Ogni scrittore ha fantasmi che gli dettano le parole. Io tra i fantasmi ho il mio bisnonno. Così, quando devo inventarmi una ricetta, chiudo gli occhi e aspetto. Attendere che si manifestino ci permette di capire perché li evochiamo, perché ne abbiamo bisogno e ci connettono con il passato per educarci al presente.
I fantasmi appaiono perché sanguinano ancora, perché hanno ancora da dire qualcosa, perché ancora vorremmo dirgli qualcosa, perché desiderano ancora esserci; infatti l’anima del mio bisnonno aleggia al Palazzo del Freddo e lo farà per sempre, mi ricorda che io sono la somma di ciò che è stato prima di me e di ciò che sono stato prima del momento in cui vivo.
Rappresento milioni di attimi prima di me.
Per questo non mi è possibile eliminare neanche gli altri fantasmi che mi vengono a trovare, sono quelli importanti, quelli che non se ne andranno mai perché ho seminato in loro parti di me, e rifiutarli significherebbe togliere realismo al presente, alle parole e alle azioni. Come canta Rose Villain in questa bella canzone con Geolier,
Tu prendi la mia mano
Non avere più paura dei fantasmi e fai come me
Se vengono a trovarmi non mi sento sola
Io con i fantasmi parlo di te
Almeno loro ci sono sempre per me
Sento i passi sul parquet
E anche questa notte parlo di te
Non so neanche io perché.
È così che nasce un vero gusto di gelato, un racconto, una storia, non avendo paura dei fantasmi ma lasciandosi guidare da loro, che parlino di un amore perduto, di un gelato, della guerra o di qualsiasi intuizione possano proporci.