“Mare aperto” di Caleb Azumah Nelson (Blu Atlantide)

I protagonisti del romanzo sono identificati in base ai loro lavori creativi, lei ballerina, lui fotografo. Sono Neri. Sono giovani

Quando ci innamoriamo siamo in mare aperto. È questa la potente metafora che ritorna nel romanzo di Caleb Nelson. Il mare aperto è una minaccia, un’offesa alla sicurezza, richiede una continua attenzione vigile per non soccombere. E per sopravvivere dobbiamo aggrapparci a chi è in mare aperto con noi.

I protagonisti del romanzo non hanno nome, sono identificati in base ai loro lavori creativi, lei ballerina, lui fotografo. Sono Neri. Sono giovani. Si incontrano a Londra in un pub d’inverno. E subito, tra sguardi di chiaro interesse e malizia, tra loro scatta una scintilla, un riconoscimento. Ognuno vede sé stesso, o le parti remote di sé stesso negli occhi dell’altro. Quello che c’è tra loro fa ammutolire chiunque gli stia intorno.

Le cose importanti ovviamente non sono facili, perché lei è la ragazza dell’amico di lui, e la lealtà li spinge ad essere solo amici. Il bisogno di sentirsi, di parlare ore, di mandarsi brani musicali, di toccarsi per sbaglio. I gesti frettolosi e sbadati di una mano che sfiora un ginocchio.

Percorrono le strade di Londra in senso trasversale e parallelo, si cercano e attraverso la luce che li segue in maniera materica, si dipana la loro storia. Che per un certo tempo sarà fatta di attrazione evidente e taciuta.

Anche dopo che lei ha lasciato Samuel, decideranno di restare amici, nella sonnecchiante terra grigia del piacere atteso e sperato di là da venire.

Tra le foto che il ragazzo scatta emerge la consapevolezza di corpi neri maltrattati e disturbati e uccisi dalla polizia. Sente che il Corpo di un NERO non è mai davvero libero. È qualcosa di cui puoi essere privato perché ti trovi al posto sbagliato, perché se cercano un nero e ti trovano tu diventi il sospettato, anche in presenza di indicazioni diverse. Non importa, perché non ti vedono. Credono di sapere cose su di te, cose da urlare e raccontare. Ma non ti vedono.

Essere neri in un paese di bianchi è un fardello. Senti sempre di non essere come quelli che non vengono mai perquisiti, fermati, aggrediti da chi, in teoria, dovrebbe proteggerli. E hai paura.

E la paura di avere una storia ti disancora dalle difese, sei esposto, nudo, alla paura di perdere te stesso e le corazze che ti proteggono. Quando ti fermano sii liquido, viscido, invisibile, unseen. L’amore non te lo permette. Perché quando ti tocca dà consistenza al tuo corpo e al desiderio inesploso.

Quando la storia inizia iniziano anche le fughe e il nascondersi. Lui assiste a un omicidio e comincia a temere, che possa capitare a lei, o a altri che conosce.

Vorresti essere tu antiproiettile. Vorresti credere che gli spari non possano perforarti. Vorresti sentirti al sicuro.

La primavera e poi l’estate e poi l’autunno li vede cercarsi tra Londra e Dublino, città dove lei studia, in un crescendo di rivelazioni della loro natura più oscura. Perché quando qualcuno ci ama succede che veda le parti nascoste di noi.

Lui sente il senso di dissoluzione, sente il dolore degli altri che gli precipita addosso come pioggia improvvisa. Vede i loro corpi ripiegarsi disarticolati nella fuga, nel bisogno di salvezza. Vede che non c’è possibilità di salvarsi dalla morte.

Eppure, prima di morire siamo vivi.

La tecnica narrativa e la prosa liquida e profonda di questo romanzo sono geniali, è scritto tutto in seconda persona, da un io segreto che osserva lui, come se stesse guardando attraverso uno specchio, le mani lucide, gli occhi asciutti di uno spettatore. Ed è in quel tu, quella seconda persona che emerge in maniera potente, la partecipazione emotiva. Perché è quella finta distanza che rende più acuto il dolore.

È più facile nasconderti nella tua oscurità che non emergere, nudo e vulnerabile, abbagliato dalla tua stessa luce. Persino qui in piena luce ti stai nascondendo. Lei ha ragione su tutto quello che ha detto. Questo era un posto nel quale potevi essere sincero. Questo era un posto nel quale potevi essere te stesso. Vorresti avere le parole, no, vorresti avere il coraggio, di risalire dall’abisso in cui sei caduto ma adesso ti manca. La vedi mentre osserva la tua lotta interiore. I suoi lineamenti si inteneriscono. Si avvicina a te e tu fai un passo indietro. Ti senti sporco della tua pesantezza e paura e non vuoi macchiarla. C’è una differenza tra essere guardati ed essere visti. Ora ti vede, vede quello che le viene presentato. Si allontana da te. Tu resti lì, bloccato, e ti nascondi in piena luce.

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Marilena Votta

Marilena Votta nasce a Napoli e trascorre la sua infanzia e adolescenza in un luogo fatto di sole accecante e ombre altrettanto tenaci. Ha pubblicato le raccolte di racconti Equilibri sospesi, La ragazza di miele e altre storie (Progetto Cultura, 2016) e Diastema (Ensemble, 2020), e la raccolta di poesie Estate (Progetto Cultura, 2019). Il suo racconto “Fratello maggiore fratello minore” è stato pubblicato nell’antologia “Roma-Tuscolana”. Alcuni suoi racconti sono disponibili su varie riviste on line e cartacee. Nell’ottobre 2021 pubblica il suo primo romanzo, Stati di desiderio, con D editore. Del suo rapporto con la scrittura asserisce, convinta, che è il suo posto nel mondo. Scrive recensioni di libri che ama per "Dentro la lampada", la rivista della scuola Genius.

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