“L’incendiario” di Jan Carson (Giulio Perrone Editore)

Cresciuti con storie fiabesche, che potrebbero essere reali, e poi i veri mostri fatti di carne e sangue

In principio fu la parola. Ricordando il sacro potere delle parole, che sono salvezza e dolore insieme, inizia il percorso emotivo attorno al quale ruota il mondo racchiuso in queste pagine.

Nella città di Belfast, ancora e sempre terra di confine, in bilico tra militanti dell’IRA e gruppi paramilitari lealisti, 12 anni dopo i troubles, la lotta armata tra i cattolici e i protestanti, esplode una guerra sotterranea, una serie di incendi devastano la città, invocando, da parte del misterioso autore, le libertà civili infrante e calpestate alla fine dei disordini tra le parti avverse, che vede, dal punto di vista dell’incendidario, soccombere i veri cittadini (i protestanti) di Belfast.

Belfast è frantumata e ferita, è una città piccola, avvilita da una persistente nebbiolina invernale, come tutte le città del nord Europa, con improvvisi sprazzi di sole. Un posto in cui nessun turista verrebbe per cercare divertimento  e relax.

Jonathan è un ragazzo isolato e solo, frutto di un errore dei genitori, due affermati professionisti che non gli nascondono di essere stati oltremodo infastiditi dal suo arrivo, e che scappano in Nuova Zelanda appena la legge gli consente di non essere accusati di abbandono di minore, lasciandogli una macchina, soldi e una casa. Poche telefonate del tutto formali, annoiate e noiose.

L’unico contatto che Jonathan sfiora sono le mani e la bocca di una ragazza, reclutata insieme a lui in un programma di attrazione turistica. I due devono fingere di stare insieme per mostrare al mondo che Belfast è una città sicura e serena, dove si può venire senza timore. Purtoppo per Jonathan, la ragazza è fidanzata sul serio e dichiara con serenità che quel bacio è stato un modo più intenso di recitare, e che i soldi ottenuti serviranno a lei e al ragazzo per andare in vacanza.

Il goffo tentativo di Jonathan di baciarla di nuovo provoca una reazione rabbiosa, ed è allora che lui capisce di non essere capace di toccare nessuno con gentilezza, di essere manchevole di collante umano, nonostante abbia deciso di fare il medico. Un medico burbero e incapace di vera empatia, ansioso di portare a termine il compito, in un ambulatorio pubblico, di compilare ricette rassicuranti, nell’attesa di dare un nome ai sintomi, che, i pazienti, supplicanti, portano alla sua attenzione. Mi dica che cos’ho dottore, mi faccia guarire dottore, non sarà quella parola impronunciabile dottore….

Samuel invece è un tassista che ha tentato di dimenticare di aver partecipato attivamente ai pestaggi contro i cattolici, sepolto sotto le dolci ambizioni di una vita borghese, un matrimonio un po’ logoro come lenzuola sottoposte a troppi lavaggi, 3 figli belli e simpatici. Anzi no, due simpatici, uno, il maggiore, Mark, scontroso e strano, dagli occhi freddi, che vive ancora con i genitori, in mansarda, e che sembra depresso. Samuel intuisce che Mark nasconde qualcosa, e comincia ad aver paura di avergli trasmesso il suo temperamento violento, memore della crudeltà che il figlio dimostrava da bambino con i fratelli e con tutte le cose vive che toccava.

Entrambi, Jonathan e Samuel, sono, in posti diversi di Belfast, alle prese con le angosce della paternità, Samuel per Mark e Jonathan per la piccola Sophie, una bambina che lui crede di aver concepito con una sirena, una ragazza con cui ha fatto sesso per alcune settimane. La ragazza è comparsa in maniera misteriosa, senza un vero nome o un passato, e ha trascorso l’intera durata della gravidanza immersa nella vasca da bagno, e, dopo aver partorito, è scomparsa. La presunta sirena gli rivela però che è il suo canto e quello di creature come lei a determinare disastri, naufragi, e lutti sulla terra. E quindi c’è la possibilità che la prima parola che Sophie pronuncerà provocherà distruzione e dolore. Sconvolto da questa possibilità Jonathan cerca di impedire a Sophie di ascoltare musica o tv o suoni umani, le trova una tata sordomuta e medita su cosa dovrà fare come padre per salvare il mondo dalla voce della figlia.

Queste giornate angoscianti ma non prive di un’insolita armonia sono interrotte dalla visita in ambulatorio di una bambina con un polso rotto, e che Jonathan, visitandola, scopre possedere un paio di ali,  o almeno cartilagini ossee prolungate che sembrano ali. La piccola gli rivela che esistono creature appartenenti a un altro mondo, che vivono a Belfast, pur nati da genitori normali. Ci sono vampiri diurni e ragazzini che nascono con le rotelle al posto dei piedi, ragazzi che con lo sguardo possono far crollare a terra palazzi, piccoli che vanno difesi dallo sguardo indagatore del mondo.  Insomma la  neonata figlia di Jonathan, Sophie, potrebbe non essere sola in questo posto abitato da bambini a metà tra la magia e la follia, come nelle tradizioni del realismo magico irlandese.

Quando Samuel, sconvolto dagli incubi frammisti ai ricordi del suo passato, cerca un dottore che gli dia ascolto e sollievo trova Jonathan, che capisce di trovarsi di fronte a qualcuno che ha notizie sugli incendi.

Quanto c’è di fragile in quest’umanità alla quale apparteniamo, cresciuti con storie fiabesche, che potrebbero essere reali, e poi i veri mostri fatti di carne e sangue, del tutto indistinguibili e mischiati alla folla, è narrato con sapiente maestria in queste pagine. Quello che non dobbiamo mai dimenticare è che il pericolo non è mai dove ce lo aspettiamo, e che spesso, chi amiamo ci elude perché sa di avere il potere di farlo.

Già prima di te ero spaventato. Le mie paure erano sparpagliate in varie stanze con le porte chiuse, e quando passavo dall’una all’altra fingevo di non vedere il disordine accumularsi. Dopo il tuo arrivo non c’è più stato niente a separare l’una dall’altra. Tutte le paure si sono riversate l’una nell’altra come pozzanghere che si allargano sotto la pioggia, finché tra le mani non mi sono ritrovato un lago. Un lago senza fondo, di cui non si vedevano le sponde. Stavo annegando.

Aspetterò, sempre controllandoti la bocca.

La tua bocca è dove il mondo avrà inizio oppure fine.

Questa è Belfast. Questa non è Belfast.

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Marilena Votta

Marilena Votta nasce a Napoli e trascorre la sua infanzia e adolescenza in un luogo fatto di sole accecante e ombre altrettanto tenaci. Ha pubblicato le raccolte di racconti Equilibri sospesi, La ragazza di miele e altre storie (Progetto Cultura, 2016) e Diastema (Ensemble, 2020), e la raccolta di poesie Estate (Progetto Cultura, 2019). Il suo racconto “Fratello maggiore fratello minore” è stato pubblicato nell’antologia “Roma-Tuscolana”. Alcuni suoi racconti sono disponibili su varie riviste on line e cartacee. Nell’ottobre 2021 pubblica il suo primo romanzo, Stati di desiderio, con D editore. Del suo rapporto con la scrittura asserisce, convinta, che è il suo posto nel mondo. Scrive recensioni di libri che ama per "Dentro la lampada", la rivista della scuola Genius.

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