Parliamo del romanzo “Il Gufo” con Emma Saponaro

"In questo romanzo la necessità di scrivere su un tema che preoccupa e spaventa tutte noi donne, la violenza, è praticamente venuta fuori da sola".

Emma Saponaro è arrivata al suo terzo romanzo. Dopo un esordio con Castelvecchi nel 2017 (Come il profumo) approda a Les Flâneurs Edizioni nel 2022 (Se devo essere una mela) e con loro pubblica anche Il Gufo, il libro che vi raccontiamo oggi e che presenteremo al Palazzo del Freddo, la sede della Scuola di scrittura Genius, insieme a Paolo Restuccia e Luigi Annibaldi.

Il Gufo è una storia molto dura, che ha come protagonista un investigatore privato, un ex commissario di polizia, che come nella miglior tradizione di certe vicende ha un passato molto travagliato alle spalle. Un passato fin troppo travagliato che a un certo punto gli chiede il conto. Emma Saponaro, molto attiva nel sensibilizzare contro reati legati alla violenza sulle donne, affronta con originalità e un pizzico di incoscienza questo tema anche nel romanzo, che ha come protagonista Guido Vitali, detto Il Gufo. Benvenuti nell’Inferno creato da Emma Saponaro.

 

Tutto comincia da un ex commissario di polizia diventato investigatore privato, un grande classico, sei una lettrice vorace di noir?

Ho letto molto Simenon, ma onestamente non sono lettrice vorace di noir. La mia storia si è tinta di noir strada facendo, perché quando si parla di violenza è impossibile non cadere nel nero più profondo.

 

Come nasce l’idea del Gufo?

Sono partita dal finale della storia, ed essendo, sotto alcuni punti di vista, un giallo non posso svelare nulla. Posso dire, però, che nella scrittura pongo maggior attenzione alle problematiche femminili, e in questo romanzo la necessità di scrivere su un tema che preoccupa e spaventa tutte noi donne, la violenza, è praticamente venuta fuori da sola. Non ho voluto dare alla storia un taglio vittimistico, così ho cambiato punto di vista e mi sono messa nei panni di un uomo.

 

Il protagonista del romanzo, Guido Vitali, Il Gufo, è un personaggio molto controverso, come sei riuscita a farci i conti?

Scrivendo con le lacrime agli occhi e il tremore nelle dita. Del resto penso, anzi sono convinta, che chi scrive debba allontanare se stesso per potersi calare nei panni di un’altra persona. Chi scrive deve essere regista della storia che racconta e deve essere attore per muoversi secondo necessità. Gli studi di orientamento psicopedagogico naturalmente mi hanno aiutata a inquadrare ogni personaggio.

 

Le donne di questo romanzo sembrano tutte migliori del protagonista, è il messaggio che volevi dare o è soltanto subordinato alla drammaturgia della storia?

Guarda, non ci ho pensato, è venuto da sé. Tuttavia, il protagonista è un personaggio scontroso, misogino, irritabile, ci vuole poco a essere migliore di lui, che venga confrontato con donne o uomini. E poi, scusa, rispondere a queste domande è come camminare su un terreno minato, si tratta pur sempre di un giallo, mi avvalgo della facoltà di non rispondere.

 

Hai mai pensato che il Gufo potesse essere un personaggio troppo negativo per essere amato dai lettori?

No. Non sempre si amano i personaggi belli e buoni e comprensivi e sdolcinati. Sarebbe una noia. Prendi Humbert Humbert, per esempio, il personaggio disgustoso di Nabokov che cito anche nel libro, non lo abbiamo seguito, amato? Eppure è un personaggio losco, ripugnante, è, diciamolo, un pedofilo! Eppure la genialità dell’autore ci mette in una posizione in cui, pur condannandolo, lo seguiamo, e lo comprendiamo pure. Sia chiaro, con questo non mi voglio mettere minimamente a paragone con la genialità di Nabokov, ho solo preso a esempio un libro che si presta molto a rispondere alla tua domanda. La letteratura è piena di personaggi negativi “amabili”. Del resto, Jung dice che siamo fatti di luci e ombre. Secondo me, amando un personaggio “negativo” inconsapevolmente assolviamo quella parte di noi che ci piace di meno, e il nostro tormento si allevia.

 

La Scuola Genius ti ha aiutato ad affrontare momenti di difficoltà durante la stesura del romanzo?

Io non finirò mai, spero, di essere curiosa e la curiosità porta a frequentare i corsi, e i corsi, anche quando sei sicura che hai ormai imparato tutto, aggiungono sempre qualcosa in più, stimolano l’ingegno e permettono di conoscere nuove persone con gli stessi interessi con le quali si scambiano idee e consigli.

Ero alla prima stesura de Il Gufo e non riuscivo ad andare avanti, non sapevo proprio come procedere. Mi iscrissi al tutoraggio, una specie di editing online in una classe di pochissime persone e l’abilità degli insegnanti (tu e Luigi Annibaldi) mi ha letteralmente – è il caso di dire – sbloccata. Non solo, sono emersi anche punti deboli che ho rielaborato arricchendoli di “messe in scena”. In due parole, con il vostro tutoraggio ho ritrovato la drammaturgia che si era addormentata.

 

Il protagonista ha quasi un’amnesia rispetto a quello che è il suo peccato più grande, credi che sia questo il segreto per rendere accettabile un senso di empatia nei confronti di Vitali?

Assolutamente no. Ecco, ci risiamo, non posso parlare, non posso dire. Me lo fate apposta? Provo a rispondere. A volte, quando abbiamo sensi di colpa o ci sentiamo responsabili per qualche brutta azione, tendiamo ad allontanare il suo ricordo, non credo sia una cosa di cui andare fieri. Ho costruito l’empatia per Vitali con altri strumenti.

 

Iole, la nuova donna di Vitali, che ruolo ha secondo te? È funzionale ad aumentare la vividezza del protagonista?

Iole è l’incapacità di un uomo ad affrontare una relazione amorosa. Quindi sì, è funzionale perché *BIP*

 

Ti sei occupata spesso di temi inerenti la violenza sulle donne, ti è capitato di imbatterti in personaggi come “Madre Disperata” e hai scelto il filtro delle e-mail proprio per “ordinare” sulla pagina questa disperazione?

Soprattutto con il penultimo libro, una storia di emancipazione e soprattutto liberazione da un marito possessivo e burbero, e con i firmacopie, ho avuto modo di ricevere confidenze di tante donne, quasi sempre vittime di situazioni violente. Anche nella vita ho avuto modo di parlare, purtroppo, con donne che avevano ricevuto violenze. Mi sono inserita inoltre in una chat di donne maltrattate. Di tutto questo ho fatto tesoro, ho voluto dare la loro voce in alcuni passi. Non ho conosciuto Madri disperate. Per questo, mi sono immersa nel mio ruolo di madre di figlia femmina e ho pensato: se succedesse a mia figlia?

 

Stai lavorando a un nuovo romanzo?

Sì, e per colpa vostra ho tanti progetti.

Abbiamo appena concluso il corso di memoir, con Tea Ranno e Luigi Annibaldi, e sono usciti così tanti racconti, che ne ho individuato uno e lo utilizzerò come testo base per sviluppare una autofiction.

Poi riprenderò a scrivere un memoir, quasi terminato, che ho messo in stand by per seguire il corso. Ho aspettato molto per scriverlo, ho cercato più serenità, perché è la storia sul disagio psichico di mia figlia e sulle difficoltà che abbiamo incontrato con le istituzioni per ricevere ciò che era suo di diritto. E, come puoi immaginare, per me è un discorso dolorosissimo.

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Lucia Pappalardo

Giornalista e filmaker per RaiUno, RaiDue e RaiGulp, ha insegnato “Film and Television Language” all’Università Link Campus. È tra gli autori di Nesssuna Speranza Nessuna Paura (Festival di Roma 2011), Finestre Rotte: Francesco De Gregori (Festival di Venezia 2012). Nel 2016 con il corto Nata viva ha vinto il premio Capodarco L'Altro Festival - L'Anello Debole. Per Radio 24 del Sole 24 Ore è stata la regista del programma Melog.

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