“La promessa” di Damon Galgut (edizioni e/o)

Anno dopo anno, assistiamo a una caduta irreversibile nel panico e nella dissoluzione di tutti i protagonisti

Tutte le famiglie infelici rivendicano una loro, personale e privatissima infelicità, e la famiglia Swart, riprende il filo dell’incipit tolstojano in maniera perfetta.

Siamo nel Sud Africa alla fine del regime dell’aparhteid, ma i protagonisti ancora non sanno quanto le loro certezze siano sul punto di sbriciolarsi, quando tutto inizia con il funerale della moglie e madre dei ragazzi, Anton, Astrid e Amor (un ragazzo e due ragazze). Quello che viene messo in scena è un momento di estrema solitudine e mancanza di comunicazione. Rachel, la morta, che dopo il matrimonio con Manie, ha vissuto come una cristiana, vuole ritornare alla religione ebraica, e chiede un funerale ebraico, con la veglia e la shiva., suscitando le rimostranze, del tutto inutili, della famiglia di adozione e del pastore che seguiva la famiglia nel percorso religioso.

Nella rabbia sbigottita del marito, che ha avuto una specie di conversione al punto da lasciare le vecchie abitudini di ubriachezza e tradimenti, si inseriscono i sentimenti confusi dei figli: Anton, concepito per errore e causa di un matrimonio riparatore, lascia l’esercito dopo aver ucciso una donna di colore, nella quale ossessivamente rivede la madre; Astrid sta vivendo l’inizio di una relazione sessuale con un coetaneo diciassettenne, e la piccola Amor, 13 anni, ha l’imbarazzo di avere le prime mestruazioni al funerale della madre, senza nessun assorbente e nessuna comprensione da parte della sorella maggiore o della zia, che la rimproverano per il suo corpo inopportuno e disobbediente.

È proprio Amor a introdurre il terreno scabroso della promessa che lei asserisce di aver ascoltato fare al padre sul letto di morte della madre, di donare la casa alla loro governante di colore. Quando la ragazzina ribadisce agli adulti, in particolare al padre, il loro dovere di tenere fede alla promessa., si sente dare risposte vaghe, che, seppure non neghino l’evento, non danno seguito all’impegno, perché “tanto i neri non possono possedere beni immobili”.

Nel corso dei trent’anni successivi, dalla fine del regime dell’apartheid, alla perdita progressiva della loro ricchezza, gli Swart sono avvinti a quella promessa non mantenuta, che sembra quasi il motivo delle loro disgrazie. Disgregati, immobili nel loro non capirsi, ognuno vittima del proprio bisogno di gratificazione, tranne Amor, che caparbiamente insiste a rifiutare l’eredità paterna, e a scegliere un lavoro che la metta a completa disposizione degli altri. Nel lavare corpi Amor cerca riscatto al suo corpo troppo bello, seppure imperfetto a causa di un dito del piede mancante, e taglia ogni rapporto con i fratelli.

I tre si rivedranno a ogni funerale di famiglia che li allontanerà sempre di più, come sassi colpiti dalle onde, e sempre tra loro la mancata promessa di regalare la casa a Salomé, che continua, ostinata, a servirli con una sorta di rassegnata e caparbia dedizione.

Anche quando sarà possibile, per l’avvenuto cambiamento delle leggi che permettono alle persone di colore di essere proprietari di case e terreni, Amor vedrà eluse le sue rimostranze.

Anno dopo anno, assistiamo a una caduta irreversibile nel panico e nella dissoluzione di tutti i protagonisti, fino a che, chissà, l’ondata cosmica punitiva non si arresta. Tra loro il collante che li tiene uniti è una forma appiccicosa di rancore e bisogno, come capita nei nuclei familiari ristretti, le somiglianze fisiche corrose dal tempo, che lasciano il posto ai ricordi tumefatti dal giudizio.

Il primo giorno in cui hai sanguinato, il giorno in cui hanno seppellito Ma.

Che ci fai lì? La voce di Desirèe sale dal prato

Sto solo guardando il mondo, le urla Amor in risposta.

Sei pronta per andare?

Tra 5 minuti.

Arrivo. Si infila la camicia e allaccia i bottoni. Sentendosi di nuovo normale e forse meglio di prima. Lascia lì l’urna, inutile portarla con sé, e comincia a scendere dal tetto, passo dopo passo, qualunque cosa accadrà dopo.

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Marilena Votta

Marilena Votta nasce a Napoli e trascorre la sua infanzia e adolescenza in un luogo fatto di sole accecante e ombre altrettanto tenaci. Ha pubblicato le raccolte di racconti Equilibri sospesi, La ragazza di miele e altre storie (Progetto Cultura, 2016) e Diastema (Ensemble, 2020), e la raccolta di poesie Estate (Progetto Cultura, 2019). Il suo racconto “Fratello maggiore fratello minore” è stato pubblicato nell’antologia “Roma-Tuscolana”. Alcuni suoi racconti sono disponibili su varie riviste on line e cartacee. Nell’ottobre 2021 pubblica il suo primo romanzo, Stati di desiderio, con D editore. Del suo rapporto con la scrittura asserisce, convinta, che è il suo posto nel mondo. Scrive recensioni di libri che ama per "Dentro la lampada", la rivista della scuola Genius.

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