Quanto dura l’arco di luce creato dal talento musicale? Hit parade, vendite, tournée e guadagni sono elementi indicatori della fama, ma qui, il nocciolo duro che Rick Bass esplora, prendendo a prestito la vita artistica e privata del trio dei fratelli Brown, noto come “The Browns”, è la passione, il desiderio di esplodere dai confini corporei sotto forma di pura luce, fusi nel legame ambivalente della loro fratellanza e dell’obiettivo verso il quale sono lanciati. Quando la passione per il loro essere insieme si spegne, il loro sound smette di essere puro e diventa un lavoro che può essere lasciato dietro le spalle, in cerca di nuovi stimoli.
La narrazione si snoda attraverso due decenni, iniziando dalle loro umili origini, la vita nelle campagne degli anni del dopoguerra, le rinunce e le mortificazioni imposte dalla mancanza di mezzi e di apertura mentale del padre verso la figlia maggiore, la perdita di due fratellini in tenera età, fino al riconoscimento dei tre fratelli Jim Ed, Maxine e Bonnie, che insieme riescono a superare le barriere di un mondo che sembra un sogno impossibile.
L’amicizia e l’amore di Elvis Presley per Bonnie, quando ancora sono tutti insieme, destinati, pare, a una luminosa carriera, che avrà esiti differenti per il trio rispetto a Elvis, sono narrati con lo stile dello struggimento per un’America verde e innocente, maliziosa come un primo bacio, rassicurante come una fetta di torta di mele con la panna, necessaria quanto un fuoco quando la temperatura scende di dieci gradi sotto lo zero.
La perdita dell’innocenza coincide con l’età adulta, dove matrimoni falliti, maternità poco appaganti, alcolismo, solitudine e alienazione, e poi desideri non condivisi eroderanno il forte legame tra i fratelli, portandoli, dopo dieci anni di carriera, nel 1968, a decidere di sciogliere il trio, anche se due di loro continueranno con una carriera da solista. Ma non è la stessa cosa, manca il collante umano, la scintilla che li faceva camminare come sollevati da terra, facendoli sentire invincibili.
È come se nel raccontare la storia della loro ascesa e poi del declino, inevitabile, inarrestabile, l’autore stesse raccontando la storia dolorosa dell’America delusa dalle promesse che non riesce a mantenere, un paese un tempo rigoglioso e ingenuo, fatto di campi aperti e frutta, di ruscelli limpidi e gelati e dove la fatica, anche quella che costava menomazioni, arti tranciati e malattie, fosse dotata di una sincerità che ormai è scomparsa, sostituita da abuso di alcool e depressione. Cosa resta di chi per un periodo è stato riconosciuto per strada, ha firmato autografi e ha cenato al tavolo di politici e personalità importanti. La beatitudine di aver vissuto parte del Sogno, essere arrivati quasi a toccare quella luce di immortalità, che seppellirà Elvis e la sua residua umanità. Il ricordo delle canzoni dei Browns sembra non essere destinato a diventare storia, eppure resiste, tenace, nel racconto di chi non si rassegna all’oblio e cerca, con il corpo affamato e deturpato, attraverso il racconto di Maxine, dei tre quella che non ha mai voluto mollare il sogno, di rendere immortale la storia di tre ragazzi di campagna che hanno cambiato la musica country. Una grande speranza ha attraversato la terra e ha sommerso ogni cosa degna di essere posseduta, per dirla con le parole di David Herbert Lawrence.
“Il profumo del creosoto sotto il sole, il calore e la luce rimandati dai binari d’acciaio. Camminavano lungo la ferrovia a passo regolare, a testa bassa, concentrati, senza dare l’idea che uno dei due avrebbe sconvolto il mondo, ma come braccianti. Si graffiavano le mani per raggiungere i frutti più grossi e succosi. Ridevano, correndo a prenderli prima dell’altro non appena li individuavano.
Aspettate, avrebbe potuto dire chi li avesse visti – un osservatore dal futuro, benedetto o maledetto dalla capacità di guardare il passato. Non dovete andarvene, non ancora. Non dovete andarvene affatto”.