Al tocco magico di Angela Carter, la Bella e la Bestia, Cappuccetto Rosso, Barbablù, La bella addormentata nel bosco, Il gatto con gli stivali in Camera di sangue diventano luogo di incontro tra amanti che provengono da mondi o specie naturali diverse e occasione di miracolose metamorfosi. Venuti al mondo con una dubbia identità, una natura solo in parte umana, i due amanti, mossi dal desiderio di incontrarsi, prendono a ibridarsi tra loro. La tigre e l’agnello, pur di giacere insieme, trasferiranno qualcosa di sé nell’altro, in una mutazione costante e reciproca dell’agnello in tigre. Oltrepassando ogni rigida identità di genere e di alterità apparente, si immergono in una sconfinata estensione dell’essere dove l’innocenza e la potenza non si negano l’un l’altra. Nei racconti pirotecnici e sulfurei della Carter, gli amanti, arrendevoli e feroci in modo reciproco e seducente, vivono amplessi di una tensione erotica visionaria, ricca tanto della potenza aggressiva e innocente dell’istinto, della vigorosa forza della natura quanto della mansuetudine incantata del desiderio.
Alla corte di Mr. Lyon e La sposa della Tigre, sue versioni della Bella e la Bestia, sono tra i più vibranti e suggestivi tra i racconti della raccolta. Nel primo è la Bestia a trasformarsi in umano al tocco di lei nel secondo è invece lei, Bella, a scoprire la propria ferina e carnivora umanità.
“Quando le labbra (di Bella) toccarono gli artigli possenti di lui questi si aprirono e lei si rese conto che lui aveva sempre tenuto i pugni serrati. Ora però, con uno sforzo doloroso la Bestia cominciò ad allungare le dita.(…) E allora non fu più un leone ma un uomo, un uomo con una zazzera di capelli arruffati e, che strano, il naso rotto come quello di certi pugili in ritiro che gli conferiva una certa rassomiglianza con la più bella tra tutte le bestie.”
E in La sposa della tigre, l’alchimia avviene in lei:
“La tigre non giacerà mai con l’agnello; non riconosce alcun patto che non sia reciproco. E’ l’agnello che deve imparare a correre come una tigre.”
Bella sente la fisicità imponente della Bestia, la felinità della Tigre come un esserci, una presenza al mondo, alla vita, un flusso di energia più imponente, più potente dell’abitudine, di qualsiasi ordine costituito e ne è irresistibilmente attratta. Ogni dettaglio è movimento, sensualità:
“Con infinita lentezza prese a strisciare il corpo pesante verso di me. Un palpito tremendo riempì la stanza. Sembrava quello del motore del mondo. Aveva iniziato a fare le fusa (…). L’eco delle sue fusa scrollò la casa dalle fondamenta, i muri presero a vacillare. Pensai crollerà tutto e si disintegrerà (…) mi leccherà via la pelle! (…) I diamanti dei miei orecchini tornarono a essere acqua e mi scesero giù per le spalle. Ne scossi le gocce lontano dalla mia pelliccia incantevole.”
Mentre la lingua della tigre lambisce il corpo della Bella, la libera da inutili incrostazioni e da strati superflui di sovrapposizioni culturali, fino rivelare la naturale superba pelliccia della sua effettiva alterità e quella aspra, assoluta e giocosa sessualità che, di per sé, non conosce nome né identità di genere. Simultaneamente lo scenario delle convenzioni e abitudini che avevano costituito l’intero sfondo della realtà si va disintegrando. Il contatto potente tra differenze apparentemente inconciliabili, il salto di specie tra la Bella e la Bestia si colma in una fusione osmotica, in un inconsapevole e commovente dono di sé che li conduce a confondere le proprie nature l’una nell’altra e che avviene mentre una scossa energica come un terremoto abbatte le mura del palazzo, le sue stesse fondamenta. I simboli della ricchezza, del potere e lo stesso ordine sociale sembrano sussultare e tremare tanto forte da franare. L’amplesso degli amanti sana il mondo.
Le sue protagoniste sono coscienti e consapevoli delle proprie pulsioni, vissute in prima persona. La sensualità femminile, raccontata da Angela Carter, non è emanazione dello sguardo, del desiderio di qualcun altro o adeguamento alle sue aspettative ma scaturisce dal contatto che la donna stessa stabilisce con il mondo attorno. Il corpo, i sensi femminili sono spesso ferocemente carnivori e in cerca di preda: spesso è la protagonista femminile a cercare gli amplessi, sollecitarne i giochi. Come la donna-vampiro che da bambina si nutriva di carne ma ora che è adulta ha bisogno di uomini. O Cappuccetto Rosso, che ascoltando la frase pronunciata dal lupo “Per mangiarti meglio”, mostrandole i denti, prende il controllo e l’iniziativa e, per niente disposta a lasciarsi mangiare, mostra invece di corrispondere al suo desiderio carnale.
La sensualità e l’erotismo dei personaggi della Carter somigliano a quelli di Lilith, femmina ribelle, più che a quelli di Eva, la moglie ubbidiente che Adamo ha scelto per sé.
Angela Carter esprime la nascita di una nuova Eva, come recita il titolo di un suo romanzo. La nuova Eva viene al mondo con l’aiuto di Lilith, personaggio che richiama l’archetipo della mitologia sumera e mesopotamica, Lilitu, e in seguito biblico, lasciato in ombra dall’ Occidente. Lilith, simbolo del potere erotico femminile, aiuta Eva a venire al mondo e poi si allontana per combattere i ribelli.
Carter ha postulato una femminilità attiva e non passiva anche nel suo La donna sadiana.
Non a caso, la sua narrativa è priva delle liturgiche, ripetitive fustigazioni e genuflessioni ricorrenti nei romanzi di genere erotico; non indulge in violenze, stupri, domini e sopraffazioni, giochi carichi di vessazioni che celebrano, con un’asimmetria affettiva e identitaria, una violenza quasi legittimata e resa scontata e inevitabile.
Del resto nei pirotecnici racconti di Angela Carter nessuno degli amanti, sorpreso da un eros caotico e appassionante, va in cerca di curiosità circensi per eccitarsi. I giochi d’amore, le schermaglie erotiche, vivono di tensioni potenti, di sfide feroci e carnivore che tuttavia non mirano alla distruzione reciproca o alla sottomissione di uno dei due. Non c’è mai traccia di distruttività e di quel desiderio di sopraffazione che divide il mondo in carnefici e vittime.
L’eros che racconta è fame e desiderio dei sensi, degli affetti, dell’intelligenza e dell’anima, intreccio di natura e cultura che chiama in causa tutte le componenti della coscienza, dalle più istintive e naturali alle più evanescenti.
Angela Carter ci ha regalato tanto, tutto questo e molto di più eppure non ha mai vinto premi importanti. Troppo estrosa, troppo esuberante, troppo capace di oltrepassare e miscelare i generi per vincere premi. Oltre le convenzioni. Scarsamente catalogabile, è sempre risultata al di fuori dei canoni con cui i tanti cacciatori di regole amano assoggettare l’imprevedibilità.