“Il libro di X” di Sarah Rose Etter (Pidgin editore)

Una bolla deformata di luoghi incubo, vissuti come normali. La famiglia di Cassie si guadagna da vivere estraendo carne rossa da una miniera

Un libro che tira fuori paure e desideri. Il modo di guardare il mondo di una ragazza con una strana deformità. Cassie è nata con lo stomaco chiuso in un nodo, un’escrescenza evidente che le fa gonfiare i vestiti e la mette in imbarazzo quando le chiedono se quel turgore che si intravede sulla pancia è un futuro bambino.

Cassie è nata con lo stomaco annodato come sua madre e sua nonna, una trasmissibilità genetica di dolore e rabbia. Questa diversità capita solo al lato femminile, i maschi hanno lo stomaco liscio e morbido, senza pieghe, come tutti. Il fratello infatti è un ragazzo fisicamente intatto, che tenta, a suo modo, di vivere aiutando il padre ad estrarre carne dalla Cava.

Già perché ci troviamo in una bolla deformata di luoghi incubo, vissuti come normali, e la famiglia di Cassie si guadagna da vivere estraendo carne rossa, succosa e scintillante, da una miniera e poi venduta al mercato all’ingrosso, in maniera non dissimile da qualsiasi altra merce.

Il rapporto di Cassie con la madre è molto ambivalente, la madre la tocca pochissimo, in un rifiuto quasi inconscio della sua stessa deformità che si replica nel corpo infantile e adolescente della figlia, associato a contrazioni dolorosissime dello stomaco che, durante la crescita, si strozza sempre di più. Molto più affettuoso e sereno quello con il padre, che accetta la diversità della figlia come, a suo tempo, ha accettato la moglie, senza mettersi in competizione o sentirsi amareggiato per una figlia diversa, sulla quale si catalizza l’attenzione dei media.

I coetanei la evitano con una compassione condiscendente, o la bullizzano, e i suoi unici legami con ragazzi della sua età comprendono Sofia, bella e corteggiata, che comincia a baciare i ragazzi per vincere la noia, e Jared, che la desidera nel modo potente in cui siamo attratti in privato da quello che condanniamo in pubblico.

Il corpo che abbiamo è una realtà irrinunciabile, alla quale non possiamo sottrarci, e se anche ci riuscissimo, lo sguardo degli altri non può essere ingannato, e finisce con il restituirci, intatta, l’immagine del nostro essere terribilmente inadatti e imperfetti.

Cassie mi è entrata nel cuore da subito, anche se non è esattamente buona, ma è talmente determinata a vivere da ricordarmi la mia caparbietà di bambina. Cassie mi somiglia nella disperante arsura di tenerezza, d’amore, nel bisogno di accettazione del suo corpo da parte di Jared, e nel modo altrettanto rapido in cui si libera di questo desiderio, come una buccia, una pellicola che non serve più.

Tutto il libro è pervaso da immagini lucide di pezzi di carne staccata, braccia rese rosse dal sangue, nervature argentee sulle pareti della Cava, l’odore stantio della carne prima di essere staccata e raccolta nei secchi. Ogni emozione e sentimento di Cassie viene narrato dal suo sguardo immaginifico, potente, lei che non smette mai di desiderare di essere soltanto normale, accettata.

Sarah Rose Etter scrive con una prosa lirica, evocativa, alla quale non è possibile rimanere indifferenti, e che, anzi, ti cattura, e ti porta in un mondo altro, che abiti per il tempo della lettura e oltre.

Un universo surreale, appena più in là del nostro, dove la ferocia nei confronti della diversità è esattamente la stessa. Immutata. Siamo messi ben oltre che a nudo: veniamo spolpati con dei cucchiai che somigliano ai bracci meccanici di un’escavatrice.

La sua mano trova la mia gamba e la stringe. Lascio che accada, voglio che accada, inseguo quella sensazione insieme a lui, fuori nella notte, poi nel mio appartamento.

Nella luce fioca della piccola cucina, lui appoggia le mani sulle mie spalle. Tengo la mia bocca su di lui. Ha un sapore tagliente.

“Hai un odore bellissimo, dice nella mia pelle, nella mia spalla. Le sue mani scivolano giù per le mie braccia, poi sulla mia vita.

“Cos…? Chiede. Le sue dita hanno trovato il nodo.

“Che diavolo è?” Chiede, con le dita che scavano nel nodo.

“Oh è solo… sono nata così”.

“Il tuo corpo è un nodo?”

“Beh, solo… la mia pancia… sì”.

Faccio qualche passo indietro e sollevo lentamente il vestito, finché i suoi occhi non sono in grado di assorbirlo tutto, il mio corpo contorto.

“Ascolta sei fantastica… ma io non… non penso di poterlo fare…”

Una successione di suoni: porte che si aprono e si chiudono, il motore dell’auto che parte, poi di nuovo il silenzio, sempre soltanto silenzio per me.

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Marilena Votta

Marilena Votta nasce a Napoli e trascorre la sua infanzia e adolescenza in un luogo fatto di sole accecante e ombre altrettanto tenaci. Ha pubblicato le raccolte di racconti Equilibri sospesi, La ragazza di miele e altre storie (Progetto Cultura, 2016) e Diastema (Ensemble, 2020), e la raccolta di poesie Estate (Progetto Cultura, 2019). Il suo racconto “Fratello maggiore fratello minore” è stato pubblicato nell’antologia “Roma-Tuscolana”. Alcuni suoi racconti sono disponibili su varie riviste on line e cartacee. Nell’ottobre 2021 pubblica il suo primo romanzo, Stati di desiderio, con D editore. Del suo rapporto con la scrittura asserisce, convinta, che è il suo posto nel mondo. Scrive recensioni di libri che ama per "Dentro la lampada", la rivista della scuola Genius.

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