Generi e sottogeneri…

Che cosa sono i generi e perché si usano?

Oggi, amici, parliamo di generi e sottogeneri letterari. Che cosa sono i generi e perché si usano? Allora, intanto: partiamo dalle origini: la letteratura che cosa è? Cominciamo da qui. Beh, si può rispondere in molti modi: ma la letteratura, nella sua essenza, è una forma di comunicazione, siete d’accordo? – e come tale risponde a diversi codici, a diverse modalità comunicative, espressive, configurando tre categorie, tre macro-generi letterari: la poesia, il teatro, la prosa.

La poesia è definita dal fatto di essere scritta in versi, con una certa metrica (che l’autore non dovrebbe ignorare). C’è la poesia epica (Iliade Odissea…), c’è la poesia lirica. C’è la poesia didascalica… insomma ci sono vari tipi di poesia…

Il secondo macro-genere è il teatro, che si rivolge a un pubblico, che fa uso di attori i quali battono una scena e bla bla bla quello che sappiamo.

Poi, finalmente, c’è la prosa, quella che ci interessa di più in questa sede, cioè i generi narrativi: il romanzo, il racconto, la novella, il reportage…

Ce ne sono tantissimi di generi narrativi. Qualcuno ne ha censiti e contati 239.

Ma perché, vi chiederete, questa necessità di catalogazione? A che serve? A chi serve?

Proviamo a rispondere brevemente.

Serve sia all’acquirente del libro per orientarsi nella scelta dentro il mare-magnum delle pubblicazioni esistenti, ma, attenzione, serve anche allo scrittore per poter seguire (o trasgredire) le regole coerenti del genere in cui si sta cimentando. Per conoscerne i limiti e le potenzialità.

Cioè se per esempio sto scrivendo un giallo, un thriller, o un noir è utile aver letto Chandler, per dire, che è il padre – o uno dei padri, di quel genere narrativo; se stai scrivendo un romanzo di formazione, che racconta appunto gli anni di formazione di un uomo o di una donna, e utile conoscere i topoi di quei romanzi, le regole di quel genere, per poterle eventualmente trasgredire; è utile aver letto per esempio L’educazione sentimentale di Flaubert, o Il rosso e il nero di Stendhal o David Copperfield di Dickens, o Martin Eden di Jack London o Il giovane Holden di Salinger e altri libri (anche recenti o contemporanei) di questo tipo.

Poi ci possono essere narrazioni ibride, che si muovono fra diversi generi. L’esempio più immediato: le scene erotiche (romanzo erotico) in un thriller o una storia d’amore in un fantasy, oppure un po’ di horror in un romanzo realistico.

E così abbiamo cominciato a citare qualche genere narrativo…

Per esempio, – SPOT – io ho appena ripubblicato un romanzo – Il sorcio – che tiene insieme, o almeno ci prova, diversi generi narrativi: l’autobiografia, il romanzo di formazione, il romanzo-reportage, ecc. e nel finale c’è anche forse una spruzzata di thriller psicologico. Fine SPOT!

Com’è intuibile, c’è sempre un genere dominante in qualunque narrazione, che se ne abbia consapevolezza o meno.

Bene, come esercizio… no, oggi niente esercizi, oggi vacanza. Andatevi a fare una bella passeggiata al parco con mascherina.

Alla prossima.

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Andrea Carraro

Andrea Carraro, scrittore, nasce a Roma. Se avesse ricevuto un euro ogni volta che sui media hanno usato il termine “il branco” per parlare di uno stupro di gruppo, citando il titolo del suo romanzo più noto, oggi sarebbe ricco. Invece è “solo” uno scrittore tra i più bravi. Romanziere, autore di racconti e di poesie, nasce a Roma nel 1959. Ha pubblicato i romanzi: A denti stretti (Gremese, 1990), Il branco (Theoria, 1994), diventato un film di Marco Risi, L’erba cattiva (Giunti, 1996), La ragione del più forte (Feltrinelli, 1999), Non c’è più tempo (Rizzoli, 2002) (Premio Mondello), Il sorcio (Gaffi, 2007), Come fratelli (Melville, 2013), Sacrificio (Castelvecchi, 2017) e le poesie narrative Questioni private (Marco Saya, 2013). Ha pubblicato anche due raccolte di racconti, confluite nel volume Tutti i racconti (Melville, 2017). I suoi giudizi critici, sensibili ma affilati quando serve, lo rendono un lettore del cui parere fidarsi con tranquillità.

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