquisito” e ha collaborato con il sito web “La cucina italiana” scrivendo di gelato. Docente Genius di scrittura sensoriale, organizza con gli altri insegnanti “Il gusto per le storie”, cena evento di degustazione di gelato in cui le portate si ispirano a libri e film.

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