Il caffè del Diavolo – Prima puntata

A un ex professore di chimica in pensione viene commissionata una consulenza su una sconosciuta piantagione di caffè nel cuore dell’Africa.

A un ex professore di chimica in pensione viene commissionata una consulenza su una sconosciuta piantagione di caffè nel cuore dell’Africa.

L’ex studente è tutto un grazie professore, certo professore, dovreste vedere che struttura quel “Colombia selected” professore.

Seduto al tavolo, il professor Castelli lo osserva bere un americano decaffeinato. Ha denti gialli e la fronte perlata. Non gli è mai andato a genio quel tipo. Un noioso lecchino, pensa il professore mentre brindano con il caffè per il nuovo ruolo di responsabile biochimico del giovane presso un’azienda di cui Castelli ha già dimenticato il nome. E speriamo mi lasci andare il prima possibile. Pensa.

In meno di un’ora si congedano, poco da ricordare oltre il disprezzo per lo “specialty coffee”, qualche pacca sulla spalla e il suo conseguente nervosismo. Castelli è noto per non sopportare il contatto fisico.

Finalmente solo.

Prima di rientrare al paese dove vive con i risparmi di varie consulenze e con una pensione da ex docente, fa tappa al suo vecchio studio.

La sala è come l’aveva lasciata mesi prima. Taccuini sulla scrivania di ciliegio, libri, riviste. La piccola Moka di metallo sul fornello a gas da campeggio. Tutto coperto da una coltre di polvere. Chicchi di caffè ovunque, crudi, tostati, aperti a metà.

Guarda la posta a terra, infilata sotto l’uscio tante volte. C’è una lettera tra un depliant pubblicitario di una macchina per caffè in cialde e una rivista del settore bar.

– Ti fai una vita di studi e queste squallide riviste dovrebbero interessarmi? Pensa. La lettera lo distrae.

La cattedra di chimica alimentare gli ha garantito un’esperienza decennale al controllo qualità di multinazionali del caffè; così immagina sia un’altra proposta di consulenza da torrefazioni avviate o neo-nate in cerca di analisi chimiche delle miscele da scegliere.

Scarta la lettera, anche questa volta sarebbe stato il compenso a fargli accettare o meno il lavoro.

Castelli considera, senza far nulla per nasconderlo, le multinazionali del caffè luoghi di produzione di denaro e cibo massificato. Ma si deve pur campare, aggiunge toccando la lettera.

Al tatto la carta esterna risulta diversa rispetto alle solite missive cui è abituato, spedite da manager ingessati; è più spessa, aromatica, chiusa da un timbro in cera lacca a forma di chicco di caffè.

Annusa a fondo. Per un miope che ci sente poco, l’olfatto è tutto. I polmoni si gonfiano in cerca di indizi sulla provenienza. Un prurito di sentori di spezie e caffè tostato. Il timbro si sgretola. Africa. Odore di Africa senza dubbio pensa.

Legge strizzando gli occhi:

“Egregio professor Castelli,

a fronte di una lunga ricerca, lei è risultato idoneo per la consulenza desiderata da Sir Francis Mac Hamay.

La missione per cui è desiderato è finalizzata a una ricerca privata di Sir Mac Hamay nell’entroterra Kenyota. Il compenso per la sua consulenza è di trentamila euro, di cui quindicimila come anticipo e il restante a progetto terminato.

Si tratta di una ricerca di cui Sir Mac Hamay è unico promotore, le verrà spiegato tutto di persona.

Troverà allegato l’assegno con l’anticipo e un biglietto per Mombasa. Sir Mac Hamay crede non servirà più di una settimana di lavoro.

Il volo è per la fine di aprile, siamo certi riceverà questa lettera in tempo per potersi preparare.

Al suo arrivo troverà un accompagnatore di nome Hope ad attenderla per portarla a pochi chilometri da Kakuna, al confine con l’Uganda.

Sir Mac Hamay sarà lieto di averla presto qui in Kenya.”

– Africa! – Esclama.

La lettera a piè di pagina riporta un timbro siglato da una firma. Trentamila euro. La data accanto al timbro postale è del quattro aprile; è il ventisette del mese, con buone probabilità è troppo tardi.

Rovista nella busta della lettera, l’assegno spiegazzato e il biglietto aereo a suo nome sono lì. La partenza è per il ventinove di aprile.

Castelli spende la notte in piedi. Cammina, sorseggia il suo whisky preferito giapponese. Al fresco di quella casupola si sente al sicuro e la decisione arriva veloce.

Accettare così, a scatola chiusa non è da lui. Non ci penso neanche, chi l’ha mai sentito Francis Mac Hamay pensa.

Il giorno successivo incontra un vicino per la solita partita di briscola. Smazza le carte distratto.

– Le mie giornate oltre briscola e controlli in banca per essere certo nessuno abbia hackerato quello che ho da parte, non sono poi così entusiasmanti. – Dice mentre cala sul tavolo l’asso di bastoni.

– Cazzo, ecco dove l’ho visto! – Il professore lancia il resto delle carte, si alza, saluta il vicino e corre via.

Nel suo studiolo cerca la rivista “Caffeine”, il numero di marzo è appoggiato sopra una pila di libri. Eccolo lì. Un trafiletto piccolo nella sezione “Orizzonte Africano”.

“Ricco proprietario terriero acquista piantagione di caffè nella zona di Kakuna per via di una leggenda.”

L’articolo non dice granché, parla di passione e della leggenda di un caffè di qualità eccelsa in quella zona; non ci sono nomi, è strano, ma Castelli ricorda bene, nell’immagine che anticipa l’articolo intravede un sacco di caffè con lo stesso logo in cera lacca presente sulla busta che ha ricevuto.

Di nuovo il pensiero del denaro. Nel dubbio, prima della briscola, in banca ha chiesto un controllo sull’assegno. Per il direttore Castelli è ormai di casa, chiacchierano di caffè e vecchiaia, così tra una battuta e un espresso l’assegno è risultato coperto.

Esce di casa ed è di nuovo in banca. Conferma di voler versare l’assegno sul conto.

Trascorre la giornata a selezionare le camicie color sabbia da portare con sé, i bermuda e qualche medicinale anti diarroico.

Capita se la faccia nelle mutande senza quasi accorgersene se non fosse per il calore che sale su dal cavallo. Ma la decisione più importante è la scelta dei libri.

Sceglie “Il lamento di Portnoy” di Philip Roth e “ Niente caffè per Spinoza” di Alice Cappagli. Poi “L’isola del tesoro” di Stevenson. John Silver, il temibile pirata, gli ricorda ciò che lui non è.

In taxi Castelli riflette sulla generosità della somma. Per una settimana è una proposta senza dubbio appetitosa, può significare solo due possibilità: un alto rischio per la sua incolumità o un’elevata complessità del progetto da sviluppare.

E poi per “Francis Mac Hamay” Google non da risultati.

Castelli ricorda il viaggio più avventuroso tra le sue esperienze mentre un pulmino lo porta al Boeing che lo attende in pista.

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Andrea Fassi

Pronipote del fondatore del Palazzo del Freddo, Andrea rappresenta la quinta generazione della famiglia Fassi. Si laurea in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali coltivando l’interesse per la scrittura. Prima di seguire la passione di famiglia, gira il mondo ricoprendo diversi ruoli nel settore della ristorazione ed entrando in contatto con culture lontane. Cresciuto con il gelato nel sangue, ama applicare le sue esperienze di viaggiatore alla produzione di gusti rari e sperimentali che propone durante showcooking e corsi al Palazzo del Freddo. Ritorna al passato dando spazio al valore dell’intuito invece dei rigidi schemi matematici in cui spesso oggi è racchiuso il mondo del gelato. Combina la passione per il laboratorio con il controllo di gestione: è l’unico responsabile del Palazzo del Freddo in qualità di Amministratore Delegato e segue la produzione dei locali esteri in franchising dell’azienda. In costante aggiornamento, ha conseguito il Master del Sole 24 Ore in Food and Beverage Management. La passione per la lettura e la scrittura lo porta alla fondazione della Scuola di scrittura Genius nel 2019 insieme a Paolo Restuccia, Lucia Pappalardo, Luigi Annibaldi e ad altri editor e scrittori. Premiato al concorso “Bukowsky” per il racconto “La macchina del giovane Saleri”, riceve il primo premio al concorso “Esquilino” per il racconto “Osso di Seppia” e due menzioni speciali nei rispettivi concorsi “Premio città di Latina” e “Concorso Mario Berrino”. Il suo racconto “Quando smette di piovere”, dedicato alla compagna, viene scelto tra i migliori racconti al concorso “Michelangelo Buonarroti”. Ogni martedì segue la sua rubrica per la scuola Genius in cui propone racconti brevi, pagine scelte sui sensi e aneddoti dietro le materie prime di tutto il mondo. Per la testata “Il cielo Sopra Esquilino” segue la rubrica “Esquisito” e ha collaborato con il sito web “La cucina italiana” scrivendo di gelato. Docente Genius di scrittura sensoriale, organizza con gli altri insegnanti “Il gusto per le storie”, cena evento di degustazione di gelato in cui le portate si ispirano a libri e film.

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