Laboratorio di scrittura creativa per morti viventi: Lezione 6

Quella degli zombie è una rivoluzione. E le rivoluzioni fanno sempre delle vittime.

Nelle lezioni precedenti:

 

Punire Paolo

Notte tra il 6 e il 7 dicembre. Il mio orologio segnava ancora le due. Io cercavo di infilare l’idropulitrice negli angoli più bui e sporchi della città. Ce la mettevo tutta per raccogliere foglie, sigarette, merde di cane, polvere, uccelli morti, gatti spolpati e volantini. Paolo, il mio collega, non faceva che scorrere reel sul telefono col volume sparato a mille. A un certo punto gli ho chiesto di scendere per raccogliere un cumulo di cartacce che il vento aveva accumulato dietro una fila di macchine parcheggiate.

“Col cazzo”, ha risposto, “vacci tu”.

“Scusa Paolo, non posso mica fare tutto io. Per favore, scendi e aiutami”.

“Senti”, ha detto lui, staccando in quel momento per la prima volta gli occhi dallo smartphone, “io non vado a pulire quello che combinano quegli zombie merdosi. Tanto ormai questa città è loro”.

“Scusa”, mi stava facendo innervosire, “che c’entrano gli zombie con questa robaccia?”

“Guardati intorno, coglione”, ha risposto, “ormai la città è tutta loro. Ci sono solo loro! Quindi non mi rompere le palle, capito? Io non conosco esseri umani che se ne vanno in giro a mangiarsi i gatti”. Ed è tornato a guardare il telefono.

Sono sceso dal posto di guida, ho staccato la scopa dalla fiancata e sono andato ad aprire la portiera di Paolo. “Adesso tu scendi e vai a raccogliere quel mucchio di cartacce!”

“Che sei scemo?” ha detto Paolo. Mi ha spinto via e ha richiuso la portiera. Non ci ho visto più. Non saprei dire cos’è successo esattamente. Forse tutti quei mesi di insonnia mi sono saliti al cervello sottoforma di sangue. Ho aperto di nuovo la portiera, l’ho preso per la tuta e spingendolo giù urlato “Brutto bastardo, scendi da questa macchina!” Il suo telefono è finito in un canaletto di scolo ed è sparito nel buio delle fogne.

“Che cazzo fai?”, ha detto. Mi ha afferrato e mi ha spinto contro la macchina, “adesso me lo ripaghi hai capito?” E mi ha dato uno schiaffo, poi un altro. Ho reagito e ci siamo azzuffati. Urlavamo e quando ci siamo calmati ci siamo accorti che un gruppo di zombie ci aveva circondati. Uno di loro, non mi pareva di averlo mai visto, mi ha detto “Questo coglione ti sta dando fastidio?” E col moncherino (non aveva la mano) ha indicato Paolo.

Avrei dovuto dire di no, invece ho detto “Questo stronzo dice che la città è ridotta così per colpa vostra e non vuole lavorare”.

“Ah sì?” ha detto lo zombie, “Tu dici che è colpa nostra, stronzone?”, poi si è girato verso di me, “Allontanati, per favore”.

“Che volete fare?” Ho chiesto.

“Vogliamo spiegare un paio di cose a questo deficiente”.

“E che mi volete spiegare? Adesso vi riduco a un mucchio d’ossa e poi…”

Non gli hanno nemmeno fatto finire la frase. Quella notte ho sentito per la prima volta il rumore che fanno gli zombie quando divorano un uomo. Fanno ciak, ciak, ciak, il tutto intervallato dai gorgoglii del malcapitato. Quando gli zombie divorano non uccidono subito. Preferiscono che la carne rimanga fresca il più a lungo possibile.

Quando hanno finito, due di loro sono venuti da me. Alle loro spalle alcuni stavano ancora lavorando sul cadavere di Paolo. La testa non c’era già più.

“Perché lo avete ucciso?”

“Perché era inutile” mi ha risposto quello senza mani, poi, come se non fosse successo niente, come se non ci fosse un cadavere alle sue spalle, mi ha chiesto “Di che parliamo domani a lezione?”

Sono rimasto in silenzio. Cercavo di riordinare le idee nel tentativo di capire se quello che era successo fosse mia responsabilità.

“Allora? Cosa ci insegni la prossima volta?”

“La prossima volta parliamo del buono, del brutto e del cattivo”

“Ah, il film?” Ha chiesto uno alto che stava ancora masticando qualche pezzo di Paolo.

“No, cioè… usiamo il titolo del film ma parliamo della caratterizzazione dei personaggi nelle storie”

“Sembra interessante…” ha commentato un terzo. A quel punto quello senza mani ha allungato il moncherino verso l’altro che gli ha passato qualcosa. Qualcosa che gocciolava.

“Ah!” Ha detto senzamani, “Questa volta la parte migliore spetta a me!” E si è mangiato il cuore di Paolo intero.

“Ragazzi, non dovreste uccidere le persone”, ho detto non sapendo cos’altro dire.

“Questa è una rivoluzione” mi ha detto Oronzo, che è comparso da dietro l’idropulitrice e mi ha posato ulna e radio sulle spalle. “E le rivoluzioni fanno sempre delle vittime”, ha aggiunto. Poi ha fatto un gesto ai ragazzi e se li è portati via.

Quella notte non ho finito il turno. Ho attraversato la città a piedi e per la prima volta in giro ho visto solo zombie, nemmeno un essere umano. Non c’era zombie che non mi conoscesse. Mi salutavano tutti ed era una bella sensazione. Quando ho poggiato la testa sul cuscino erano le sei di mattina. Il cielo aveva cominciato a schiarirsi. Mi sono detto che non avrei mai dormito, che avrei ripensato a Paolo spolpato e a tutti quegli zombie in giro; invece, ho riaperto gli occhi alle tre di pomeriggio del giorno dopo. Erano anni che non dormivo così.

Lezione 7 – Il buono, il brutto e il cattivo

 

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Massimiliano Ciarrocca

Ex allievo di Paolo Restuccia. Ha pubblicato il libro Pronto France'? (Fazi, 2014), ha collaborato con Liberoveleno e ha scritto lo spettacolo teatrale Buon Natale, la trilogia del livore. Ha recentemente realizzato il podcast Apocalips Bau in collaborazione con Filosofia Coatta e Genius. Insegna in diversi laboratori creativi.

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