Qualche tempo fa, chi ti vedo che sta prendendo un gelato da Fassi? Marco Caponera. Erano anni che non lo sentivo, ci siamo fermati a parlare un momento, ma non volevo rovinargli il gusto con le chiacchiere dei bei tempi andati e così ci siamo salutati presto. Ricordavo, di Marco, un romanzo di qualche anno fa pubblicato da Alter Ego, L’isola di plastica, che allora avevo a lungo seguito e che alla fine era perfino un po’ profetico. L’incontro mi ha riportato alla mente righe e pagine lette e rilette insieme. Così ho visto che aveva appena pubblicato un nuovo romanzo, Il Distaccatore (Sette Chiavi 2023), con un’idea che mi è sembrata molto adatta ai nostri tempi. Infatti il distaccatore di cui si parla, anche se il romanzo è comunque un giallo, svolge la sua attività nell’ambito sentimentale, lascia le persone in coppia al posto di chi non ha il coraggio di farlo direttamente. Brillante, no? Ma per questo si mette nei guai. Caponera è uno scrittore acuto e divertente, più all’americana che all’italiana probabilmente, pensate che ho trovato su Amazon un suo testo che s’intitola I dolori del giovane writer. Perché «scrittore» fa già sfigato, come titolo di un manuale dimostra in fondo un’autoironia che dice già tutto… Non potevo non fargli una delle mie interviste!
Un mestiere inusuale davvero, un operatore che lascia le persone al posto di chi dovrebbe, come ti è venuto in mente?
Mi piacciono molto le storie dove ci sono personaggi veri ma insoliti, fuori dalla norma e per questa storia ho cercato per tanto tempo un lavoro bizzarro da far fare al mio protagonista.
Ne ho pensati moltissimi (non ti dico quali perché alcuni sono imbarazzanti per banalità) e poi, a furia di cercare spunti in libri e film bizzarri, una mattina boom: un tizio che lascia le persone al posto nostro.
Così è nata, cercando fuori dalla norma.
È così difficile dire a qualcuno che dobbiamo lasciarlo?
Oggi è diventato più difficile perché siamo molto più connessi, e anche se ci lasciamo, un pezzo di quella persona rimarrà attaccata a noi attraverso i mille rivoli dei social e degli incroci di amicizie e interessi comuni.
Da una ventina di anni che abbiamo questo problema e in Eternal Sunshine of the Spotless Mind come soluzione si cancellavano i ricordi dell’altro (quando l’unica cosa da cancellare dai ricordi era la traduzione del titolo in Italiano. Se mi lasci ti cancello ndr) visto che era impossibile nella realtà, abbiamo iniziato a fare gosthing, ad auto-cancellarci. Forse perché essendo sempre più legati è sempre più difficile slegarsi, e in modo dignitoso difficilissimo.
Quanto c’è di te in questa storia?
Più che del me di adesso, c’è del me che vorrei essere: uno come Stef D’ambrosio, con una sana insensibilità alle cose e alle persone brutte della vita. Del me di adesso c’è molto della mia cerchia di amici e conoscenti dai quali ho preso pezzettini di umanità e alcune volte anche di disumanità.
Il linguaggio che usi (penso a frasi tipo: “la paura sta banchettando con il tuo fegato spremendoci sopra il cuore”) è costruito a tavolino oppure ti viene spontaneo?
Mi viene spontaneo, da sempre. Mi piace giocare con il linguaggio e inventare metafore e similitudini, non a caso una delle prime cose che ho scritto a dodici anni era un poesia – imbarazzante – e poi ho continuato con racconti stranissimi fino ad arrivare a scrivere canzoni per alcune band, in passato.
Purtroppo, rispetto al primo libro – che non era di genere in modo puro – ho dovuto limare molto questa mia caratteristica che non tutti apprezzano, soprattutto in Italia.
Il protagonista, Stefano D’Ambrosio, detto Stef, vive a San Lorenzo, che Roma viene fuori dal tuo romanzo?
Mi è piaciuto ambientare questo romanzo in una Roma un po’ diversa dal solito. Certo, di romanzi in questo quartiere ce ne sono molti, ma ho cercato di rendere la parte più bizzarra e oscura di questo luogo dove ho vissuto e che “bazzico” ormai da vent’anni.
Ogni quartiere di Roma ha la sua caratteristica, ma riprodurlo in base alla percezione di chi lo vive è sempre un esperimento interessante, spero di aver dato qualcosa di diverso.
C’è qualche autore che ti ha ispirato o che risiede nel tuo Pantheon di lettore e che scomoderesti per Il Distaccatore?
Non vorrei sembrare blasfemo, ma di certo Joe Lansdale occupa un buon venti per cento del mio cervello narrativo. Poi ci sono autori come Benni, Pennac per la parte più comica, Dan Chaon per quella oscura, e Daniil Charms per quella bizzarra.
C’è qualcuno a cui non faresti leggere questa storia?
Alla prima presentazione del libro mi hanno chiesto di fare una dedica su una copia “per un mio amico che sta per sposarsi”.
Sono stato davvero in imbarazzo a scriverla, e poi ho capito che sì, non lo farei leggere a una coppia felice e con un anticipo su un pranzo da dodici portate per cento persone.
E chi invece dovrebbe leggerla assolutamente?
Quelli che sono in crisi di coppia. Anzi, aspetta, siamo tutti in crisi di coppia! Magari una settimana al mese, o anche in modo inconsapevole, quindi sì, quasi tutte le persone in coppia dovrebbero leggerlo.
A un certo punto nella storia entra pure Netflix, dicci qualcosa senza rivelare troppo!
Non voglio girarci troppo intorno ed essere ipocrita, perché quella citazione è un vero e proprio appello, che voglio ribadire in modo più chiaro e sincero in questa intervista: signori di Netflix, leggete questo romanzo e poi vediamoci per un caffè.
C’era qualcosa che t’interessa dire con questo romanzo, una sorta di messaggio, oppure pensi che sia solo intrattenimento?
Non sono il tipo di scrittore che vuole mandare messaggi, non mi sento proprio nessuno per dire qualcosa di alto sulle relazioni, l’amore o altre cose importanti della vita.
Come non sono il tipo di scrittore che pensa di scrivere una storia solo per intrattenere in modo superficiale.
Credo nella via di mezzo, nell’intrattenimento intelligente. Perché, quando ci intratteniamo in modo intelligente pensiamo e riflettiamo, magari ci rendiamo conto proprio in quel momento di leggerezza di non amare più qualcuno, o di amarlo alla follia, cosa che -secondo me- nella profonda riflessione intellettuale non accade.
Credo nell’interpretazione del lettore e negli spunti che posso dare a chi legge, questo credo di voler dare con questa storia.
A un costo molto più basso di una seduta di psicoterapia, tra l’altro.