Avrebbe fatto meglio a restarsene a casa invece di farsi incastrare da Moravia e i suoi amici in una di quelle cene che non finivano mai.
Erano mesi che Alberto e Goffredo Parise le volevano presentare “la ragazza più bella di Roma”, che già le urtava i nervi prima ancora di vederla, ma alla fine, pur di non sentirli più, aveva lasciato la sua terrazza e i suoi gatti per ritrovarsi seduta a un tavolo de La Carbonara, insieme a Sandro Penna, Dario Bellezza e poi Laura Betti e Carlo Cecchi. Della ragazza neanche l’ombra. Arriva, arriva, diceva Alberto, mentre il cameriere cominciava a servire da bere. Lei aveva preso solo un bicchier d’acqua, spossata dalla noia.
Avrebbe dovuto rispondere alla lettera che Landolfi le aveva scritto da Sanremo quasi un mese prima, c’era la mole di bozze del romanzo da rivedere, e invece stava lì, a guardare la statua del Libero Pensatore incrostata dal guano dei piccioni, piramidi di cassette accatastate e ovunque il lezzo di pesce e di ortaggi andati a male del mercato che tutti i giorni si impossessava di Campo de’ fiori. Chiuse gli occhi per non vedere più quello scempio, e pensò a Napoli, la vera regina delle città, la più signorile, la più nobile. Vivere a Napoli, col mare e col vulcano, essere un gabbiano, anzi no, pure uno scorfano, che è il pesce più brutto, ma immergersi senza ritegno in tutta quella luce, tutto quel blu.
Una zaffata di pesce andato a male la colpì come uno schiaffo. Adesso mi alzo e me ne vado, pensò, ma proprio allora Alberto quasi gridò: Eccola. Elsa strinse gli occhi per mettere a fuoco la scena: gambe lunghe e ben tornite, capelli neri al vento, la bella di Roma tutta svolazzante si dirigeva verso di loro con un’ora di ritardo. Alberto si alzò per andarle incontro, lei si aggrappò al suo braccio e rise a qualcosa che lui le stava dicendo. Ora le erano di fronte, Alberto con aria trionfante e la ragazza con il sorriso ancora stampato in faccia. Lei è Marina Lante della Rovere, disse Alberto, ed Elsa, con uno sguardo da regina madre squadrò la ragazza e di fronte a tutti proferì: Tutta qua ‘sta famosa bellezza? Fece appena in tempo a cogliere il lampo di costernazione negli occhi dell’odalisca romana e di Alberto mentre si girava a cercare il cameriere, adesso avrebbe bevuto volentieri un bicchiere di vino.
Elsa Morante (Roma, 18 agosto 1912 – Roma, 25 novembre 1985), tra le sue opere i romanzi Menzogna e sortilegio, 1948, L’isola di Arturo, 1957, La Storia, 1974, Aracoeli, 1982.