Un giovane trasporta droga ingerendola nella speranza di guadagnare soldi per comprarsi una casa.
Capitolo I
Digestione alternativa
Mi sono sparato tè matcha al posto davanti Termini, quello dove con gli altri prendiamo ordini da italiano. Che con la panza se ne sta qua a dirci quando dobbiamo farla e dove farla. Che lui sa vedere le magagne.
C’ho la pancia che mi scoppia. Mi guardo intorno, puzzo da fare schifo. Ma come vestiti non sto male: jeans maglietta felpa, non dovrei dare nell’occhio. Che ora è? Entro le ventidue ore devo portargli la roba al maiale.
Ma di farla non mi viene. Vado a fare giro. Carine le insegne della zona, averci soldi. Supero un bar sempre mezzo vuoto solo con i trans lì, poi vado su verso la piazza. Sudo freddo tra la gente che cammina penso che tutti guardano me. Passo in piazza che nuova è un po’ più scomoda, per strada mi hanno detto che è nuova. Qualche posto dove starsene tranquillo però lo troviamo. La pancia mi dà dolore che voglio prendere il coltello che c’ho sotto alle coperte dove dormo e per aprirla da parte a parte, tipo quando mi danno gli spicci per mangiare e apro il sorriso in faccia. Due sorrisi. Uno per mangiare uno per tirare fuori lo schifo.
Camminare aiuta. Mi dicono gli altri. Quelli che fanno quello che faccio io per quelli che ci giurano che sennò ci ammazzano. O ci mandano bevuti. Dicono. Camminare te la tira fuori.
Ho monete in tasca e boccetta di lassativo. Aspetto o ci prendo un dolce che magari dà colpo e tiro fuori ‘sta situazione che mi sta mangiando dentro?
Tè. Ci vuole un tè, sì. Altro tè. Mi dicono, tu quando la devi fare muoviti, ma piano che se ti si spaccano dentro stiri con le zampe all’aria. Poi debito passa alla famiglia. Allora mi ricordo di questa cosa e rallento. Vado verso il posto dove c’è la foto di una bevanda con le bolle, sta vicino a quella gelateria grossa che quando c’era tanta gente faceva arrabbiare perché le macchine si accatastavano come pecore, così m’è sembrato quando sono arrivato e sentivo strillare un bianco in mezzo alla strada come un pazzo e io pensavo ecco m’ha beccato che ho rubato portafoglio. Invece no.
La strada è tranquilla. Procedo, do i soldi del tè un euro e cinquanta. Mi guardano storto forse perché sono così alto e grosso o che puzzo che gli faccio paura. Sento dolori del cazzo come se una mano mi strizzasse le interiora. Sudo. Si è aperto qualcosa. Lo sento. Mi batte il cuore che ora esplode. Succhio la cannuccia. Respiro. Niente, cuore esplode, poi calma. Come lo chiamano? Attacco di panico.
Ora è la pancia che esplode. Supero grosso stabilimento con delle macchine e mi accascio lì al riparo dietro i cassonetti. C’ho le braccia così lunghe che cingo lo stomaco, la pancia, l’intestino, il petto, tutto. Premo come posso per non sentire niente. Premo e sento calore fare sua parte. Mi addormento. E mi sveglio. Niente. Di farla non se ne parla.
Rischio. Giù altre due gocce di lassativo. Ultime due. Mi hanno detto fatti tutta boccetta se proprio devi. Detto fatto.
È l’alba. La pancia dà scossone potente. Temo di spezzarmi in due.
È ora.
Dallo zaino, tiro fuori una bottiglia d’acqua e fazzoletti. Mi accuccio. Uno slancio di dolore spinge via tutto ciò che può che mi fa male alla pelle.
Ne faccio tanta che non vedo ovuli. Inizio a sudare freddo, sono rotti, non ci sono, sono ancora dentro. Continuo a farne altra, piccola montagnetta. E spunta dalla poltiglia la puntina di ovulo. Mi fiondo senza pulirmi. È tutto ok. Mi ci lancio come ci si deve lanciare sopra qualcosa che ti salva vita. Sono ancora accovacciato dietro cassonetti, non passa nessuno.
Inizio a rovistare, spero l’italiano mi paga così io compro casa, prima compro casa poi torno e porto famiglia. Gli ovuli sono intatti. Li tiro fuori dalla cera, sono nella pellicola. Li pulisco con le mani, li strofino. Uno, due, fino a dieci, poi venti, trenta, trentacinque, trentanove. Ne manca uno. Ne manca uno! C’è tanta puzza.
Riconto. Cinque, dieci, venti, trenta, trentacinque, quaranta! Ecco. Mi ero sbagliato. Mi ero confuso, ecco.
Non ho fame, ma mi rilasso. Strofino le mani su fazzoletto e gli ovuli sicuri nello zaino. C’è un odore forte. Sono ancora con i pantaloni calati e si avvicina un tipo, mi guarda e tira dritto.