PASSAGGIO DA ROMANZO A FILM

Il passaggio da romanzo a film può deludere lo spettatore che magari ha già letto il libro e non ritrova quelle atmosfere che gli hanno fatto amare l’opera letteraria. Ma ci sono molti casi contrari.

Forse non sapete che agli Oscar, fra i molti premi che si danno (per la migliore regia, per la migliore sceneggiatura, per il montaggio ecc.), si premia anche la “miglior sceneggiatura non originale”. Che è, appunto, l’adattamento di un testo esistente (racconto o romanzo o opera teatrale).

Ma il primo passo è l’acquisizione dei diritti dell’opera da parte del produttore del film (cosa ottima per gli scrittori che guadagnano dei soldi). Oppure il produttore prende solo l’opzione del testo (così si dice, in gergo), cioè blocca quella storia per un certo tempo durante il quale nessun altro può farla, ma non è detto che poi il film si farà.

A questo punto – quando si sono acquisiti i diritti del romanzo, – entra in gioco la figura dello sceneggiatore che ha il compito di mettere mano alla “riduzione” del testo, che vuol dire trasformare un plot nato sulla carta e renderlo adatto al nuovo “medium” (cinematografico) che è quello di un film appunto. E per farlo può agire in vari modi: sottraendo (eliminando pagine, scene, situazioni), condensando oppure aggiungendo qualcosa che non c’era nel romanzo. E introducendo gli elementi propri del mezzo cinematografico (suoni, musiche, immagini, montaggio, recitazione, voce fuori campo, effetti speciali, costumi, trucco…). Si può fare la scelta di essere fedeli al libro, rispettando l’architettura della storia, i dialoghi ecc. oppure “tradire”, cioè allontanarsi dal testo originario e immaginare qualcosa di nuovo e diverso.

Nel Branco – il film tratto dal mio romanzo – la sceneggiatura – cui partecipai nella stesura – è stata nel complesso fedele al romanzo. Ma ci sono casi contrari, registi che tradiscono… E non è detto che tradire sia uno sbaglio, anzi tante volte può essere positivo.

Il passaggio da romanzo a film può deludere lo spettatore che magari ha già letto il libro e non ritrova quelle atmosfere che gli hanno fatto amare l’opera letteraria.

Ma ci sono molti casi contrari. Vediamo qualche esempio virtuoso, cioè di film che non hanno deluso le aspettative, anzi in qualche caso sono risultati anche migliori dei romanzi di provenienza.

La finestra sul cortile (1954). Alfred Hitchcock ha mostrato più volte il suo talento nel trarre da opere letterarie i propri film, come in Psyco o ne Il sospetto.

La finestra sul cortile è ispirato al racconto giallo scritto nel 1942 da Cornell Woolrich, ed è un thriller magnifico tutto giocato sul vojeurismo del fotoreporter protagonista, che spia il vicinato, sull’ossessione del vedere, sulla potenza dello sguardo, uno dei migliori del regista inglese, che ha enfatizzato il meccanismo della suspense e del terrore con il semplice uso di un obiettivo fotografico.

Un altro esempio è Il buio oltre la siepe (1962), di Robert Mulligan che è una trasposizione fedele di romanzo di esordio di Harper Lee (1960). E ne ricalca la tematica anti-razzista. Gregory Peck nei panni di Atticus Finch, avvocato progressista nel profondo sud degli Stati Uniti che difende e dimostra inutilmente l’innocenza di un giovane nero accusato di aver stuprato una ragazza bianca.

Il Gattopardo (1963), adattamento di Luchino Visconti del bellissimo romanzo di Giuseppe Tomasi da Lampedusa pubblicato postumo da Feltrinelli nel 1958. Un film intriso di morte e decadenza, un magnifico ritratto di un vecchio aristocratico siciliano, il Principe di Salina (Burt Lancaster in una delle sue migliori interpretazioni), protagonista della storia; uno dei capolavori della cinematografia italiana e mondiale.

2001 odissea nello spazio. Uno dei capolavori di Stanley Kubrick tratto dal romanzo di fantascienza del 1948 La Sentinella di Arthur C. Clarke, che collaborò alla sceneggiatura del film. Dall’alba dell’uomo (quattro milioni di anni fa) al primo volo verso Giove, 2001 Odissea nello spazio è un film apocalittico sul rapporto tra l’uomo e la intelligenza artificiale (Hal 9000), sulle note del Danubio blu e di altri classici della musica.

Oppure prendiamo Il padrino del 1972 di Francis Ford Coppola con Marlon Brando, Al Pacino e Diane Keaton che è penetrato così in profondità nel nostro immaginario da farci dimenticare il romanzo di Mario Puzo da cui trae le proprie origini: insieme al Il padrino II, altrettanto bello, sempre di Coppola.

Un altro esempio è Shining (1980), da Stephen King. Il topos della casa infestata tra le mani del regista si scioglie in un labirinto claustrofobico che affascina e terrorizza. Non piacque allo scrittore, che lo sconfessò, ma piacque molto a pubblico e critica.

Ci fermiamo qui, ma tantissimi altri esempi si potrebbero portare di trasposizioni cinematografiche riuscite.

Leggetevi o rileggetevi Il gattopardo di Tomasi di Lampedusa, e poi confrontatelo con il film di Visconti ragionando sulle somiglianze e le diversità fra le due versioni, quella letteraria e quella cinematografica.

Alla prossima

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Andrea Carraro

Andrea Carraro, scrittore, nasce a Roma. Se avesse ricevuto un euro ogni volta che sui media hanno usato il termine “il branco” per parlare di uno stupro di gruppo, citando il titolo del suo romanzo più noto, oggi sarebbe ricco. Invece è “solo” uno scrittore tra i più bravi. Romanziere, autore di racconti e di poesie, nasce a Roma nel 1959. Ha pubblicato i romanzi: A denti stretti (Gremese, 1990), Il branco (Theoria, 1994), diventato un film di Marco Risi, L’erba cattiva (Giunti, 1996), La ragione del più forte (Feltrinelli, 1999), Non c’è più tempo (Rizzoli, 2002) (Premio Mondello), Il sorcio (Gaffi, 2007), Come fratelli (Melville, 2013), Sacrificio (Castelvecchi, 2017) e le poesie narrative Questioni private (Marco Saya, 2013). Ha pubblicato anche due raccolte di racconti, confluite nel volume Tutti i racconti (Melville, 2017). I suoi giudizi critici, sensibili ma affilati quando serve, lo rendono un lettore del cui parere fidarsi con tranquillità.

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