Nelle lezioni precedenti:
Battere il nemico
C’è una cosa che va detta: all’odore degli zombie non ci si abitua mai. Insomma, io lavoravo all’AMA da dodici anni e per un periodo sono stato in discarica dove, vi posso assicurare, verrebbe da vomitare anche a un maiale.
Domenica 9 novembre era ancora Oronzo a guidare il gruppo, questa volta con cinque minuti di anticipo. Avevano tutti un quaderno Moleskine e una penna gel Pilot G-2.
Ho aperto con una battuta, come faccio sempre per distendere gli animi.
“Avete fatto la spesa insieme eh?” indicando i quaderni e le penne che avevano preparato sul banco.
“Sì, un cazzo”, ha detto Oronzo sfilandosi un verme dall’orecchio e lanciandolo fuori dalla porta spalancata. “Lo sai che gli zombie non possono comprare nei negozi, vero?”
Non lo sapevo.
“Certo” ho risposto, sorridendo.
“Noi non facciamo la spesa, non ci è concesso. Sai cosa abbiamo fatto? Quello che ci hai insegnato tu. Siamo entrati in una Feltrinelli e abbiamo preso quello che ci serviva”.
“Non ho capito, scusa” ho detto, mentre sistemavo sullo schermo del proiettore le slide del giorno. “Io non vi ho mica insegnato a rubare”.
“Ah no?”, ha detto Oronzo, “i tre atti, te li ricordi? Atto uno, gli zombie cominciano un corso di scrittura creativa ma scoprono che per farlo devono avere carta e penna, cosa che gli zombie non possono avere. Atto due, peripezie. In particolare gli zombie fanno irruzione in una Feltrinelli e rubano il necessario. Atto tre, è una commedia perché siamo ancora tutti morti viventi ma abbiamo quello che serve”, e si è messo a ridere.
“Oronzo”, ho risposto, “mi sa che dobbiamo chiarire quello che è finzione e quello che è realtà. Qui insegniamo come si inventano le storie, non come si vive la vita… Cioè… La morte… E poi, scusa se te lo dico, i tre atti non funzionano così”.
“Abbiamo capito male?” ha chiesto Oreste e ha dato di gomito a Oronzo (quando gli zombie si danno di gomito, fanno un rumore tipo di legno fradicio che si spezza in un bosco molto umido).
“Vedete, quando un personaggio vuole qualcosa, ci deve essere qualcuno che non gli permette di averla. Non è che entra in una Feltrinelli e…”.
“Allora sei scemo”, dice Livia dal fondo della sala, “hai capito o no che noi non possiamo entrare nei negozi? Vuoi un nemico? Beh, abbiamo la società come nemico, chi altro serve?”
“È vero”, ho detto, “però non basta. Il nemico deve essere in carne e ossa e la legge, quella che non vi consente di comprare, non lo è. Pensateci: avete ottenuto l’oggetto del vostro desiderio senza lottare, senza…”
“Problemi”, è intervenuto Oronzo. “Abbiamo capito. Quello che non hai capito tu è che noi abbiamo problemi tutto il giorno, tutti i giorni, da quando usciamo dalla tomba fino a quando non ci rinfiliamo sottoterra. Quindi non venire a parlarci di problemi”.
“La questione però”, ho fatto notare, “è che a chi legge non gliene frega niente dei vostri problemi generici. Perché, e voi dovreste saperlo, i problemi ce l’hanno tutti”.
Sono rimasti in silenzio. Altra cosa che ho imparato degli zombie: se riconoscono che chi parla ha ragione, smettono di sostenere la loro tesi e ascoltano, così ho continuato: “Quando un personaggio desidera qualcosa, per ottenere quel qualcosa, deve combattere un nemico. Se ottiene quello che desidera come e quando vuole, allora la storia non c’è. Vi dico di più. Anche quando un protagonista ottiene quello che vuole, allora deve pagarne il prezzo. Gli oggetti del desiderio non sono mai gratis”.
“Quindi ci stai dicendo”, ha detto una voce che non avevo mai sentito, “che avremmo dovuto, che ne so, ammazzare qualche cassiera per rendere la storia interessante?”
“Solo se la cassiera, che ne so, è un’antizombista convinta che si interpone tra voi e le agendine. In quel caso allora ci sta, però voi dovete capire la differenza tra realtà e finzione. Non è che proprio dovete ammazzare qualcuno nella realtà per fare un esercizio di scrittura creativa. La realtà non c’entra niente con la scrittura. Quando riportate un fatto realmente accaduto, dovete aggiungere voi la parte di finzione. Quindi, anche se avete rubato tutto con facilità, vi basterà aggiungere qualche ostacolo al furto per rendere la storia interessante”.
Ecco una cosa che non avevo capito degli zombie: non hanno capacità di astrazione. Quando gli si dice una cosa, loro la interpretano unicamente sul piano della realtà. A saperlo prima, avrei fatto tante cose diverse ma a novembre 2022 non ci sono arrivato. Quella sera abbiamo parlato a lungo del nemico da battere e di quanto fosse importante nelle storie averne uno.
Così ho dato un nuovo esercizio, per la settimana successiva: Inventa un nemico da battere e fallo scontrare col tuo protagonista.
Altra cosa che ho imparato degli zombie: non sono capaci di inventare storie che non li veda protagonisti. Sembra che sulla terra ci siano solo loro. In fondo, la loro condizione è questa per l’eternità e adesso ne so qualcosa. Durante quella seconda lezione però non lo avevo capito.
Sul finale abbiamo fatto un esercizio di scioglimento. Li ho lasciati a scrivere per venti minuti con la musica, cosa che faccio spesso con gli allievi. Questo mi ha dato modo anche di uscire per la durata dell’esercizio e prendere un po’ d’aria.
Quando sono rientrato, la playlist era quasi finita e li ho trovati tutti in circolo. Pensavo stessero parlando o che stessero leggendo i loro lavori. Pensavo che avessero finito prima. Invece si stavano mangiando un gatto.
“Ragazzi ma che cazzo fate?” ho chiesto inorridito.
“Aperitivo” ha risposto Livia mostrandomi una zampa spolpata, “stavamo morendo di fame!”
I quaderni se ne stavano sui loro banchi intonsi, senza nemmeno una riga.
“Sentite, qui non potete fare come vi pare, dovete rispettare le regole. E soprattutto dovete scrivere. Adesso, sorvolando la questione del gatto, nessuno di voi ha scritto una riga. Perché?”
È intervenuta una signora anziana in fondo alla sala che stava spolpando la coda.
“A me, con la musica, è venuta solo fame. Che ci posso fare?”
Sono usciti dalla sala alle otto in punto, io invece sono rimasto a pulire i resti di Micio, il gatto del portiere. Li ho messi in un sacchetto e l’ho buttati nell’umido.