Lo senti, non sai come comportarti perché è pieno di gente. Mica puoi soddisfare un raptus del genere davanti a tutti. La camicia ha aloni umidi, ti mordi le labbra e il sudore ti scivola sulla schiena. Devi aspettare, reprimere.
Con la mano ti aggiusti i pantaloni, più che un respiro il tuo è il grugnito di un maiale, tutto attesa e nervosismo. Ma per avere un attimo di godimento devi aspettare quel po’ di privacy che meriti; non puoi tirarlo fuori così, davanti a tutti. Anche se lo vorresti sbandierare fiero senza pudore.
Lo senti da dentro le tasche, è lì, sempre lì pronto, duro come il metallo.
Lei fa un altro passo. Torna da te. In meno di un minuto potrai silenziare quel ruggito bramoso di piacere. La guardi corposa che si avvicina.
Pensi di essere malato. Sei malato. Lo sai che hai un problema, lo sai che ti piace sempre allo stesso modo e sai che non farai nulla per evitarlo e sai che a lei va bene così, deve andare bene così.
La maglietta bagnata preme sulla tua schiena quando lei allunga la mano, un brivido corre sulle braccia; sorridi, lo tiri fuori.
Il cucchiaio d’oro bianco con le tue iniziali luccica nella grande sala, riflette il fondo rosso dei tuoi occhi. Prendi la coppa, la trafiggi, la consumi, il cucchiaio vigoroso è ora umido di gelato, lo lecchi, la giovane banchista ride, distendete i muscoli.
Ti dilegui in un angolo, l’attesa del piacere è essa stessa il piacere. Subito ti punge un’eco di frustrazione mentre la tua coppa di zuppa inglese scivola giù in gola e ne desideri un’altra con tutto te stesso.