Nella prefazione del romanzo “Punacci. Storia di una capra nera”, l’autore Perumal Murugan afferma: Ho paura di scrivere degli uomini e scrivere degli dei mi terrorizza. Dunque, lasciatemi parlare di animali. Facendo alcune ricerche e leggendo vari articoli sull’autore, ho scoperto che nel 2015 aggiornò il suo stato su Facebook con questa frase: Perumal Murugan lo scrittore è morto. Dato che non è un dio, non risorgerà. Questo suicidio letterario fu la risposta a delle gravi minacce fatte da alcuni conservatori della cittadina dell’India Meridionale dove viveva l’autore. A scandalizzare l’opinione pubblica fu la pubblicazione – anche se avvenuta cinque anni prima – del suo romanzo “Maadhorubaagan” (tradotto in inglese One part woman) in cui viene raccontata la storia di una coppia di contadini che non riesce ad avere figli e subiscono quindi pressione sociale in merito.
Perumal Murugan fu costretto non solo a fare delle scuse pubbliche, ma anche a ritirare dal commercio le copie invendute del romanzo. Decise di andare via con la moglie e di non scrivere mai più. Per un periodo fu costretto al silenzio, ma fortunatamente fu salvato dalla sentenza emessa dall’Alta Corte di Madras, nell’estate del 2016, che si concludeva con questa frase: che l’autore sia resuscitato a ciò che sa fare meglio. Scrivere. Nonostante fosse stato assolto da ogni accusa, l’autore per un lungo periodo ebbe la sensazione che se dentro di lui fosse seduto un censore che metteva alla prova ogni parola che nasceva. Ecco, ora forse possiamo capire il motivo per cui nella prefazione di “Punacci. Storia di una capra nera” ha dichiarato di aver paura di scrivere degli uomini. Anche se è facile immaginare come, dietro la storia di Punacci, in realtà si nasconda una storia umana.
Che traccia può lasciare l’inizio di una vita ordinaria? È una delle prime frasi che leggiamo e racchiudono tutto il significato del libro. Perché la vita di Punacci, così piccola e ordinaria e sofferta, potrebbe essere la vita di una donna che vive in quel contesto sociale, in cui bisogna lottare per mettere qualcosa nello stomaco, dove l’esperienza d’amore resta platonica ma lo “stupro” a fini riproduttivi è legittimato dalle famiglie, dai padroni. L’importante è generare nuova vita, anche se le madri diventano deboli e sono sfinite dagli stenti e dalla stanchezza. Il romanzo, però, è anche il racconto di chi vive ai margini della società, di chi non può far sentire la propria voce e denunciare le ingiustizie perché il governo tiene conto di tutto e, anche se ha le orecchie ovunque, sono sorde ai problemi del popolo. Non sono più liberi del loro bestiame, delle loro capre con muso e zampe legate a frenare i loro istinti.
Buona Lettura!