Dante Arfelli e il ragazzo venuto da Roma

Paolo aveva deciso di scoprire che fine avesse fatto l’autore di un romanzo bello come "I superflui".

L’infermiera richiuse la porta dietro di sé, gettando un ultimo sguardo verso l’uomo in piedi accanto alla finestra.
La donna sospirò leggermente mentre scendeva le scale.
Il ragazzo venuto da Roma la interrogò con lo sguardo.
Mi spiace, disse lei con un sorriso venato da imbarazzo, ma il signor Arfelli non desidera ricevere visite, sta riposando.
Paolo, questo era il nome del giovane, rimase in silenzio, mentre una smorfia di delusione gli curvava il sorriso. Aveva fatto quasi trecento chilometri solo per poter conoscere e stringere la mano a Dante Arfelli, uno scrittore che desiderava incontrare da quando aveva letto il suo romanzo più famoso, I superflui. Nel 1949 il libro aveva vinto il premio Venezia, “l’antenato” del Campiello, ed era stato molto apprezzato anche in Francia. Negli Stati Uniti, poi, era diventato addirittura un best seller, pubblicato dallo stesso editore di Hemingway.
Dalla metà degli anni Sessanta, però, di Dante Arfelli si erano perse le tracce.
Paolo aveva deciso di scoprire che fine avesse fatto l’autore di un romanzo così bello; venne a sapere che lo scrittore aveva sempre sofferto ‘di nervi’, come si diceva un tempo, era andato in guerra con la divisa di alpino nella Brigata Julia, aveva frequentato Marino Moretti e Federico Fellini, suo compagno di liceo.
A un certo punto, però, Arfelli aveva iniziato una lenta ma inesorabile manovra di isolamento: aveva deciso di non pubblicare più le cose che scriveva e, di conseguenza, aveva diradato le sue frequentazioni, non solo letterarie.
Lasciato l’insegnamento, si era estraniato da tutti e, dopo la morte di sua moglie, bisognoso di cure e di assistenza, aveva lasciato Cesenatico per trasferirsi a Ravenna, dove viveva sua figlia Fiorangela.
Tutte le tracce seguite da Paolo l’avevano portato a Marina di Ravenna, in una casa di cura davanti al mare.
Arfelli, titolare della legge Bacchelli dal 1992, viveva lì da un po’, ‘mimetizzato’ tra anziani e malati.
Paolo era sceso dalla macchina pregustando il momento in cui avrebbe incontrato lo scrittore, e gli avrebbe fatto tutte le domande che gli erano venute in mente durante il viaggio… E invece no.
L’infermiera era stata chiara: il signor Arfelli non sarebbe sceso e non avrebbe incontrato nessuno.
L’entusiasmo che aveva sorretto Paolo per tutto il viaggio era svanito di colpo, e un senso di stanchezza mista a tristezza si era impadronito di lui.
Mentre tornava a passi lenti verso la sua automobile, si girò a guardare la facciata della clinica: da dietro un vetro gli parve di scorgere un volto triste e un po’ scavato, subito nascosto da una tenda tirata giù.
Paolo pensò che se fosse ripartito subito sarebbe arrivato a Roma prima di sera.

 

Bibliografia:

Dante Arfelli, I superflui, Marsilio;
Dante Arfelli, Ahimè, povero me, Marsilio.

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Loredana Germani

È tra i fondatori della Scuola di scrittura creativa Genius. Dopo gli studi in Storia e Letteratura italiana, scrive diversi racconti autobiografici e articoli in cui descrive incontri con autori. Ha curato l’antologia di racconti A Roma San Giovanni e tiene la rubrica Vita da scrittore sulla rivista letteraria Dentro la lampada, nella quale narra opere e aneddoti di grandi personaggi letterari.

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