Caro Guido, ti scrivo…

«Pier Paolo carissimo, ti metto senz'altro al corrente della nostra situazione come si presenta alla data di oggi 27 novembre…».

«Pier Paolo carissimo, ti metto senz’altro al corrente della nostra situazione come si presenta alla data di oggi 27 novembre…».

Dalla stanzetta di Versuta, dove Pasolini e sua madre Susanna sono sfollati, Pier Paolo ripercorre a memoria i passi dell’ultima lettera di Guido, fratello amatissimo.

Partigiano “bianco” della Brigata Osoppo, è morto, assassinato per mano di partigiani comunisti, gli stessi che hanno già ucciso nella malga di Porzus il tenente Francesco de Gregori, il comandante “Bolla” e i suoi uomini, colpevoli di non voler cedere il comando (e il territorio) alle truppe del maresciallo Tito. I loro corpi sono stati poi trasfigurati, pugnalati e sputacchiati dagli uomini di Toffanin, nome di battaglia “Giacca”, capo dei partigiani filotitini. Guido, ferito, riesce a fuggire e a raggiungere Dolegnano ma una spiata lo riconsegna ai suoi assassini.

Questo accade il 12 febbraio del 1945, ma la notizia arriverà solo a maggio. Pier Paolo e sua madre Susanna sono rimasti abbracciati per ore e ore, a lungo, piangendo, su quel lettuccio di sfollati. I figli dei contadini del luogo hanno portato, come si usa, qualche uovo, un po’ di farina, l’unico conforto in mezzo a tanto dolore.

Pier Paolo ha deciso di rispondere a quella lettera, si siede al tavolo e comincia a scrivere, a raccontare al fratello lo strazio che la sua morte ha provocato:

«Hai udito come la mamma gridava, chiamandoti? Ora essa è qui, seduta, che tace. Se tu la vedessi, come la riconosceresti! L’infinito dolore che le hai dato non l’ha segnata, è sempre la nostra giovinetta, col suo viso carissimo della mattina, quando non ha ancora fatto la toeletta, e sfaccenda e s’affatica per casa».

Pier Paolo guarda la madre, ha messo uno dei suoi fazzoletti chiari sui capelli, adesso è tranquilla, anche se ha urlato tutta la notte. Sembra la stessa, ma forse no, la piega della bocca è diversa, trasformata in una smorfia di dolore.

Riprende la penna: «E quindi tu ti meraviglierai come io possa aver preso la penna in mano, e incominciato a scriverti; me ne sarei meravigliato anch’io, solo tre giorni fa, benché coi pensieri di questa specie mi sia da molti mesi approfondito. Ma a che serve la nostra meraviglia? Ecco una realtà: tu laggiù un giorno di questo inverno, morto su un prato, o chissà dove; ed ecco un’altra realtà: io che ora, in questa stanzetta di Versuta, che tu hai conosciuto quando non vi avevamo ancora trasportato i mobili, io che ora ti scrivo».

Guido lo guarda dalla foto di quando aveva quattordici anni: quel ragazzino fiero, che amava leggere e cacciare, a diciannove anni sarebbe partito per andare a combattere sui monti, con un tascapane pieno di bombe a mano ricoperte da uno strato di panini imbottiti preparati dalla madre, una rivoltella, e i Canti orfici di Dino Campana per fargli compagnia.

Bibliografia

Pier Paolo Pasolini, La meglio gioventù, Sansoni

Pier Paolo Pasolini, Poesie a Casarsa, Ronzani editore.

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Loredana Germani

È tra i fondatori della Scuola di scrittura creativa Genius. Dopo gli studi in Storia e Letteratura italiana, scrive diversi racconti autobiografici e articoli in cui descrive incontri con autori. Ha curato l’antologia di racconti A Roma San Giovanni e tiene la rubrica Vita da scrittore sulla rivista letteraria Dentro la lampada, nella quale narra opere e aneddoti di grandi personaggi letterari.

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