Perché scrivere ai tempi del Coronavirus

È meglio far avvenire le cose brutte sulla pagina piuttosto che nella vita?

Perché scrivere? Questione che abbiamo già toccato, ma torniamoci. Beh, ognuno ha le sue risposte, ognuno comincia per motivi diversi, ma facciamo qualche esempio, per capirci meglio. Mettiamo che siete una donna e avete subito una violenza sessuale. Siete offese, piena di rabbia, perfino qualche senso di colpa, dicono che vengano. Beh, è giusto a questo punto scriverle queste cose, renderle pubbliche? Certo queste sono cose intime e terrificanti e ognuna reagisce come vuole. Ma se magari questo argomento della violenza lo sentite fortemente e avete voglia di combatterlo descrivendolo, raccontandolo, la scrittura può offrirvi una sponda. Anche se questo tema non lo avete affrontato direttamente, ma vi prende, vi accalora, potrebbe essere l’argomento dei vostri primi racconti. Anche se lo avete vissuto in un lontano passato, e volete finalmente raccontarlo per liberarvene? Facciamo un altro esempio: siete dei neopensionati, pieni improvvisamente di tempo libero che potreste riempire con la scrittura, come avreste sempre voluto fare, ma non ne avete avuto mai il tempo, fra il lavoro, i figli ecc.  siete pieni zeppi di ricordi che non volete assolutamente perdere per sempre, disperdere e sentite l’esigenza, o forse meglio, l’urgenza di fissarli in alcune immagini, ecco, questa potrebbe essere la motivazione prima, primigenia, come dicono i sapienti, della vostra vocazione alla scrittura. Conservare qualcosa di voi sulla carta. Destinato a voi stessi, ai vostri figli, se ne avete, agli altri. Se volete esorcizzare qualcosa – la violenza sessuale che abbiamo detto, ma anche altro, per esempio il vostro spirito autodistruttivo, i vostri mostri, in ultima analisi la morte – provate ad esorcizzarli con la scrittura. Cioè fate avvenire le cose brutte sulla pagina piuttosto che nella vita.

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Andrea Carraro

Andrea Carraro, scrittore, nasce a Roma. Se avesse ricevuto un euro ogni volta che sui media hanno usato il termine “il branco” per parlare di uno stupro di gruppo, citando il titolo del suo romanzo più noto, oggi sarebbe ricco. Invece è “solo” uno scrittore tra i più bravi. Romanziere, autore di racconti e di poesie, nasce a Roma nel 1959. Ha pubblicato i romanzi: A denti stretti (Gremese, 1990), Il branco (Theoria, 1994), diventato un film di Marco Risi, L’erba cattiva (Giunti, 1996), La ragione del più forte (Feltrinelli, 1999), Non c’è più tempo (Rizzoli, 2002) (Premio Mondello), Il sorcio (Gaffi, 2007), Come fratelli (Melville, 2013), Sacrificio (Castelvecchi, 2017) e le poesie narrative Questioni private (Marco Saya, 2013). Ha pubblicato anche due raccolte di racconti, confluite nel volume Tutti i racconti (Melville, 2017). I suoi giudizi critici, sensibili ma affilati quando serve, lo rendono un lettore del cui parere fidarsi con tranquillità.

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