Margaret Atwood è una maestra nel raccontare storie in cui il privato si intreccia al pubblico disastro, alla rivoluzione inaspettata, all’uragano che spazza via le certezze di chi crede di sentirsi al sicuro perché ha un passaporto canadese.
Il romanzo si svolge su due piani temporali, che si intersecano senza che questo disturbi il ritmo narrativo.
La vita di Rennie, giornalista per riviste che si occupano di lifestyle, è una vita mediamente avvolta dalla sicurezza. Eppure, è cresciuta in casa con la madre single, e il padre lo conosce solo da incontri fugaci, ha un fidanzato che non si vuole impegnare e con il quale si abbandona a sesso talvolta trasgressivo. Questa sospensione nei rapporti che nasconde una paura dei legami è tipica delle giovani donne anni ’80, e Rennie sente di aver avuto più o meno quello che desiderava: la possibilità di scegliere chi essere, senza vincoli di figli o di matrimonio. Tutto cambia quando viene operata al seno, e il suo rapporto con il corpo e con la percezione del corpo nello spazio e nel tempo cambia completamente. Un’ansia sottile e ossessiva, strisciante come un’alga velenosa le intossica la vita. Jake, il suo fidanzato, si lamenta che l’accesso facile, semplice, al corpo di Rennie gli sia negato, lei stessa non riesce a decidersi a permettergli di vederla nuda ed esposta al giudizio di uno sguardo sul suo corpo intaccato. E quale donna potrebbe mai consentire a un uomo di guardarla con delle imperfezioni se l’uomo non l’amasse profondamente, e non fosse rassicurante e con gli occhi colmi di gentilezza? Io no di certo. E in effetti Jake è separato dalla nuova solitudine di Rennie peggio che da un muro di mattoni. E lei scopre di non desiderarlo più. Perché il desiderio è capriccioso e segue sue traiettorie alle quali il corpo non può che obbedire.
Alle difficoltà di reinventarsi il rapporto con una nuova immagine di sé si aggiunge anche l’attaccamento amoroso e morboso verso il medico curante, un uomo che non manca di contraccambiare i desideri della ex paziente, ma che in qualche modo ha troppa paura di lasciare la sua vita, o meglio la proiezione del mondo sulla sua vita. Daniel, il medico, ha bisogno di sentirsi distaccato dalla vita perché il suo lavoro è troppo coinvolgente, le sue emozioni sono tutte trattenute per il senso di onnipotenza che gli dà il bisturi.
Rennie è allo sbando, e chiede alla rivista per la quale scrive pezzi su turismo, mare e sole, di andare in una sperduta isola caraibica per 3 settimane, a scrivere di relax e frutta deliziosa. In quelle 3 settimane si troverà coinvolta in una serie di tentativi di golpe fallito, verrà creduta una spia e conoscerà trafficanti d’armi e capi di Stato o aspiranti tali.
Il suo passaporto canadese è una condanna o una salvezza? E il fatto che nel mondo ci siano milioni di persone che vivono in condizioni di miseria, e che tutto, in ultima analisi si riduca all’avere potere o non averlo, cambierà Rennie. Il suo corpo ferito, che inizierà una guarigione improvvisa, si troverà in sintonia con le molteplici ferite di un mondo che sembra bello solo ai turisti. E lei sa, che la sua voce, incredibilmente messa a tacere da sé stessa per tutto il tempo precedente, per tutta la sua vita in disparte, adesso ha una storia da raccontare. La sicurezza spesso si accompagna all’invisibilità. Chi vive davvero a volte rischia non solo di morire, ma di vivere con maggiore intensità.
Rennie ha freddo. Incrocia le braccia, il pollice destro contro la cicatrice sotto il vestito.
Niente la salverà, è già stata salvata. Non è immune. Piuttosto è fortunata, improvvisamente, finalmente trabocca di fortuna ed è questa fortuna a tenerla su.