La madre di Vivien

Essere la madre di una piccola violinista prodigio e veder avvicinarsi a tua figlia Cesare Lombroso

Ieri in campagna Vivien si è spinta fino al fiume, in fondo alla valle. Dice che è stato bello tornarci. Porta sempre con sé il suo violino, si è esercitata all’aria aperta vicino alla fonte. La strada per arrivarci non è molto scoscesa se si prende quella giusta. Si meraviglia che io non ci sia mai stata, mi propone di trascorrere tutta una giornata insieme, lontano dalla gente.
“La prossima settimana, Vivien. Ora pensa al concerto” i nostri sguardi si incontrano, Vivien sorride con gli occhi grandi e azzurri, vuole attirare la mia attenzione. Oggi si è svegliata all’alba e alla luce incerta del mattino ha provato e riprovato Čajkovskij.
La carrozza ci aspetta in strada. Il vento è gelido, sfidiamo i rigori della stagione coi nostri colli di pelliccia. La gente fuori dal teatro già si accalca in lunghe file.
Sotto un cono di luce, appare lei, con l’abito di tulle e di pizzo, la osservo da dietro le quinte. Non mi può vedere, ma so che quando ci guardiamo negli occhi noi due, Vivien non pensa più alla musica. Il pubblico ascolta incantato fino agli applausi finali. È un trionfo.
Dopo il concerto, un vecchierello dalla barbetta bianca mi si avvicina.
“Sono il dottor Lombroso. Vorrei rivolgere qualche domanda a sua figlia”. Non aspetta neppure il mio assenso, già si presenta a Vivien, le stringe la mano e la tempesta di domande.
“È stanca?”
“No” risponde Vivien sorridendo.
“Le duole la testa?”
“No, sto bene”.
“E le braccia e le mani?”
“No, no le ripeto che mi sento benissimo”.
“La notte cosa sogna, la musica?”
“No”.
“E allora cosa sogna?”
“Altre cose”.
Devo intervenire.
“Mi scusi, i sogni che fa appartengono a lei, non crede?” si arresta, raggrinza la fronte e le palpebre pesanti.
Salutiamo, Vivien saltellando si avvia verso l’uscita. La folla fuori la acclama, dovrei esultare, eppure rimango indifferente. Non riesco a dimenticare lo sguardo di Cesare Lombroso mentre interroga come un giudice mia figlia, Vivien Chartres, la piccola violinista prodigio.
Sarebbe un errore dire che nasconda in sé degli enigmi, è una bambina, in un certo senso il suo genio è impenetrabile. Cesare Lombroso cercherà di dimostrare con qualche assurdo ragionamento che un individuo di sesso femminile, fanciulla o donna che sia, non può aspirare ad alcun traguardo artistico. Fino a doversi ricredere. Cambiò opinione anche Giosuè Carducci, dopo aver letto la raccolta di poesie che gli spedii in un accesso di coraggio. Scrisse nella lettera di risposta: “Signorina, Annie Vivanti, nel mio codice poetico c’è questo articolo: ai preti e alle donne è vietato far versi. Per i preti no, ma per Lei l’ho abrogato”.


Annie Vivanti (Norwood, 7 aprile 1866 – Torino, 20 febbraio 1942), intellettuale, scrittrice e poetessa, scoperta e amata da Giosuè Carducci (che le dedicò una poesia che inizia con i versi: Batto alla chiusa imposta con un ramicello di fiori / Glauchi ed azzurri come i tuoi occhi, o Annie). Fu la madre della giovane violinista prodigio Vivien Chartres.

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