Intervista a Rossella Mele: “È strano sentirmi chiamare ‘scrittrice’, ho un po’ la sindrome dell’impostrice”

"Forse ho un po' la sindrome dell'impostore, ma ho scritto racconti, un romanzo e mi è piaciuto farlo, dovrò accettare la cosa e trovare il modo di far convivere le diverse me stessa."

Autrice e allieva della Scuola Genius che esordisce con un romanzo dove la protagonista viene accoltellata nelle prime pagine.

Rossella Mele debutta sulla scena della narrativa italiana col romanzo Il giro in più, pubblicato dalla casa editrice L’Erudita, costola dell’editrice Perrone. Rossella, che ha scritto il romanzo sotto gli occhi vigili miei e di Luigi Annibaldi, all’interno di uno dei laboratori della Scuola di scrittura Genius, è riuscita a rendere epica e struggente la naturale gelosia che può cogliere una bambina quando le dicono che avrà una sorellina. Nina, la protagonista, ha un rito, insieme a sua mamma, canta a squarciagola Fotoromanza, la canzone di Gianna Nannini, quando tornano da scuola, ma questo rito viene spezzato proprio il giorno in cui le comunicano che sta arrivando Lucia, la sorella piccola. Da qui parte un turbinio di inquietudine che porterà la protagonista a illustrarci in modo aspro la sua opprimente Crotone, paesino della Calabria da cui Nina sogna di fuggire. E ci riuscirà, perché la storia inizia da Londra dove lei si trova coinvolta nell’attentato del giugno del 2017. Per tutto il romanzo Nina sarà distesa sulla strada, colpita da una pugnalata. Scoprite di più nell’intervista che abbiamo fatto a Rossella Mele.

Da dove nasce l’idea del tuo primo romanzo, Il giro in più?

Tutto ha avuto inizio dalla domanda: come succedono le cose? Quali sono le circostanze e i fatti che ci portano a vivere la nostra vita in un modo, piuttosto che in un altro? Come nel film Slinding Doors o nel racconto di Borges I giardini dei sentieri che si biforcano, fare un giro in più in macchina o non farlo, può cambiare il corso di una vita.

Come ti fa sentire la parola “scrittrice”?

Io ho sempre avuto difficoltà con le definizioni, tutte, perché inizio subito a chiedermi “ma se poi volessi essere anche altro? Devo ammettere che è strano quando qualcuno si rivolge a me chiamandomi “scrittrice”. Forse ho un po’ la sindrome dell’impostore, ma ho scritto racconti, un romanzo e mi è piaciuto farlo, dovrò accettare la cosa e trovare il modo di far convivere le diverse me stessa.

Il romanzo inizia con la protagonista, Nina, accoltellata durante l’attentato di Londra del 3 giugno del 2017. Perché hai scelto proprio i fatti di quel giorno per iniziare? Eri lì?

Non ero a Londra nel 2017, ma ero una ventenne in Erasmus in Spagna quando ci furono gli attentati di Atocha. Il terrorismo è una cosa che mi ha sempre scosso molto. La paura che la vita possa finire in un giorno qualunque senza compiersi, mi accompagna da sempre. La mia è la generazione dell’11 settembre e i ricordi dei miei vent’anni hanno sempre un attentato sullo sfondo. Il silenzio per le strade di quel marzo spagnolo, le foto a colori dei morti sui giornali, sono rimasti con me in qualche modo e quelle sensazioni sono tornate a galla quando ho iniziato a scrivere l’incipit di quello che poi è diventato Il giro in più.

Il giro in più si sposta e si interseca tra Londra, dove Nina è adulta e ferita forse a morte e Crotone, dove la vediamo bambina, cosa le lega in due luoghi così diversi?

Nina è la violenza che la circonda e che le impedisce di trovare il suo posto nel mondo. È proprio lei il legame fra tutto.

Il romanzo parla del conflitto tra Nina e sua sorella minore Lucia, causato dalla gelosia di Nina che inizia a odiarla da subito, da quando ancora è dentro la pancia della mamma. È una storia autobiografica?

No, per niente. Io sono la più piccola e ho un fratello maggiore, non una sorella. Alcune suggestioni sono reali, la canzone che viene citata, il cattivo odore dell’ascensore. Alcune delle cose che succedono ai protagonisti, in particolare quelle legate alla ‘ndrangheta, le ho sentite raccontare, ma il modo in cui sono poi elaborate nel romanzo è assolutamente inventato, tutto frutto della mia fantasia.

Ti riconosci più in Nina, la perfettina rancorosa o in Lucia, la scapestrata che farà di tutto per deludere i genitori?

Ci ho pensato molto e razionalizzando a posteriori posso dire che mi riconosco un po’ in tutte e due, in ognuna delle donne di questo romanzo in realtà, anche in Titina (uno dei personaggi fondamentali del libro, etichettata dagli abitanti di Crotone come la sgualdrina del paese – ndr). Ognuna di loro è sviluppata intorno a caratteristiche che riconosco in me, ma che in loro ho portato all’eccesso.

Il romanzo è narrato in seconda persona, come sei arrivata a questa scelta?

Avevo iniziato in terza, ma dopo venti pagine ero molto annoiata e non andavo avanti. Per essere una storia così franca e diretta, doveva essere una specie di resa dei conti e la seconda persona a un certo punto è venuta fuori da sola, come se solo così potessi andare avanti con il conto in sospeso di Nina.

In che modo la Scuola Genius ti ha aiutato a scrivere il tuo romanzo?

È stata fondamentale, senza il supporto tuo e di Luigi Annibaldi mi sarei fermata alla terza persona che non funzionava e non sarei mai andata avanti nella storia. Avervi come editor è servito per avere spunti e punti di vista diversi che da sola non avrei potuto trovare.

Fatti una domanda e datti una risposta, diceva qualcuno.

Come sarà il tuo secondo romanzo?

Vorrei che fosse ironico, allegro.

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Lucia Pappalardo

Giornalista e filmaker per RaiUno, RaiDue e RaiGulp, ha insegnato “Film and Television Language” all’Università Link Campus. È tra gli autori di Nesssuna Speranza Nessuna Paura (Festival di Roma 2011), Finestre Rotte: Francesco De Gregori (Festival di Venezia 2012). Nel 2016 con il corto Nata viva ha vinto il premio Capodarco L'Altro Festival - L'Anello Debole. Per Radio 24 del Sole 24 Ore è stata la regista del programma Melog.

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