L’antilingua

Evitate in ogni modo la prosa burocratica, mi sa che già lo abbiamo detto da qualche parte, una delle peggiori insidie dello scrivere non solo narrativo.

Evitate in ogni modo la prosa burocratica, mi sa che già lo abbiamo detto da qualche parte, una delle peggiori insidie dello scrivere non solo narrativo. O meglio, usatela soltanto in modo satirico, ironico o per necessità di verosimiglianza realistica. Evitate di scrivere come il brigadiere: “essendosi recato e non essendo venuto a conoscenza dell’avvenuta effrazione…”, o come l’impiegato ministeriale: “stante le delimitazione cronologica dell’incarico…”. Non fatevi contagiare dal burocratese! Evitiamo i pesantissimi ablativi assoluti, “tenuta in considerazione la riorganizzazione in oggetto”. Evitiamo le perifrasi: “sono qui a ricordarle”…, “stante la situazione”, roba così. È facilissimo incappare in queste frasi che immediatamente connotano la nostra pagina, e rendono più faticosa la lettura. Già nel ‘65, scriveva Calvino in un famoso articolo su Il giorno, interrogandosi sullo stato dell’italiano, immaginando la scena seguente: un brigadiere davanti alla macchina per scrivere, pronto a trascrivere la dichiarazione di qualcuno, l’interrogato, che si trova al di là della scrivania. “Stamattina andavo in cantina ad accendere la stufa e ho trovato tutti quei fiaschi di vino dietro la cesta del carbone. Ne ho preso uno per bermelo a cena. Non ne sapevo niente che la bottiglieria di sopra era stata scassinata. Impassibile, “ – scrive Calvino nella sua parodia, –  il brigadiere batte veloce sui tasti la sua fedele trascrizione: “Il sottoscritto essendosi recato nelle prime ore antimeridiana nei locali dello scantinato per eseguire l’avviamento dell’impianto termico, dichiara d’essere casualmente incorso nel rinvenimento di un quantitativo di prodotti vinicoli, situati in posizione retrostante…, e così via fino a, “non essendo a conoscenza dell’avvenuta effrazione dell’esercizio soprastante.”.

“Ogni giorno, – scriveva Calvino, – soprattutto da cent’anni a questa parte, per un processo ormai automatico centinaia di migliaia di nostri concittadini traducono mentalmente con la velocità di macchine elettroniche la lingua italiana in un’antilingua inesistente; avvocati e funzionari, gabinetti ministeriali e consigli d’amministrazione redazioni di giornali e telegiornali, scrivono parlano pensano nell’antilingua…”

E così concludeva, con molta serietà/severità lo scrittore torinese: “chi parla l’antilingua ha sempre paura di mostrare familiarità e interesse per le cose di cui parla. La motivazione psicologica dell’antilingua è la mancanza di un vero rapporto con la vita, ossia in fondo l’odio per se stessi. Dove trionfa l’antilingua – l’italiano di chi non sa dire “ho fatto”, ma deve dire “ho effettuato” – la lingua viene uccisa”.

E oggi, esiste ancora l’antilingua? Fate qualche esempio di antilingua odierna, magari traendo spunto dalla vostra esperienza di lavoro. Alla prossima! 

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Andrea Carraro

Andrea Carraro, scrittore, nasce a Roma. Se avesse ricevuto un euro ogni volta che sui media hanno usato il termine “il branco” per parlare di uno stupro di gruppo, citando il titolo del suo romanzo più noto, oggi sarebbe ricco. Invece è “solo” uno scrittore tra i più bravi. Romanziere, autore di racconti e di poesie, nasce a Roma nel 1959. Ha pubblicato i romanzi: A denti stretti (Gremese, 1990), Il branco (Theoria, 1994), diventato un film di Marco Risi, L’erba cattiva (Giunti, 1996), La ragione del più forte (Feltrinelli, 1999), Non c’è più tempo (Rizzoli, 2002) (Premio Mondello), Il sorcio (Gaffi, 2007), Come fratelli (Melville, 2013), Sacrificio (Castelvecchi, 2017) e le poesie narrative Questioni private (Marco Saya, 2013). Ha pubblicato anche due raccolte di racconti, confluite nel volume Tutti i racconti (Melville, 2017). I suoi giudizi critici, sensibili ma affilati quando serve, lo rendono un lettore del cui parere fidarsi con tranquillità.

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