Lo sguardo scivola tra le forme sinuose, è un serpente che si sonda sulla terra umida. Il desiderio si accende di un fuoco caldo quando l’abbondanza stimola il nostro palato, il gelato, una grossa coppa di gelato strabordante di panna fresca è o non è un piacere meritevole di attenzioni?
Lo è. Come la donna nuda raffigurata da Botero, seduta in maniera innocente nelle sue forme giunoniche, ispira piacere anche solo guardandola.
Botero dilata le sue figure, rende le forme abbondanti contorcendo la curiosità dell’osservatore fin nelle viscere, trasformando lo spettatore, in un bambino con l’acquolina in bocca imbambolato davanti a un cono grasso di gelato, così ricco da impastargli la bocca al solo immaginare di assaporarlo.
E Botero spacca in due la critica. Per chi lo ama e osanna, vi è un detrattore che lo vorrebbe lontano dall’arte contemporanea. Ma la ristrettezza artistica, non va a braccetto con il Maestro Botero, proprio come il nostro gelato dalle forme generose che tanto mi ricorda la donna seduta, non è concepito nella sfera del cibo gourmet poiché un grande volume, una grande proposta, sembra non abbiano spazio nei canoni dell’Olimpo della cucina d’élite, dove la stitichezza emotiva costringe i più a credere che l’abbondanza sia un concetto lontano dalla raffinatezza, dalla bellezza o dalla qualità.
Grasso è bello. Le forme fluttuano nell’immaginario maschile della fertilità, del piacere, del nutrimento e un gelato che si rispetti ha forme grasse e di elevata qualità, in cuor nostro lo sappiamo tutti.
Tuttavia il vero colpo da maestro è scoprire che Botero non abbia alcun desiderio distorto verso donne abbondanti, lui non disegna con l’intento di ingrassare ma lavora sui volumi dispensando sensualità attraverso la sua tecnica. E nel preparare un cono di creme, sormontato da una nuvola densa di panna, creiamo volumi per lasciar cuocere l’avventore nel brodo del piacere estremo, senza volerlo far ingrassare, ma cullandolo in quell’abbondanza di cui rischiamo di dimenticare il valore.