Questo 2023 è un anno che rievoca, tra l’altro, l’insurrezione del settembre 1943 in cui i napoletani, nelle quattro giornate che vanno dal 27 al 30, cacciarono i nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale e liberarono Napoli. Molte le celebrazioni, le rievocazioni e i libri che ne narrano la storia. Tra tanti, ci piace scegliere quello di Vincenza Alfano, La guerra non torna di notte (Solferino libri 2023). Alfano è stata capace di raccontare una vicenda che ci sembra avere il sapore della verità e della vita quotidiana delle persone comuni, attraverso il punto di vista di una donna, Cenzina, che lotta non solo per la libertà di Napoli, ma anche per la sua stessa esistenza, per la sua emancipazione. Vincenza Alfano negli ultimi anni ha pubblicato diversi libri, tutti interessanti, ed è proprio da qui che voglio partire per parlarle.
Innanzitutto, complimenti perché hai una produzione che definirei incessante, come fai a scrivere tanto?
Sono metodica e procedo sempre con una rigorosa tabella di marcia, alternando lettura e scrittura che hanno un posto equivalente nella mia vita. Ci sono periodi in cui prevalentemente scrivo, altri in cui dedico più tempo alla lettura, ma la mia testa è sempre immersa in un perenne viaggio. Non c’è un giorno in cui non scriva almeno una riga. Di romanzo in romanzo, procedo verso quella storia ignota che non ho ancora raccontato come se inseguissi un disegno più grande.
Hai molti abbozzi di storie nel cassetto o parti sempre da stimoli nuovi per scrivere?
Spesso lavoro a immagini nuove. Lampi che si accendono improvvisi. Personaggi che bussano per essere raccontati.
Chi è Cenzina, la protagonista del tuo romanzo?
Cenzina è mia nonna ma è anche la protagonista del romanzo e non è esattamente la stessa cosa. È una donna nata e cresciuta tra le due guerre che deve affrontare perdite e lutti maturando una nuova coscienza di sé. Il culmine del romanzo, che coincide con gli eventi delle Quattro giornate di Napoli, segna anche l’acme del suo percorso di formazione. Cenzina si unisce alle donne di Napoli che diedero un contributo fondamentale all’insurrezione contro i nazisti. A una Napoli liberata corrisponde una Cenzina liberata dalle costrizioni di un’educazione borghese di stampo patriarcale. In questo modo il romanzo vuole essere anche il racconto del percorso di emancipazione femminile avviatosi proprio negli anni tra le due guerre.
A un certo punto lei dovrà fare una scelta decisiva, vero?
La guerra pone Cenzina di fronte alla necessità di abbandonare la sua inerzia, dovrà infatti scegliere se aiutare due giovani ebrei o girarsi dall’altra parte. Sono giorni difficilissimi per Napoli. I tedeschi sono determinati a ridurre la città “a fango e cenere”. La popolazione vive con l’incubo dei rastrellamenti e delle esecuzioni sommarie nelle piazze. Proteggere due ebrei vuol dire rischiare la vita, ma lei non ha alcuna esitazione e questo coraggio le dà altro coraggio. Per la prima volta Cenzina alza la voce e trova la forza di affrontare il marito e gli uomini del condominio che non erano abituati ad ascoltare una donna. Eppure le donne saranno capaci di imbracciare fucili, affrontare il nemico alle barricate, incitare gli uomini contro il nemico. È una bellissima pagina di storia di Napoli, ma è anche un ritratto importante delle donne di quella generazione.
È la guerra che la cambia, secondo te la sua vita sarebbe stata diversa senza i conflitti?
Credo che la guerra abbia accelerato un processo che era già avviato dentro di lei. La sua inquietudine era profonda, covava una volontà di ribellione inarrestabile e aveva gli strumenti per assecondarla.
Al centro del libro ci sono le Quattro giornate di Napoli, una grande epopea di guerra e umanità, era quello che volevi raccontare?
Ho voluto raccontare una memoria familiare privata e intima per la sua coincidenza con la Storia della città. Ci sono dei valori che dovrebbero essere riscoperti, in questa grande epopea delle Quattro giornate, e che rischiano di sbiadire proprio come il racconto della nonna e il suo ricordo.
Quant’è importante Napoli per la tua scrittura?
Da Napoli ho tratto un’importante lezione di scrittura perché è una città inafferrabile, per certi versi difficile da vedere, che stimola l’immaginazione. Attualmente sento però l’esigenza di affrancarmi dal suo mito letterario che rischia di produrre un racconto di maniera non sempre accattivante.
T’interessa narrare il passato? Come memoria e insegnamento per il presente?
È una prospettiva che considero spesso ma non è l’unica. Oggi forse però se ne avverte un’esigenza maggiore perché ci sta sfuggendo l’insegnamento della storia.
Secondo te c’è un lettore d’elezione per questo romanzo?
Spero di no. L’ho scritto per tutti.
Ti piace raccontare storie di personaggi femminili più di quelli maschili?
Mi piace raccontare ciò che conosco meglio ma le sfide mi attirano molto. In questo romanzo ho affrontato personaggi maschili interessanti e sfaccettati. Uomini che si impongono alla nostra attenzione per la loro forza interiore, la generosità, la dedizione al lavoro.