Quando Malia e Augie, filippini hawaiani, concepiscono il loro secondo figlio, Nainoa, succede qualcosa di inquietante e bellissimo sulla costa dov’è parcheggiato il loro pick up: gli spiriti camminano con le loro luci, incandescenti nel chiarore soffuso di mezza sera, in file ordinate e disciplinate, simboleggiando l’unione dei vivi e di quelli che non respirano più. Malia non dimentica quella visione, convinta che sia una sorta di annuncio per quella che sarà la vita di Nainoa, detto Noa.
Le difficoltà economiche dovute alla chiusura dei campi di canna da zucchero, costringono i genitori e i loro tre figli, (oltre a Noa, ci sono Dean, il figlio maggiore, e la piccola Kaui) a trovare lavoro in un’altra isola. E durante quel viaggio in nave Noa cade in acque infestati dagli squali. Tra l’incredulità di tutti i presenti, sbigottiti, sconvolti, accade un prodigio: gli squali lo accerchiano e lo sospingono verso la nave, i loro musi argentati attenti a non procuragli graffi o lesioni.
Del salvataggio miracoloso di Nainoa si parlerà a lungo, e da quel momento il dono del bambino prenderà forma concreta. Nainoa è un Kahuna, un saggio, uno sciamano, un essere in grado di fondersi con gli spiriti e di sentire i richiami della vita in persone danneggiate o malate. Quando ha 10 anni, a seguito dello scoppio di un petardo, un amico di Dean si maciulla la mano e Nainoa sente il desiderio delle articolazioni, del sangue coagulato, di tornare a posto. La mano guarisce e la vita di Nainoa e della sua famiglia rimane marchiata come la famiglia di un guaritore. Malati di cancro, persone oppresse da infortuni sul lavoro, arrivano a frotte e fatte attendere dietro le tende in attesa del loro turno, i soldi offerti in cambio della guarigione accettati con serenità dalla madre, Malia, perché la famiglia è sempre in bilico dal punto di vista economico.
Se essere madre di un prodigio è relativamente facile, essere il fratello e la sorella di un kahuna, per Dean e Kaui non lo è affatto. Sempre in competizione per l’ammirazione dei genitori, e uniti come le dita della mano, i tre ragazzi andranno, con estremi sacrifici, a studiare in America.
Dean è una stella del basket, eppure, il talento delle Hawaii non lo seguirà negli Stati Uniti, e a fronte di una perdita di tono muscolare e di tocco magico, verrà messo in panchina fino a perdere la borsa di studio legata ai meriti sportivi e finisce a lavorare come facchino.
Kaui studia ingegneria in un mondo tradizionalmente maschile, e vive i tipici eccessi di una studentessa improvvisamente libera in un vortice di feste, alcool e amicizie ferree. Il suo sfogo è l’arrampicata con due ragazze e un ragazzo, Huo, Katarina, e Van. L’audacia fisica ed emotiva richiesta nel mantenere il controllo del corpo aiuta Kaui a nascondere l’attrazione profonda e l’amore che prova per la sua amica Van. Ma non riesce a trattenersi quando Van si sente male e in bagno, esausta, sudata e leggermente ubriaca, la bacia. Il momento magico del riconoscimento è ricambiato, e sfocia in un rapporto intenso durante una notte in campeggio. Ma Van è spaventata da un’identità sessuale diversa da quella rassicurante in cui si sente protetta e accettata dal mondo.
Tutto precipita con la consistenza di un bicchiere che si infrange quando Nainoa, dopo aver sperimentato il richiamo alla vita su malati e moribondi, in un’ambulanza perde una donna incinta e la sua bambina. Non si sa, se, affidandosi ai medici e senza perdere tempo, almeno la bambina si sarebbe salvata. La luce che Naiona sentiva sembra aver esaurito il suo sgorgare semplice e docile, come acqua da un rubinetto quando il flusso si chiude.
La frattura della sua anima e del suo corpo è totale e obnubilante, il senso di colpa lo deprime al punto da fargli rinunciare al lavoro e alla sua quotidianità, e nel baratro dell’isolamento neanche l’amore di Kadeja riesce a tirarlo fuori.
Desiderando capire chi è e che senso ha il suo dono, che talvolta è una condanna, Nainoa torna a casa alle Hawaii, e si incammina nella foresta deciso a capire il mistero della sua vita.
Il filo potente che tiene insieme la famiglia richiama anche Dean e Kaui alle Hawaii, alla ricerca del loro passato e del loro confronto con l’eccezionalità di Nainoa. I legami e la loro fragilità svelano la deriva familiare che ognuno di loro, separatamente, mostra di fronte a un evento doloroso. L’eccezionalità è una condanna, una forma di fragilità difficile da comunicare al mondo delle persone normali, quelli non toccati da un dono così assorbente. Questo dono non si può rifiutare, allo stesso modo in cui non si può rinunciare al colore degli occhi o della pelle, e tutto quello che si fa per sfuggirgli o dimenticarlo riporta tutti al punto esatto dal quale sono partiti. L’acqua azzurra e scintillante piena di pinne di squalo.
Dalle voci narranti dei protagonisti ascoltiamo la dissoluzione e il ricomporsi di vite normali, unite al richiamo inconoscibile degli Spiriti, che aleggiano, invisibili, nella terra dei vivi.
Una scrittura potente e lirica che rimane a lungo dentro, parole che galleggiano nel legame tra scrittore e lettore.
Quando chiudo gli occhi siamo ancora tutti vivi e allora diventa ovvio cosa vogliono da noi gli dei. La leggenda che raccontano nella nostra famiglia potrà anche cominciare in quella giornata liquida e azzurra al largo di Kona con gli squali, ma io so che non è così. Abbiamo cominciato prima. Tu hai cominciato prima. Il regno delle Hawaii era stato disrutto da tempo-il respiro delle foreste pluviali e il canto delle verdi rocce sottomarine schiacciati sotto i pugni degli haole, resort sulla spiaggia e grattacieli-ed era stato allora che la terra aveva iniziato a chiamare. Adesso questo lo so grazie a te. Nei nostri primi giorni ho visto un’infinità di segni, ma non ci ho creduto. Il primo è arrivato mentre io e tuo padre eravamo nudi sul suo pick-up nella valle di Waipi’o, e abbiamo visto gli spiriti marciare nella notte.
La marcia notturna degli spiriti: tu eri stato concepito quella sera, e per tutti i tuoi primi anni di vita successero cose anche più strane.