La pietas

E se il personaggio in questione è un cattivo, se è addirittura “spregevole”? Lo dobbiamo trattare lo stesso con pietas, con compassione?

Oggi ho voglia di parlarvi della pietas. Sapete cosa sia la pietas immagino. Ricordiamolo un momento. Pietas è una parola latina. Pietas era, nel complesso della religione romana, una divinità preposta al compimento del proprio dovere nei confronti dello Stato, delle divinità e della famiglia. Oggi la pietas è il sentimento di chi ha compassione e partecipa al dolore altrui. Per uno scrittore (per un drammaturgo, per un regista) la pietas è la capacità di immedesimazione, l’empatia che si prova verso un certo personaggio. E se il personaggio in questione è un cattivo, se è addirittura “spregevole”? Lo dobbiamo trattare lo stesso con pietas, con compassione? Voi che ne pensate? Secondo me sì, bisogna cercare la pietas anche per i personaggi più spregevoli, almeno fino a un certo punto. Non è che dobbiamo farne dei santini, ma degli uomini reali. Tutti i personaggi devono avere un minimo garantito di pietas io credo, anche i peggiori, i più spietati. Perché altrimenti chi legge non “crederà” alla loro esistenza, semplicemente, e si disinteresserà al loro destino, e magari a tutto il nostro libro, dicendo fra sé frasi del tipo: mhm questi personaggi sono fasulli, quel cattivo è una macchietta, questa storia non ingrana! E tale regola direi che vale anche fuori da un ambito strettamente realistico. I cattivi più interessanti, indipendente se siano protagonisti o antagonisti della storia, sono quelli che contraddicono almeno in parte gli stereotipi fisici e psicologici sulla figura del cattivo, hanno dei punti deboli che non ti aspetti, magari sono affascinanti e dotati di humour, e magari si muovono al confine fra bene e male. Come Humphrey Bogart in Ore disperate di William Wyler, nei panni del capo di una banda di spietati gangster appena evasi di prigione che tiene in ostaggio nella loro casa una famigliola indifesa con 2 bambini. Ecco, quello è un modello di cattivo esemplare, indimenticabile. Un film bellissimo, che ha avuto anche remake altrettanto bello di Micheal Cimino negli anni 90 con Mickey Rourke e Anthony Hopkins. Vedeteli!

E ora l’esercizio… Bene, vedetevi il film che vi ho detto. Uno dei due. E fatene una breve recensione, o una sinossi. Alla prossima!

Condividi su Facebook

Andrea Carraro

Andrea Carraro, scrittore, nasce a Roma. Se avesse ricevuto un euro ogni volta che sui media hanno usato il termine “il branco” per parlare di uno stupro di gruppo, citando il titolo del suo romanzo più noto, oggi sarebbe ricco. Invece è “solo” uno scrittore tra i più bravi. Romanziere, autore di racconti e di poesie, nasce a Roma nel 1959. Ha pubblicato i romanzi: A denti stretti (Gremese, 1990), Il branco (Theoria, 1994), diventato un film di Marco Risi, L’erba cattiva (Giunti, 1996), La ragione del più forte (Feltrinelli, 1999), Non c’è più tempo (Rizzoli, 2002) (Premio Mondello), Il sorcio (Gaffi, 2007), Come fratelli (Melville, 2013), Sacrificio (Castelvecchi, 2017) e le poesie narrative Questioni private (Marco Saya, 2013). Ha pubblicato anche due raccolte di racconti, confluite nel volume Tutti i racconti (Melville, 2017). I suoi giudizi critici, sensibili ma affilati quando serve, lo rendono un lettore del cui parere fidarsi con tranquillità.

Tag

Potrebbe piacerti anche...

Dentro la lampada

Il tocco

“Le dico mamma non toccarmi. Niente. Che fastidio ti dà? mi dice”. E con le mani continua a scavare nella carne del figlio.

Leggi Tutto
Apri la chat
Dubbi? Chatta con noi
Ciao! Scrivimi un messaggio per dirmi come posso aiutarti :)