Che cosa fa la gente tutto il giorno? di Peter Cameron (Adelphi)

I protagonisti di questi racconti, anche quando non si conoscono, vivono esistenze strettamente connesse.

Amore, speranze disarticolate, delusioni, equilibri in frantumi che si ricompongono per un minuto o per un tempo forse più lungo, in attesa di qualcosa che rivoluzioni di nuovo la mente e il corpo. Sono questi i temi affrontati da Peter Cameron con delicatezza, nonostante la forza narrativa della trama, che esiste in ogni racconto, netta come un tratto di pennarello indelebile.

Adolescenti confusi riguardo la propria sessualità, adulti consapevoli che, invece, ancora vogliono nasconderla, signore anziane reduci da solitudini inconfessabili che scappano dalla casa di riposo, ritenendola una forma di costrizione inaccettabile con tutti gli orari scanditi da attività decise da altri, ex fidanzati che non sopportano di vedere il nuovo compagno (peraltro quando sono ancora innamorati dell’ex e sperano che un invito e un viaggio serva a riaccendere una brace spenta), ragazze in cerca di lavoro che trovano famiglie alla deriva e nessun posto dove tirare il fiato. Ognuno dei protagonisti riluce sullo sfondo di mondi produttivi o in pausa, a New York come a Boston o in un parco nazionale durante una vacanza, preso a cercare di non farsi dilaniare dalle aspettative degli altri o dalla mancanza delle proprie. Sassi lanciati nello stagno, tuffi carpiati in piscina, lettere dimenticate in cassetti insieme a vecchi elastici, sguardi elusi e mani che si toccano in cerca di un corpo che sappia dare un po’ di conforto alla solitudine. Sono i momenti in cui la densità della vita ci viene incontro e ci costringe a fare delle scelte, la cui portata, a volte, non è sempre chiara ma che lo diventa poi più tardi, quando vediamo il personaggio che in un racconto era rimasto sullo sfondo diventare il protagonista di un altro, alle prese con le conseguenze di quella vecchia scelta. Tutti i protagonisti a volte, in un modo che sembra impreciso ma non lo è, si toccano, sia pure di sfuggita, e precipitano verso l’evento successivo, come in una sorta di matrioska e, anche se non si conoscono, le loro esistenze sono strettamente connesse.

E poi, proprio quando il lettore crede di aver capito i legami e le scelte che verranno fatte, c’è un’inversione, una sorta di sorpresa, e l’inaspettato, in racconti brevi, seppure molto densi, è sempre la conclusione migliore.

 

“La ragazza non prese la spilla, la lasciò sul cassettone. Sembrava che ci si fosse posata sopra dopo aver volato nella stanza. Miss Alice Paul tentò per un po’ di credere che fosse un insetto vero del quale aver paura, poi lo prese e lo strinse nel palmo. Le ali di metallo le entrarono nella pelle, ma non era come tenere un oggetto. Era come tenere un sentimento. Ecco il dolore, pensò. Più forte stringeva, più bella era la sensazione.

Dopo poco aprì la mano per vedere se nel palmo c’era sangue ma non ce n’era. Erano rimaste solo delle linee, rosse ed eleganti come un carattere cinese”.

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Marilena Votta

Marilena Votta nasce a Napoli e trascorre la sua infanzia e adolescenza in un luogo fatto di sole accecante e ombre altrettanto tenaci. Ha pubblicato le raccolte di racconti Equilibri sospesi, La ragazza di miele e altre storie (Progetto Cultura, 2016) e Diastema (Ensemble, 2020), e la raccolta di poesie Estate (Progetto Cultura, 2019). Il suo racconto “Fratello maggiore fratello minore” è stato pubblicato nell’antologia “Roma-Tuscolana”. Alcuni suoi racconti sono disponibili su varie riviste on line e cartacee. Nell’ottobre 2021 pubblica il suo primo romanzo, Stati di desiderio, con D editore. Del suo rapporto con la scrittura asserisce, convinta, che è il suo posto nel mondo. Scrive recensioni di libri che ama per "Dentro la lampada", la rivista della scuola Genius.

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