“L’acqua più profonda” di Katya Apekina (Bompiani)

Quando si tratta di arte, moralità ed etica non hanno lo stesso senso nel mondo solido e non evanescente delle persone che si definiscono normali.

Quando Edith (Edie) e Mae si ritrovano da adolescenti a vivere con il padre, geniale scrittore newyorchese, a causa del ricovero della madre, Marianne, in un ospedale psichiatrico in Louisiana, il trauma del ribaltamento delle loro vite e della separazione dalla madre, l’unico genitore di cui hanno memoria, fa affiorare in maniera evidente i loro diversi bisogni. Edie è ferocemente leale con la madre e incolpa, in maniera più o meno aperta, il padre, assente e famoso, della depressione della madre e della loro vita confusa, travolta dall’eccentricità di una donna che vive sentendosi emarginata dalla solidità della vita borghese che le volevano cucire addosso. Mae invece, quella che somiglia talmente tanto a Marianne al punto da essere scambiata per lei, decide che New York e il padre sono una nuova possibilità ed è determinata a escludere la malattia e il ritorno in Louisiana come un obiettivo. Mentre Mae si trasforma in un’adolescente tenera e bisognosa di coccole, Edie, per reazione, diventa un pugnale affilato e, con l’aiuto di un vicino di casa e dei soldi che le dà un’amica del padre, decide di aiutare la madre, contro tutti i consigli e le previsioni mediche. La storia si dipana sul filo di menzogne e manipolazioni a più voci, non solo quelle di Edie e Mae, ma di Marianne, e della sua amica Doreen, e di chi li ha conosciuti (Dennis, il padre delle ragazze, e Marianne si sono sposati quando lei aveva 17 anni e lui 32) nel loro periodo di amore folle, quando lei era solo una ragazzina sognante e lui uno studente fuori corso, impegnato nelle marce della Freedom Rides negli Stati del Sud per chiedere l’abolizione della segregazione sui mezzi pubblici. L’amico di lui, Jack, successivamente lo accuserà di aver usato i loro ideali e la loro storia di arresti e sopraffazioni solo per trarne ispirazione per i libri grazie ai quali è diventato famoso. Quando accogliamo le testimonianze delle altre persone che, in maniera più o meno diretta, sono state vicine alla famiglia, ci accorgiamo che ognuno, per il suo piccolo pezzo, ha contribuito, a volte in maniera inconsapevole, a realizzare la storia di entrambe. Se Markus, per esempio, il ragazzo liceale di Edie, avesse accettato di ospitarla, come sarebbe stato possibile, invece di rifiutarla per ragioni che in quel momento lui non voleva rivelare, forse le cose sarebbero state diverse. Forse se Ann non avesse dato i soldi a Edie per tornare in Louisiana, e lei fosse rimasta con Mae, alcune cose non sarebbero accadute. Forse.

La separazione tra le due sorelle porta Mae a sviluppare una feroce gelosia verso il padre, in un rapporto morboso, assecondato da lui, che vede nella somiglianza tra l’ex moglie e la figlia la chiave per riprendere a scrivere, cosa vitale e necessaria alla sua produzione, visto che Marianne era la sua musa e senza di lei non trova abbastanza passione da tramutare in parole sulla carta. Entrambe le ragazze subiscono un’interruzione potente nella loro vita, che le segnerà per sempre. Mae in particolare farà del suo trauma una visione artistica che la renderà famosa. A un prezzo molto alto, però. Molte domande vengono poste al lettore: quanto è giusto sacrificare per l’arte? L’amore diventa sempre una palude appiccicosa o una ferita, e in caso, meglio un rimpianto struggente e doloroso o convivere in una appannata quotidianità che rischia di soffocare la passione? Essere genitori, per un artista, viene prima di tutto? Le risposte sono molteplici e non sempre coerenti. Ma ovviamente, trattandosi di arte, moralità ed etica non hanno lo stesso senso nel mondo solido e non evanescente delle persone che si definiscono normali. Le ambivalenze e le fratture dei personaggi, costruiti benissimo, potrebbero essere le nostre, la nostra pietra di paragone dei successi e dei fallimenti, dove la solitudine e il tradimento, almeno una volta, ci hanno spinto a invertire la rotta e a cambiare prospettive, città e desideri.

 

A letto sentivo il desiderio della mamma scendere su di me, ed era spaventoso. Avevo cominciato a fare dei sogni in cui ero la mamma e il papà mi faceva le cose che faceva a lei nei suoi libri. In quei sogni era un misto di lui come lo conoscevo e di com’era nelle foto che avevo visto.

Gran parte della mia arte ruota intorno a questo tema, eppure faccio ancora fatica a essere sincera. Ho detto sogni ma non erano davvero sogni. Ero sveglia. Ho detto sogni perché mi sembravano del tutto fuori dal mio controllo. In qualche modo, dicendo che quel desiderio apparteneva alla mamma e pensandolo come qualcosa di suo, come una forza esterna, quel desiderio non sarebbe stato mio.

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Marilena Votta

Marilena Votta nasce a Napoli e trascorre la sua infanzia e adolescenza in un luogo fatto di sole accecante e ombre altrettanto tenaci. Ha pubblicato le raccolte di racconti Equilibri sospesi, La ragazza di miele e altre storie (Progetto Cultura, 2016) e Diastema (Ensemble, 2020), e la raccolta di poesie Estate (Progetto Cultura, 2019). Il suo racconto “Fratello maggiore fratello minore” è stato pubblicato nell’antologia “Roma-Tuscolana”. Alcuni suoi racconti sono disponibili su varie riviste on line e cartacee. Nell’ottobre 2021 pubblica il suo primo romanzo, Stati di desiderio, con D editore. Del suo rapporto con la scrittura asserisce, convinta, che è il suo posto nel mondo. Scrive recensioni di libri che ama per "Dentro la lampada", la rivista della scuola Genius.

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