C’è qualcosa che tiene ancorato il lettore a questa storia, fino alla fine, ed è la speranza. La speranza che la vita disfatta del protagonista, Henry, trovi finalmente quelle che si chiamano seconde o terze occasioni.
È una vita interrotta la sua, quella di un ragazzo qualunque, americano di seconda generazione, guardato ancora come uno straniero, uno che è destinato a restare ai margini. Lo stigma dell’indebitamento del padre, che ha cercato di pagare le spese mediche della moglie, e della sua caduta, sono la causa, comune a molte persone nella sua situazione, di un fallimento economico e personale.
Quando a Henry capita l’occasione di fare soldi facili la vita per un po’ diventa una specie di videogioco, insieme alla compagna Michelle e al loro bambino neonato, fino al momento in cui, insieme al suo amico Al, viene fermato dalla polizia durante un banale controllo e arrestato per possesso di droga. Gli viene offerto uno sconto di pena in cambio della testimonianza contro Al, e il fatto stesso di accettare è il suo tradimento verso la giovinezza e le strade di possibilità che credeva di avere. Quando finisce di scontare la pena l’acidità dell’anima e il senso di disfatta si trasformano in frustrazione e violenza.
Preso dal desiderio di riscatto, dopo aver perso la casa mobile per morosità, Henry si mette in viaggio con il figlio di 8 anni, Junior, alla ricerca vaga e nebulosa di un posto migliore.
Ma l’America non è una terra di Abbondanza, non c’è solidarietà umana abbastanza salda, quando chiedi aiuto ti viene opposto il bieco rispetto di regole insensate il cui valore dovrebbe essere ridiscusso ogni volta che i parametri di esigibilità e ragionevolezza crollano.
Il viaggio è su molteplici piani temporali e i titoli dei capitoli sono i soldi che Henry possiede, in un’alternanza spasmodica tra somme elevate e pochi spiccioli. La tenerezza stupefacente di un padre che non trova le parole né i gesti adatti a far capire al suo bambino che lo ama, dove il piccolo vede solo brutalità e squallore.
Henry non è innocente, come non lo è nessuno di noi, quando ci viene negata un’istruzione adeguata, accesso gratuito alle cure mediche, e possibilità di accedere a un impiego. Non possiamo avere il lusso di essere innocenti quando abbiamo pochi spiccioli e dipendiamo dal capriccio di sconosciuti, mentre la pioggia gelida ci si infila nelle pieghe del collo e ci fa sentire umidi e senza risorse.
Vivere in un paese in cui la bolla illusoria del benessere collettivo è solo per alcune categorie di persone, preferibilmente bianche e di origine anglofone, non è un particolare di poco conto. Nel suo viaggio tenero e folle, Henry vuole ricreare, insieme al lettore, la speranza che esista una nicchia, uno spiraglio di possibilità per chi è nato dal lato più in ombra della strada. La domanda che mi pongo è quanta parte di responsabilità ha un mondo che lascia che i suoi figli vadano alla deriva, allo sbaraglio senza, pur potendo, offrirgli una possibilità? Il senso di abbandono, di pericolo, dove il pericolo non è eccitante, né liberatorio né poetico ma solo tragico, permane per tutto il romanzo, e la terra magica dell’Abbondanza mette in scena, pezzo a pezzo, l’orrore umano di cui è capace.
“È rosa femminuccia. Troppo sgargiante per essere il sapone del bagno di un McDonald’s. Comunque un colore sbagliato, oggi come otto anni fa. Michelle era sicura che il ragazzino che adesso lo aspettava all’esterno sarebbe stato una femmina. Talmente sicura che aveva regalato a Henry un sigaro con un nastro rosa, subito prima di trascinarsi fuori dal furgone e sdraiarsi su una barella.
I pensieri di Henry vanno a ritroso, fanno un inventario il cui risultato è una beffa. Ha consumato quasi quattro litri di benzina per arrivare a questo McDonald’s attraversando tre città, a est della scuola elementare del figlio. Non solo per l’area giochi, ma perché di fronte non c’è una fermata dell’autobus. Non c’è il tastierino su cui digitare un codice per andare in bagno. È uno dei posti più carini, anche se qui dentro un certo squallore di passaggio ha lasciato qualche macchia. Specchi interamente sfigurati da numeri di telefono, da iniziali, da vaffanculo. Proprio al centro un unico messaggio d’incoraggiamento, scritto con grafia irregolare, recita Andrà meglio”.