L’Ombra di sa Mama ‘e su Sole

Un inquietante gioco di doppi, fra ombre e riflessi.

SINOSSI: Maddalena sogna il giorno in cui la gemella Eleonora scompare nel bosco. Si sveglia spaventata e quando si alza dal letto, nella penombra della stanza, vede la sua gemella. Una di fronte all’altra fanno il gioco della bambina ombra. I ruoli paiono ribaltarsi ed è Maddalena, che si è sempre sentita meno amata e favorita, a comandare ogni gesto, prendendo il posto della gemella dominante. Scoppia una lite dove entrambe si contendono l’identità di Eleonora, quella preferita e speciale. Ma è tutta un’illusione in quanto Maddalena si trova di fronte al suo riflesso nello specchio.

 

Maddalena fissa il letto intatto accanto al suo.

È distesa su un fianco, con le gambe incrociate. Immobile.

Gli occhi le si chiudono. No! Si pizzica un braccio e sbarra gli occhi.

Si pizzica di nuovo.

Ancora una volta.

Ancora.

Infine, esausta, si addormenta e sogna. Ma non un sogno qualsiasi, quel sogno.

Si era persa. Chiamava Eleonora, la sua gemella, ma non rispondeva. Nel bosco, tra gli alberi e le loro ombre, c’era soltanto lei, Maddalena. Finché una voce che cantava accompagnò il suo pianto. Allora la vide. Aveva la faccia più bianca di un fantasma e gli occhi tondi tondi, completamente neri. Era sa Mama ’e su Sole, la donna misteriosa che vagava per le strade, nelle ore più calde, il cui bacio provocava la febbre. Maddalena cominciò a correre, con i respiri che si inseguivano veloci. D’improvviso, un vento infuocato alle sue spalle, seguito da una risata stridula, le fece alzare i peli delle braccia. Si guardò indietro. Non c’era nessuno. I suoi passi risuonavano su ragnatele di spighe e rami come il tic tac di un orologio impazzito, quando inciampò su una scarpetta. Alzò la testa e vide sua sorella. Sa Mama ’e su Sole la teneva per mano.

Un verso soffocato esce dalla sua bocca, svegliandola di soprassalto. Maddalena non capisce cosa c’è sul suo petto che la tiene immobilizzata al letto, togliendole il respiro. Allarga le narici e risucchia l’aria, che viene fuori a fatica. Qualcuno bisbiglia al suo orecchio. Poi sente un rumore venire dal fondo della cameretta: il cigolio di metallo di un’altalena che va su e giù. Su e giù.

Spalanca gli occhi e grida più forte.

Non c’è nessuno.

L’altalena continua a dondolare, ma è nell’orto, dietro la casa.

Scruta il letto accanto. È vuoto. In un pianto silenzioso, apre la bocca tremolante che inghiotte buio. S’infila sotto le lenzuola e rimane tutto il tempo con gli occhi aperti, per paura di sognare ancora la faccia demoniaca di quell’essere che ha rapito la sua gemella. Sono passati quasi due mesi da quel giorno. La nonna le ha sempre messe in guardia da sa Mama ’e su Sole, per convincerle a non uscire quando il sole scotta, perché è allora che si aggira per le vie deserte. La leggenda dice che il castigo per i bambini, sorpresi a giocare in quelle ore, è terribile. Si racconta, addirittura, che li porti via, per non farli tornare più a casa.

Di tanto in tanto Maddalena fa sbucare la testa. Nel momento in cui la luce del giorno rischiara la stanza, scivola fuori dal letto e avanza a piedi nudi sulle mattonelle fredde quando, con la coda dell’occhio, vede un’ombra. Rimane immobile, sforzandosi di controllare il tremolio delle gambe, all’improvviso molli. Conta fino a sei, allunga il collo e tende l’orecchio. Silenzio. Solo il vento fa sbattere, di tanto in tanto, l’anta della finestra contro il gancio. Persino l’altalena ha smesso di fare su e giù. Con gli occhi fissi sull’angolo del comò, fa un passo indietro e si volta lentamente, trattenendo il fiato, finché non incrocia uno sguardo.

Sua sorella è di fronte a lei.

La fissa allo stesso modo di una donnola sorpresa tra le pietre di un muro e indossa il suo pigiama, quello blu con le stelline bianche. Maddalena volta il capo verso la finestra. È chiusa. Quando è arrivata? E mamma e papà, lo sanno che è tornata? Sposta i capelli dagli occhi e la gemella ripete il suo gesto. Vuole giocare. La bambina fa un inchino e ne riceve uno in risposta, poi cominciano a danzare. Maddalena comanda ogni mossa con un doppio battito di palpebra e sua sorella esegue, identica a un’ombra.

Nel mezzo di una giravolta, sente un fruscio.

No, non è un fruscio, è un bisbiglio: «Ti sei dimenticata?»

Subito seguito da un grido stridulo e soffocato: «Perché non sei venuta a prendermi?»            .

Si volta e spalanca gli occhi. «Dove sei stata?»

La gemella ha il viso piegato verso il basso e le sopracciglia alzate, ma gli occhi, completamente neri, la guardano fissa. «Lo sai». Il suo sorriso, deformato dalle pieghe della bocca all’insù, è immobile.

Sente stringersi la gola, quel brutto fastidio di quando la mamma le fa il fiocco troppo stretto. «Tu… sei tu…», balbetta, affannandosi per respirare. «Tu mi hai lasciata sola». Inghiotte la saliva. «Non credevi a sa Mama ’e su Sole, dicevi che era una creatura fantastica, come quelle delle fiabe». Solleva le braccia, incassando la testa tra le spalle e tira su col naso. «E invece io l’ho vista quel giorno nel bosco, lei ti ha portata via».

Sua sorella continua a imitare ogni suo gesto, in silenzio.

Maddalena raddrizza la schiena con un salto. «Si è sbagliata», esclama coprendosi la bocca con le mani. «Cercava me, per questo ti ha lasciata andare».

Eleonora la guarda, con le mani davanti alla bocca. «Parla piano, se no ti sente».

«Chiiiii?».

«Sa Mama ’e su Sole», sussurra.

«È qui?». Maddalena curva la schiena e si guarda intorno, battendo le palpebre. Com’è possibile? Non c’è il sole in cameretta e nemmeno fuori. «È qui?», ripete bisbigliando.

«Solo la sua Ombra». La sorella ha la schiena curva e, voltandosi da un lato all’altro, batte le palpebre. «È nell’orto, nascosta tra gli alberi. Credo».

La casa attorno a loro scricchiola, sospira. Passi secchi e leggeri provengono dai muri. La finestra sbuffa. Le travi sopra la testa, di tanto in tanto, hanno il singhiozzo.

«La sua Ombra?» La bambina porta le dita piegate a uncino sulla faccia e comincia a mordicchiare i mignoli. «E lei dov’è?», domanda sottovoce.

«Non te lo posso dire», risponde Eleonora, con le dita piegate a uncino sulla faccia. «Ma la sua Ombra è qui fuori, da qualche parte. È un’Ombra, hai capito? Proprio come te».

Maddalena incrocia le braccia, con tutti i peli dritti, e le stringe al petto. «Ora basta». La voce le esce più lagnosa di quanto avrebbe voluto, mentre tamburella con il piede sinistro. «Non voglio più giocare alla Bambina Ombra».

Anche sua sorella ha le braccia strette attorno al petto e tamburella con il piede destro.

«Basta, ho detto. Sono io che comando e il gioco è finito», protesta, ficcando le unghie poco più giù delle spalle. «Non hai visto il segnale? Ho storto la bocca».

«Decido io quando finisce il gioco. È sempre stato così».

Maddalena tira le labbra in su da un lato e in giù dall’altro.

La gemella fa lo stesso. «Non è più questo il segnale, ne ho inventato un altro».

«Smettila!»

«Smetto quando mi pare. Non sei tu quella preferita e speciale».

Piazza le mani sui fianchi. «Bugiarda!»

«Tu sei Maddalena», dice, con le mani sui fianchi. «La Gemella Ombra».

«No, non più». China il capo di lato e strizza gli occhi. «Ora sono io quella preferita e speciale».

«Non sarai mai preferita e speciale». Eleonora ha la testa china da un lato e strizza gli occhi.

«E invece sì», ribatte, voltandosi verso la finestra. «Sa Mama ’e su Sole è venuta a prendermi perché ora preferisce me».

«È la sua Ombra che vuole portarti via, non lei». Guarda la finestra. «Nessuno preferisce te. Sei Maddalena, stupida e imbranata».

«È una bugia». Allunga il braccio e fa il gesto della pistola. «Bang bang, io sparo a te», dice, ripetendo le parole della canzone. Da quando è uscita, l’anno scorso, chiede sempre al papà di cantargliela, anche se poi, non sa perché, piange.

«Bang bang», ripete sua sorella, puntando la mano a pistola. «Sei un’Ombra».

«Bang bang», dice e spara, Maddalena. «Io sono Eleonora, la preferita».

«Bang bang», dice e spara, Eleonora. «Ombra».

La bambina abbassa il braccio. «Non è vero». Le ginocchia sono molli e inizia a dondolarsi da una gamba all’altra. «Tu dici le bugie».

«Sei Maddalena». Dondola anche lei. «La mia Ombra».

Maddalena allarga le narici e risucchia tutta l’aria della stanza, ancora e ancora.

«Sei un’Ombra! Sei un’Ombra!», cantilena la sua gemella.

«Smettila!» Si tappa le orecchie e scuote la testa. «Non voglio ascoltarti».

«Sei un’Ombra! Sei un’Ombra!», continua a ripetere in tono incantatorio, con le mani sulle orecchie, agitando i capelli nello stesso modo di un cane che si scrolla via l’acqua. «E adesso l’Ombra di sa Mama ’e su Sole è venuta a prenderti».

Maddalena ha gli occhi di pianto e le cola il naso. Si volta verso la finestra. Una sagoma scura è al di là del vetro. Agita il mantello, ma lei sa che nasconde due lunghe ali, le ha viste quel giorno nel bosco. In realtà ha visto quelle di sa Mama ’e su Sole, bianche, dall’aspetto soffice e appiccicoso, quasi fossero di zucchero filato. Tuttavia là fuori c’è la sua Ombra, buia come tutte le Ombre. Afferra Mela, la bambola senza un occhio, e la stringe al petto.

«Sei la Bambina Ombra!», grida sua sorella.

«E tu una bugiarda!» Si asciuga il naso sulla manica del pigiama. «Torna da dove sei venuta!». Acciuffa Mela per i capelli e gliela tira sulla faccia.

Anche Eleonora, nello stesso istante, prende la bambola per i capelli e gliela lancia.

Ma sono la sua bocca e il suo naso a scomporsi, mentre quattro occhi osservano Maddalena dalla crepa nello specchio. La bambina afferra un libro e poi un altro, scagliandole addosso anche quelli, sino a quando tante labbra storte le sorridono dalle schegge di vetro sparse sul pavimento.

E lì, sotto la finestra, tra i resti di quello specchio rotto, si moltiplicano le Ombre che spalancano le ali e si alzano in volo.

 

 

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